Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) il Radon è la causa principale del tumore polmonare, dopo il fumo. Esiste solo una normativa per gli edifici pubblici.
Il componente del Dipartimento Tematico Tutela del Consumatore, Giovanni D’AGATA. chiede a Governo e Regioni un intervento in materia per gli edifici privati e più controlli per quelli pubblici.
Pare ormai, che da anni, l’opinione pubblica italiana abbia dimenticato gli effetti distruttivi per la salute umana del radon.
Come è noto, infatti, il radon è un gas radioattivo naturale inodore e incolore prodotto dal decadimento radioattivo dell’uranio presente nel terreno e che poi si diffonde nell’aria presente nel sottosuolo che è in costante scambio con l’aria dell’atmosfera.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (O.M.S.) ha stimato che, dopo il fumo, il radon è la causa principale del tumore polmonare. In ambienti aperti la concentrazione del gas non raggiunge quasi mai livelli pericolosi, mentre nei luoghi chiusi (abitazioni, scuole, ambienti di lavoro, ecc.) può raggiungere concentrazioni elevate potenzialmente dannose per la salute.
Alcune statistiche circa le morti connesse al radon, parlano di cifre impressionanti e secondo talune sarebbe la causa diretta per oltre 20.000 decessi nella sola Unione Europea ogni anno ed oltre 3.000 in Italia.
E’ noto da tempo che interventi di risanamento, possano ridurre notevolmente l’impatto della presenza di tale gas all’interno degli edifici. Lo stesso dicasi, per le strutture di nuova costruzione, per le quali si stanno diffondendo tecniche che, in linea di principio, si basano sulla ventilazione ed aspirazione naturale o forzata dell’aria del suolo e sono diversificate in funzione della tipologia costruttiva e delle caratteristiche geologiche del terreno, consentendo una riduzione pressoché totale della concentrazioni di radon.
In Italia non c'è ancora una normativa per quanto riguarda il limite massimo di concentrazione di radon all'interno delle abitazioni private. Si può fare riferimento ai valori raccomandati dalla Comunità Europea di 200 Bq/m3 per le nuove abitazioni e 400 Bq/m3 per quelle già esistenti.
Una normativa invece esiste per gli ambienti di lavoro (Decreto legislativo n° 241, del 26/05/2000) che fissa un livello di riferimento di 500 Bq/m3.
E’ necessario, secondo il Componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori, anche per ridurre i costi sociali connessi all’aumento delle neoplasie polmonari ed in considerazione delle molteplici concause, tra queste centrali ad idrocarburi o a carbone, centri industriali altamente inquinanti, nascita di nuovi termovalorizzatori, che Governo e Regioni, ciascuno nell’ambito di propria competenza, intervengano immediatamente a sanare questo vuoto normativo al fine di favorire interventi di risanamento dei vecchi edifici statuendo nuovi obblighi per quelli di nuova costruzione, nonché più controlli e verifiche del rispetto della normativa esistente, su quelli pubblici.
Lecce, 05 agosto 2008
Il Componente del
Dipartimento Tematico Nazionale
“Tutela del Consumatore”
Giovanni D’AGATA