In occasione di uno dei suoi tanti spettacoli cogliamo l’occasione per incontrare Caparezza. Con lui è inopportuna qualsiasi presentazione: da 3 anni a questa parte , volenti o nolenti, grazie o a causa del tormentone “Fuori dal tunnel” anche i bambini lo conoscono e pur non comprendendo il reale significato delle sue liriche sono attratti da questo “giullare capellone” che sul palco da il meglio di sé.
Il tour “Habemus Capa” quest’estate ti ha praticamente impegnato quasi ogni sera. Suppongo che ogni sera ci sarà stata un’intervista come questa; tanto per semplificarci il lavoro, dimmi quali sono le domande che non devo farti, quelle che ormai ti hanno annoiato…
Va bene, allora anzitutto non chiedermi se i capelli sono veri o finti, e poi evita le solite domande su “Fuori dal Tunnel”.
Chiarissimo, le avevo qui pronte ma le girerò a qualcun altro, che so, Claudio Bisio. A te chiedo di raccontarmi qualcosa di questo tour: so che sul palco non ti limiti alla sola esecuzione dei pezzi in scaletta?
E’ vero infatti ho inserito fra un pezzo e l’altro alcune scenette quasi a voler dare allo spettacolo un’impostazione teatrale. Ad esempio c’è spazio per presentare la “Famiglia Auditel”, una famiglia simile agli Addams che ha come missione la distruzione della tv di qualità. Oppure con i miei musicisti improvvisiamo una sorta di corrida per introdurre il pezzo “Dalla parte del toro”.
Come è nato il primo singolo del tuo ultimo disco “La mia parte intollerante” e come mai per la parte cantata hai scelto Gennaro Cosmo Parlato?
Ho scelto “La mia parte intollerante” come primo singolo per riassumere in un pezzo il mio stato d’animo: sono tornato alla discografia con l’intenzione di dichiarare subito che ci sono delle cose ben precise che non tollero, è stato quasi un manifesto. Per la parte cantata invece ho scelto Cosmo Parlato perché è un artista straordinario, è auto-ironico ed eclettico e con la sua voce ha reso il pezzo quasi epico.
Questo è il tuo terzo album: all’interno c’è un’alta densità di contenuti e di temi che riflettono sulla nostra società e sul suo lento avanzare verso il declino. Cosa ne pensi per reazione di quei prodotti discografici basati sul “vuoto cosmico”? Penso ad esempio all’ultimo disco di Paris Hilton…
Ma sai, io scrivo i miei testi per una mia esigenza, per reagire a ciò che mi circonda non lo faccio per fare il cantante impegnato o quello che la sa lunga perché utilizza termini complessi e gioca con le parole. Se ci sono boiate discografiche in giro è perché poi fondamentalmente c’è qualcuno a cui piacciono e io non ho nulla in contrario. Io seguo la mia ispirazione e vado dritto per la mia strada.
In Italia c’è una sorta di guerra fra artisti hip-hop, tutti vogliono essere riconosciuti come “dei del genere”. Tu invece hai dichiarato – e qui ti cito testualmente – “ Caparezza non rappresenta in nessun modo l’hip hop italiano; tanti artisti vogliono fregiarsi dell’onorificenza di portavoce del genere e io me ne tiro fuori volentieri”. Confermi ciò che hai detto?
In realtà è che mi importa poco dell’argomento, è un po’ come per il calcio: se qualcuno mi parla solo di pallone per ore io mi annoio. Va bene che ci sia una divisione per generi, il funk, l’r&b, il rap, ma per me la musica è una, non me ne frega niente di ciò che c’è oltre la musica. Poi è vero che io ascolto molto hip-hop, mi piace, mi ha ispirato ma non mi interessano le diatribe o le “rap-battle”: a me annoiano.
Ho letto che ti piacerebbe creare un alter-ego, che vorresti sdoppiarti per creare un nuove idee musicali, un po’ come ha fatto Prince che si è cambiato nome una dozzina di volte…
E’ che in realtà io tendo ad annoiarmi, ho avuto tanti “alter-ego”, Miki Mix era solo uno dei tanti, e siccome la musica è un gioco dopo tre album fatti come Caparezza potrei provare a creare qualcosa di nuovo. Prince si è chiamato anche T.A.F.K.A.P. ( the artist formerly know as Prince), io potrei scegliere T.A.F.K.A.C., suona un po’ male ma ci si può abituare….