di Rive Droite
Eternati dagli obiettivi fotografici - muscoli guizzanti, chiome al vento, mise improbabili, numeri/nomi sulle panze, braccia levate nel trionfante rush finale della corsa Ascoli-SBT - eccoli sulle pagine della stampa di regime (ops, pardon, locale…) sindacogaspari, sindacocelani, presidenterossi, unaltro, e – affannata nella (per niente) plastica tensione dell’arrivo – signorapresconscomcapriotti.
(“Regarde-moi, regarde-moi, j’ai couru!”).
Testimoni senza macchia e senza paura che sport-è-bello-ma-se-lo-fanno-i-politici-è-ancora-più-bello. [Ma: e sottosegretariocolonnella dov’è? Nelle foto non c’è, non lo si vede. Non è da lui. Ma certo lui – che taglia nastri più d’un sarto – quel dì s’aggirava attento e ben visibile, salutante stringente mani tra bancarelle di mutande in qualche mercato rionale del Piceno…]
Fonti (in)attendibili (sper)giurano che la performance dei Nostri registrò momenti epici, di ineguagliabile pathos.
( “Je te voyais courir sur des terrasses/ Je te voyais lutter contre le vent / Le froid saignait sur tes lèvres”).
Essi non si risparmiarono: primi per tutto il percorso, incuranti di fatica, caldo, sudore. Nessun cedimento. Da subito staccarono il gruppo “ritrovandosi a portare avanti la corsa praticamente da soli”. Con la loro umanità che emerge intera anche nelle improvvise defaillances presto superate “…e parve di coloro / che corrono a Verona il drappo verde / per la campagna; e parve di costoro / quelli che vince, non colui che perde”. [Ahh, immaginarseli nudi: “A Verona s’usa di correre al panno verde la prima domenica di quaresima, e correno li uomini nudi” (J.della Lana) ]
Raro esempio di dedizione-sacrificio-spirito sportivo quello offerto dalla maratona dei Nostri. La cui presenza – pure lì perfino lì - testimonia come essi, incuranti di vaffaday, del disgusto dei paria verso le caste, si ostinino tenacemente ad esserci, visibilità o morte e starsene a casetta propria manco pensarci.
(“Regarde-moi, regarde-moi, j’ai couru!”).
Non se ne può più, ma essi non capiscono non s’avvedono non gli cale. ESSI CI SONO. DAPPERTUTTO. Eccoli – nostrani contemporanei Leonard Zelig – modellarsi camaleontici sulla performance del momento: maratona, sagre di marmellate-bio, di boccolotti-al-castrato, bizzarri-documentari, bancarelle di mercato… Ballano il “camaleon” e si trasformano come capita in atleti, musici, registi, assaggiatori, gourmet, ambulanti… Purchè ci sia fotografo che scatti, velinaro/porgimicrofono che scriva (!), inneggi, immortali.
Bordel de merde, è Sindrome di Zelig! Curiosa malattia.
Gli ci vorrebbe Eudora Fletcher.
Altro che Grillo.
(Devo chiudere, mi sta telefonando Rossi…)
[Grazie a: H.Böll; Y.Bonnefoy; D.Alighieri. E alla Senna]
02.10.’07 RIVE DROITE