Psiconauti di provincia: intervista a Vanni Santoni
di Pierluigi Lucadei
Classe 1978, Vanni Santoni è nato nel Valdarno e vive a Firenze. Il suo nome sta circolando sempre di più negli ambienti letterari, oltre che per le numerose iniziative di cui è protagonista (tra tutte il progetto SIC, Scrittura Industriale Collettiva), per la recente pubblicazione presso Feltrinelli de “Gli interessi in comune”, romanzo corale che ruota attorno al tema del consumo di droghe. Abbiamo incontrato Vanni in un tardo pomeriggio di luglio in Piazza Indipendenza a Firenze e con lui abbiamo parlato de “Gli interessi in comune” e non solo.
Come è nata l’idea di un romanzo di questo tipo, su un argomento di questo tipo? Ci sono stati due stimoli fondamentali che poi si sono fusi nel progetto de “Gli interessi in comune”: il primo veniva dal possedere un enorme ‘corpus’ di leggende e aneddoti di paese, che sentivo avere delle grosse potenzialità. Da questa vera e propria ‘tradizione orale da bar’, che spesso assume contorni tipici del mito, vengono molti dei comprimari e alcune delle situazioni più paradossali in cui si trovano coinvolti i protagonisti. Dall'altro lato sentivo l'esigenza di scrivere qualcosa incentrato sui giovani che non fosse giovanilista, che trattasse il tema delle sostanze innanzitutto con realismo, senza perdersi in immondi moralismi o, dall'altro lato, in mitizzazioni dal sapore beat, ormai del tutto anacronistiche.
Dove si nasconde – se c’è – il bagliore di speranza per i ragazzi della provincia? Questa è una domanda da fare a un sociologo. E gli puoi chiedere direttamente dove si nasconde il bagliore di speranza per i ragazzi italiani, visto che l'Italia è praticamente tutta provincia. Da scrittore posso dirti che la speranza, per Iacopo, per il Malpa e per il Dimpe, sta nel fatto di essersi dimostrati, alla fine del ventitreesimo capitolo, psiconauti e non psiconaufraghi.
Cosa intendi precisamente dicendo che l’Italia è tutta provincia? Che eccetto Roma e Milano, nessun’altra città italiana ha le caratteristiche che normalmente si attribuiscono a una città.
I provinciali che descrivi sono o tossici, o ex tossici, o discotecari, o metallari, o sfigati. Ritieni che siano le figure più interessanti dal punto di vista narrativo? Non definirei assolutamente ‘tossici’ i protagonisti del libro. Ci sono degli ex tossici, gente passata dal giogo dell'eroina, nelle figure di alcuni comprimari come il Pelle e il Torcia, ma il gruppo dei protagonisti, eccezion fatta per il Mella, che in un suo personalissimo modo un po' tossico lo è, ha una rapporto con le sostanze in fin dei conti privo di situazioni di abuso. Sono fondamentalmente degli edonisti che utilizzano le droghe come mezzi di intrattenimento, più che come strumenti di fuga o abuso. Sperimentano, ma non si infognano. Come tipologia di persona in realtà sono più vicini a dei nerd che alla tipica immagine del ragazzo ‘borderline’.
Tra tutti i personaggi del gruppo, ce n’è uno a cui eri più affezionato mentre scrivevi? Vado a periodi, ma ovviamente li amo tutti. Iacopo è importante perchè mi ha permesso di iniziare a inquadrare la narrazione e attraverso i suoi occhi ho avuto una prima idea degli altri personaggi. Il Malpa e il Dimpe sono stati difficili da impostare e far crescere ma oggi quando li rileggo mi convincono molto. Quelli, infine, che ho provato più piacere a ‘muovere’ sono stati il Mella e il Paride: trovo che siano caratteri molto compiuti, che si prestano bene sia alla commedia che al dramma. I miei preferiti tra i comprimari, invece, sono Eleonora, il Torcia e la ragazza nel carrello, alla corte di Master Ketamina.
Iacopo va a studiare a Firenze, rimorchia mille ragazze. Il più sveglio o solo il più fortunato? Tra i ragazzi del bar Miro, Iacopo è sicuramente quello più attrezzato dal punto di vista caratteriale e dialettico, tanto che spesso ha un ruolo di leader pur non essendo il più acuto o quello moralmente più limpido. Essendo sveglio e dotato di una certa dose di arroganza, è più agile anche nei rapporti sentimentali... Comunque anche il Malpa se la cava mica male con le bimbe, dai!
Non so perché, leggendo il romanzo, ho avuto l’impressione che il narratore si identificasse con Iacopo più che con altri. Il libro comincia e si chiude con Iacopo, quindi può dare l'impressione di avere un ruolo preminente rispetto agli altri. Inoltre condivido con lui una certa visione della coppia e del rapporto provincia/città. In realtà credo che ogni narratore riversi il suo sentire un po' in tutti i personaggi, o almeno così è ne "Gli interessi in comune".
