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Oasis in Italia col “Don’t Believe The Truth Tour 2006”: REPORT

di Pierluigi Lucadei

FIRENZE – Partirei da una curiosità: pare che la sera prima del concerto Liam Gallagher sia stato in giro per Firenze e, insieme ai Thrills, sia andato ad ascoltare una cover band degli Oasis che suonava in un noto pub di Via de’ Servi. A rivelarlo sono i Thrills, che aprono il concerto col loro rock volevamo essere i Beach Boys, e la conferma arriva più tardi, quando lo stesso Liam rivolge un saluto alla giovane band.

Frangetta, basettoni, Union Jack, sbornie, risse, camere d’albergo sfasciate: non serve essere troppo addentro alle cose musicali per sapere che gli Oasis non sono solo questo. Stiamo parlando della più grande speranza del rock britannico degli ultimi trent’anni, della band che più di ogni altra ha fatto credere all’isterica stampa d’oltremanica di aver trovato ciò che si ostina a cercare incessantemente dal 1970, i nuovi Beatles. Perché gli Oasis, a differenza di tutte le altre band pompate senza merito e sgonfiatesi puntualmente nel giro di qualche mese, alla perfezione melodica dei Beatles sono arrivati in diverse occasioni, con quelle ballatone elettriche che non serve nominare e alle quali tutti riconoscono lo status di classici, in quanto classici lo erano già nel momento in cui sono uscite, ormai più di dieci anni fa. Ma la forza degli Oasis è stata quella di non seguire alla lettera la lezione di Lennon & McCartney, piuttosto di insozzarla col suono degli altri loro idoli, Rolling Stones, Sex Pistols, Stone Roses.

Il concerto si apre con la base di Fuckin’ In The Bushes, a cui segue l’energia allo stato puro di  Turn Up The Sun, uno dei pezzi più convincenti dell’ultimo “Don’t Believe The Truth”. Lyla e Morning Glory non fanno altro che arroventare ancora di più l’atmosfera ed esacerbare l’isteria collettiva, col pubblico ammassato sotto il palco come un magma ribollente. I nomi di Liam e Noel vengono invocati alla fine di ogni canzone, col cantante che fa gesti con la lingua e il chitarrista che se ne sta buono nel suo angoletto. I due si ignorano, tranne le rare occhiate che Noel rivolge al fratellino, soprattutto quando quest’ultimo indugia oltre il dovuto con le sue smorfie, le stesse occhiate che si potrebbero rivolgere allo scemo del villaggio. Ma le occhiatacce ci stanno tutte, guai se non ci fossero: i litigi furiosi e i tentativi di riappacificazione della famiglia Gallagher fanno parte della mitologia del rock quanto gli arresti di Jim Morrison e le chitarre distrutte da Pete Townshend.

Cigarettes and Alcohol e Live Forever sono travolgenti, non cantare è già da un po’ impresa impossibile. Noel, il fucking genius dislessico e scontroso, si impadronisce del microfono per una manciata di ritornelli indimenticabili (The Masterplan, Acquiesce) e non puoi fare a meno di chiederti come li abbia tirati fuori, perfetti come sono. Liam dedica Wonderwall alle ragazze presenti: ammiccamenti, you’re gonna be the one that saves me, la gola che gracchia, gli slip che arrivano sul palco, il Vangelo secondo i Gallagher.

E’ un Liam gigione, attore, perfettamente a suo agio dentro il ruolo dello stronzo («è stata una bella serata e voi siete stati dei coglioni come sempre»), ma anche sorprendentemente lucido e dall’andatura stabile, persino affettuoso quando, cosa più unica che rara, fa salire un ragazzo sul palco e lo abbraccia prima di rimettersi dietro l’asta del microfono con la posa storta che l’ha reso celebre. Lancia il tamburello, ha una presenza che immobilizza, torna sul palco per i bis intonando due canzoni dell’ultimo album scritte da lui (Guess God Thinks I’m Abel e The Meaning of Soul) e chissà quanto gli rode doversi allontanare nel momento clou della serata. La melodia che più di ogni altra regalerà agli Oasis l’immortalità coagula il sudore in un’orgia di emozioni estreme. Pietra angolare di certa nostalgia tipicamente brit, l’inizio di Don’t Look Back In Anger dura niente o forse una vita, la magia che si spande in aria sin dal primo inconfondibile accordo è da brividi, un boato, le mani in aria, settemila voci che attaccano con Noel slip inside the eye of your mind e, dopo, non può esserci altro che la resa. Polverone finale affidato all’evergreen degli Who, My Generation, Liam sputa gli ultimi insulti ed esce fuori, Noel va via per ultimo, la mano alzata in segno di arrivederci, lights on, il deejay mette Let There Be Love ed è cantando in coro che si esce dal Forum.

