CICLISMO/ TANTO TUONÒ CHE CADDERO DUE GOCCE O MEGLIO CINQUE
di Sergio Conti
Dopo un anno e mezzo di test, l’ Uci ha diffuso la lista tanto temuta delle squalifiche sulla base delle nuove norme sul passaporto biologico. E la domanda chiave che rimane sullo sfondo: ci sono i requisiti legali per fermare corridori che presentano anomalie ma formalmente non sono dopati? Tanto tuonò che caddero due gocce d’ acqua, o meglio, cinque. Cinque goccioline, perché i nomi dei corridori finiti nella rete del «passaporto biologico», sono nomi di secondo piano, anche se uno è un ex campione del mondo 2003, che sfrecciò primo sul traguardo canadese di Hamilton lo spagnolo Igor Astarloa. Dopo un anno e mezzo di test, ecco la listina tanto temuta e resa nota dall’ Unione Ciclistica Internazionale. Oltre ad Astarloa, Pietro Caucchioli, Francesco De Bonis, gli spagnoli Ricardo Serrano e Ruben Lobato. Contro di loro, l’ Uci ha chiesto alle federazioni di appartenenza di aprire delle procedure disciplinari per violazione del codice mondiale antidoping della Wada. Intanto fanno sapere da Aigle, sede del governo mondiale della biccicletta, che il gruppo dei nove esperti (non si conoscono i loro nomi, non si conoscono i parametri sui quali lavorano, in pratica non si conosce nulla), continueranno a lavorare, fornendo aggiornamenti ogni settimana. I valori presi in considerazione si riferiscono al biennio 2008-2009, da quando il «passaporto biologico» è venuto alla luce. Questi valori si basano su due parametri fondamentali del sangue: l’ emoglobina e il cosiddetto «offscore» (combinazione- emoglobina e reticolociti). Oltre che sulle variazioni dei globuli rossi. «Nei casi contestati non si può dimostrare se siano state usate Epo, cera o trasfusioni. Ma ci sono anomalie nel profilo ematico che possono essere riportate all’ uso di un metodo proibito», ha spiegato Mario Zorzoli, responsabile medico dell’ Uci. «Questa è una manipolazione volontaria. Vogliamo 4 anni di squalifica, come prevede il nuovo regolamento nelle circostanze più gravi. Ci saranno altri casi», ha aggiunto Anne Gripper, responsabile Uci dell’ antidoping. Tutto bene, ma non tutto. Il problema è quello che vi abbiamo esposto la scorsa settimana: ci sono i requisiti legali per fermare corridori che presentano anomalie nel passaporto biologico ma formalmente non sono dopati? Questo è il punto. Questa potrebbe essere anche la ragione di tanta prudenza da parte dell’ Uci, che ha reso nota questa listina di soli cinque nomi per vedere la reazione sia dei team (nel caso specifico, ad eccezione di Lobato, senza squadra, gli altri sono stati tutti sospesi), che delle federazioni di appartenenza. Renato Di Rocco, presidente della Federciclismo, da noi interpellato è chiarissimo: «Noi manderemo tutta la documentazione alla Procura Antidoping del Coni, spetterà a loro valutare se ci sono i requisiti legali per squalificarli e se ci sono saranno squalificati». Semplice. Dai laboratori alle aule di tribunale. Dallo screening dei valori degli atleti, ai codici di procedura penale. L’ Uci esulta per questa svolta epocale, ma va con i piedi di piombo. Cinque nomi, di basso profilo e lo spettro di altri ben più importanti, tenuti lì, ancora per un pò nel cassetto, in attesa di saperne di più. Intanto si parte con Caucchioli, fermato per un controllo del settembre 2008 al Giro di Polonia, quando correva alla Credit Agricol. «Se le informazioni fossero uscite prima, non l’ avremmo preso», dice giustamente Saronni, team manager della Lampre. Anche De Bonis, oggi alla Diquigiovanni Androni, è stato fermato per un valore sospetto che risale al 2008, quando correva alla Gerolsteiner (assieme a Rebellin, Khol e Schumacher: tutti fermi per doping). Lo spagnolo Astarloa, oggi alla Amica Chips Knauf, era stato licenziato dalla Milran sempre nel 2008 per valori sospetti. Serrano, in corsa in questi giorni al Giro di Svizzera con la maglia della Fuji Servetto, è stato fermato.L’ Uci esulta, ma bisogna vedere che piega prende tutta questa vicenda. «Mi difenderò con tutte le mie forze», fa sapere Pietro Caucchioli. L’ Uci esulta, ma intanto, sempre ieri, dal Tas di Losanna, arriva la notizia della vittoria di Vladimir Gusev, il russo licenziato l’anno scorso dall’ Astana per un controllo antidoping interno effettuato il 19 giugno. Il Tas ha giudicato ingiusto il provvedimento e inadeguate le prove scientifiche portate in aula il 29 aprile dall’ esperto Rasmus Damsgaard. Un caso che getta nuove ombre sui controlli interni alle squadre, ma anche sui protocolli poco trasparenti, come il «passaporto biologico» varato dall’ Uci e mai riconosciuto da una Wada che ad oggi non ha versato un solo euro per il progetto e non ha intenzione di versane in futuro.
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