Il gruppo, col passare degli anni, diventa sempre più esiguo. Solo colpa delle droghe? Colpa delle droghe poca direi. Dare la colpa alle droghe del disgregarsi del gruppo è una lettura troppo facile. In realtà il gruppo si sfalda per una serie di prese di coscienza. Il problema è esistenziale. In fin dei conti il gruppo è qualcosa di infantile, in cui ci si diverte molto ma ci si sente poco attrezzati per la vita adulta. I tentativi di allontanarsi da gruppo sono tentativi falliti di avvicinarsi alla vita adulta.
Il rapporto con Firenze. Come appare la città agli occhi dei ragazzi e come appaiono questi ragazzi di provincia alla città e ai suoi abitanti? Io sono un ragazzo di provincia ed ho fatto proprio quel percorso verso Firenze, sono di Montevarchi e sono venuto a studiare in città e poi mi si sono trasferito. Chi pensa a Firenze dall’esterno la immagina sempre più grande e più interessante di quanto non sia. La realtà dei fatti è diversa. Io stesso amo Firenze e non riesco a odiarla fino in fondo, ma è una città che offre poco e anche meno, accoglie poco, è fatta di congreghe e di gruppi e lascia poco spazio al provinciale che arriva qui. E’ una città che spinge ai margini i ragazzi in un certo senso, ma d’altra parte è così in tutta Italia. Ricordo una scritta che lessi su un muro a Bologna, diceva “non sapete più con chi prendervela”. E’ così, nelle città la condizione di giovane è diventata quasi una condizione di clandestinità.
Quanto ti sei dovuto documentare per parlare in maniera così precisa degli effetti delle diverse sostanze? E a quali consulenze sei dovuto ricorrere? Io mi sono sempre occupato di temi come questi, tuttavia dietro il libro c’è una documentazione enorme. Su internet ci sono molte fonti a cui attingere. Per esempio il sito erowid.org che è un database su tutti i principi psicoattivi di farmaci, droghe e quant’altro, è molto dettagliato e tutte le informazioni passano per uno staff di controllo. A me è stato molto utile.
Come mai la cocaina, la sostanza più consumata negli ultimi anni, nel libro viene più volte definita “la droga dei perdenti” e i personaggi sembrano snobbarla a vantaggio di altre sostanze? Hai detto bene, la snobbano. E’ anche vero che i personaggi sono del genere che se gli offri qualcosa, la prendono, e quindi se capita coca, la spazzolano. Il loro utilizzo delle droghe, però, è esperenziale. Dicono “ah, questa non l’abbiamo ancora provata”. La coca è una droga di tipo performativo, il suo successo deriva dal desiderio di essere in linea con le esigenze della società contemporanea. Per i protagonisti del libro invece nell’uso di sostanze ci sono degli elementi rituali, che rischierebbero di sfociare nel misticismo se loro non fossero così lontani dall’essere dei freak, e la coca è fuori dal loro interesse.
“Il pasto nudo” o “Paura e disgusto a Las Vegas”? Ah, come si fa a scegliere?! Dico “Il pasto nudo” che ha maggior valore letterario, anche se “Paura e disgusto” mi fa ridere un sacco.
Bret Easton Ellis o Pier Vittorio Tondelli? Bret Easton Ellis.
Bret Easton Ellis o Irvine Welsh? Irvine Welsh, anche se Bret Easton Ellis è più bravo.
Vedi delle affinità tra alcuni romanzi di Welsh, per esempio “Colla” e “Porno”, e “Gli interessi in comune”? Be’ sì, quei romanzi li ho letti e mi sono piaciuti. Rispetto al mio romanzo hanno lo stesso impianto corale e forse “Colla” ha in comune il fatto di raccontare la storia di ragazzi normali, tranquilli, che usano anche sostanze. La differenza sostanziale però è che Welsh ama dare al lettore i diversi punti di vista dei vari personaggi, nel mio romanzo invece c’è la voce del narratore che filtra le varie voci.
Che tipo di macchina promozionale ha messo in atto una casa editrice come la Feltrinelli per “Gli interessi in comune”? Ha spinto molto. Ha fatto una pagina dedicata al libro sul suo sito, con tanto di wallpaper e screensaver collegati al libro e altri gadget. Comunque, nonostante ci sia un ufficio stampa che organizza e si occupa di tutto, mi sembrerebbe stupido non fare anche da me. D’altronde l’autopromozione è un po’ una condanna per lo scrittore di oggi. In questo modo, però, per esempio con internet e con il contatto diretto con il lettore si arriva ad un pubblico che magari la promozione ‘alta’ non riesce a raggiungere. E al lettore questa promozione ‘dal basso’ fa piacere.
Per finire, ti faccio i complimenti per il manifesto iniziale, che è molto acuto oltre che molto spassoso. Come è nato? E’ nata in forma diversa. Ero all’inaugurazione di un locale a Campo di Marte e ad un certo punto me ne andai, indignato con la mia generazione. Andai in treno da Campo di Marte a Santa Maria Novella e lo buttai giù. Il tema del romanzo è l’impossibilità di raccontare una generazione, ma il romanzo inizia proprio con il tentativo di rappresentarla, con un manifesto in negativo che elenca una serie di difetti. Il tentativo nel corso del romanzo si arena, e quel manifesto resta come un simbolo dell’impossibilità di rappresentare la mia generazione. In una società individualista è impossibile scrivere manifesti.
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