Signore e signori, il signor Kowalski è tornato. Dopo aver esplorato con successo il teatro di Shakespeare e di Molière, dopo aver giocato con la costituzione italiana ed essersi battuto contro l'impero del male, Paolo Rossi ha deciso di vestire di nuovo i panni di Kowalski, il personaggio che diciotto anni fa lo ha reso celebre al pubblico italiano. E lo fa fingendo di aver subito una perdita di memoria, dovuta alla confusione tra la realtà di una vita tutta viaggi, alberghi e tournée e la finzione che il palcoscenico impone. "Chiamatemi Kowalski. Il ritorno" è una sorta di terapia da lettino psicoanalitico per tentare di ripercorrere attraverso diciotto anni di monologhi, ballate e blues, la memoria non solo del signor Rossi ma quella collettiva di un'Italia capace di sorridere dei propri problemi e delle proprie contraddizioni. Poca politica, se non in maniera tanto velata, quanto bizzarra. Tanto Paolo Rossi, con il suo passato, i suoi aneddoti, le sue vicende sul palco e fuori. Assistiamo così increduli e divertiti al racconto di una delle sue prime rappresentazioni, quando mascherato da cono gelato, doveva pubblicizzare una gelateria di paese. O quando insieme a Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Felice Andreasi aveva rappresentato un surreale "Aspettando Godot". Ma anche tanta quotidianità: i sogni, l'adulterio, il sesso e l'amore. Il teatro che torna alle sue origini di commedia dell'arte, insomma, quello in grado di farci riflettere sui grandi temi, traendo spunto dalla vita di tutti i giorni. Una risposta colta e necessaria ad un potere che si insinua nelle case e nelle famiglie, che ci impone i suoi falsi miti, la sua televisione spazzatura e la sua più meschina disinformazione. Un potere che tenta in tutti i modi di riuscire nel suo piano di “rincoglionimento del popolo italiano”. Così, poco importa se le porte della televisione siano chiuse per comici come lui. Paolo Rossi, piccolo grande Don Chisciotte, va avanti, riempie i teatri, torna alle origini, ripesca Kowalski e i suoi monologhi, li adatta ai giorni d’oggi e ne ricava uno spettacolo scoppiettante. Ad accompagnarlo in questa avventura una band di comici, musicisti e attori, capaci di spaziare dal blues al rock'n'roll, dai Doors di "The end" a "Quella cosa in Lombardia" di Jannacci, tra cui spicca una sorprendente Syria, splendida, brava e coloratissima. Paolo Rossi, con quel suo modo di narrare altalenante, sgangherato, continuamente in bilico tra il puro divertimento e la riflessione più profonda, ci conduce nei meandri della sua e della nostra memoria, attraverso quel “sogno all'incontrario” capace di smascherare le falsità e gli inganni del nostro tempo.
Recensioni, venerdì 17 febbario 2006