La mattina dopo, prima di partire per Roma, Liam è ancora in giro per il centro di Firenze. Stavolta sono delle belle e giovani fans a beccarlo nei pressi di Santa Maria Novella e ad obbligarlo a posare per più di una foto. Che la relativa tranquillità di questi ultimi anni abbia giovato agli Oasis, mai apparsi così disponibili prima d’ora? Fa un certo effetto vedere Liam da vicino e pensare che per anni è stata la rockstar più chiacchierata del mondo. Adesso che i tabloid inglesi hanno smesso di occuparsi (esclusivamente) dei suoi flirt e nuove star stanno prendendo il suo posto, Liam sembra quasi volersi godere tutto ciò che prima gli era negato. Certo la tranquillità ha giovato alla musica, se è vero che “Don’t Believe The Truth” è stato da più parti definito il miglior album degli Oasis dai tempi di “(What’s The Story) Morning Glory?”. Certezza che trova conferma nelle parole di Noel, che ha dichiarato di voler aspettare un po’ prima di pubblicare nuovo materiale, convinto che il successo di “Don’t Believe The Truth” sia, almeno in parte, dovuto alla calma con cui è stato scritto e registrato. Entro l’anno gli Oasis dovrebbero comunque pubblicare un ‘best of’, che porrà fine al loro rapporto con la Sony.

Nelson Mandela Forum, Firenze (06.02.06) – Setlist:
Fuckin’ In The Bushes / Turn Up The Sun / Lyla / Bring It On Down / Morning Glory / Cigarettes and Alcohol / The Importance of Being Idle / The Masterplan / Songbird / Acquiesce / A Bell Will Ring / Live Forever / Mucky Fingers / Wonderwall / Champagne Supernova / Rock n' Roll Star // Guess God Thinks I'm Abel / The Meaning of Soul / Don't Look Back In Anger / My Generation

Le date del “Don’t Believe The Truth Tour 2006”:
25 Gen 2006 Oslo, Norway, Spektrum (EU)
26 Gen 2006,Stockholm, Sweden, Hovet (EU)
29 Gen 2006, Lille, France, Zenith (EU)
30 Gen 2006,Grenoble, France, Summum (EU)
1 Feb 2006, Vienna, Austria, Gasometer (EU)
2 Feb 2006, Winterthur, Switzerland, Eulachhalle (EU)
4 Feb 2006, Toulouse, France, Zenith (EU)
6 Feb 2006, Florence, Italy, Mandela Forum (EU)
7 Feb 2006, Rome, Italy, Palalottomatica
9 Feb 2006, Sheffield, United Kingdom, Sheffield Hallam FM Arena (EU)
10 Feb 2006, Sheffield, United Kingdom, Sheffield Hallam FM Arena
13 Feb 2006 Nottingham, United Kingdom, Nottinham Arena (EU)
14 Feb 2006 Nottingham, United Kingdom, Nottingham Arena
18 Feb 2006, Bangkok, Thailand, Bangkok 100 Rock Festival (ASIA)
21 Feb 2006, Seoul, South Korea, Olympic Hall (ASIA)
23 Feb 2006 Singapore, Singapore, Indoor Stadium (ASIA)
25 Feb 2006 Hong Kong, China, Asiaworld Arena (ASIA)
22 Mar 2006 Milwaukee, United States, Riverside Theatre (USA)
26 Mar 2006 Nashville, United States, Ryman Auditorium (USA)

 

in Vetrina – giovedì 9 febbraio, ore 9.33


 Claudio Palestini

in Vetrina

 Articolo letto 530 volte. il 22 Feb 2006 alle 17:02
 
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