Alessandro Baricco “I barbari”
Quando il sottotitolo è “Saggio sulla mutazione”, non è azzardato sostenere che ci troviamo di fronte ad un Alessandro Baricco mutato, che dismette le vesti di romanziere e di scrittore di teatro per indossare i panni del saggista. Se riesce nell’intento non sta a me dirlo. Certamente stupisce. La lucidità con cui utilizza la penna come se fosse un pennello nel ritrarre l’immagine dei Barbari è segno di come abbia trasferito le sue abilità cimentandosi in un genere letterario diverso da quello che lo ha reso famoso.
Il libro, edito da Fandango, è una raccolta di minitrattati pubblicati sul quotidiano La Repubblica tra Maggio ed Ottobre 2006, tutti accomunati da un leitmotiv, i Barbari: chi sono? Da dove vengono? Come riconoscerli? Per aiutare il lettore lungo questo percorso l’opera è corredata di un capitolo di note ed uno di date, in cui i curatori propongono una selezione di informazioni relativamente alle persone, avvenimenti o cose citate e di notizie riguardanti il giorno di uscita della diversa puntata. La realtà in cui viviamo sta cambiando, senza che noi ce ne rendiamo conto. Ed, invece, è opportuno soffermarsi lungo la strada e sedersi a terra per osservare quello che sta succedendo. E così ci accorgiamo che stiamo vivendo in un’epoca di transizione, in cui non è la realtà in cui viviamo che arbitrariamente ha deciso di cambiare. Il discorso è diverso, siamo noi a cambiare la realtà in cui stiamo vivendo: diamo troppe cose scontate, convinti che la società sia sempre stata come è attualmente. Se andassi in giro raccontando che quando Beethoven eseguì in pubblico la Nona Sinfonia il risultato fu un clamoroso fiasco, verrei deriso. Se dicessi che, fino a qualche secolo fa, il romanzo era un genere letterario di serie B, probabilmente non verrei creduto. Ed, invece, è andata proprio in questo modo: sia per Beethoven sia per il valore sociale attribuito al romanzo. La società cambia attraverso i nostri comportamenti, e quello che noi crediamo un modello tradizionale e consolidato non lo è sempre stato. Allo stesso modo in cui dall’illuminismo si è passati al romanticismo. Beethoven docet. Abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca di transizione dove portare al di là tutto ciò che c’è di buono nella nostra tradizione e smantellare quello che, invece, l’ha portata alla degenerazione: buttando giù quelle mura che ci separano dal nuovo modello sociale che ci circonda. Con consapevolezza. Con Intelligenza. Con Lucidità. Con Spirito Critico. Probabilmente ci si sta chiedendo il perché di un tale discorso: appena dipinto il barbaro attraverso il mondo in cui vive, la risposta seguirà automaticamente. Basta non aver fretta. Ed è proprio seguendo tale approccio che Baricco si cimenta in questa prova per lui del tutto nuova, facendo confluire tutta la sua esperienza letteraria entro questa nuova idea, indubbiamente barbara. Il risultato? Complessivamente soddisfacente. Forse a tratti alcuni ragionamenti e pensieri risultano capziosi e difficili da seguire e qualche colpa in tema di linearità del pensiero è giusto attribuirla (considerando anche il fatto che non tutti leggeranno chiusi dentro il silenzio della propria camera!). Inoltre il lavoro è stato accusato di essere lento e ridondante. A mia opinione quest’ultima critica pecca di superficialità. Se la realtà intorno a noi sta mutando bisogna cogliere l’evoluzione in ogni suo aspetto e dettaglio, con la dovuta profondità e col rischio di risultare lento e ripetitivo: inutile sprecare parole sulla circostanza che dietro ogni dettaglio si può avere la chiave di lettura dell’universo. Non voglio dire che condivido ogni idea e pensiero esposto. Anzi, ho opinioni dissenzienti in merito a molte idee espresse. Ma credo che anche la finalità dell’autore fosse decisamente differente. E’ un libro che fa pensare, che vuole condurre il lettore a riappropriarsi della propria indipendenza culturale; a riscoprire la consapevolezza di ciò che siamo e siamo stati per affrontare la mutazione e poterla cogliere nella sua essenza, senza dimenticarsi che il protagonista è lui: il lettore stesso. Perché solo sapendo chi siamo possiamo cogliere le differenze che ci separano dai barbari e individuare la direzione che stiamo prendendo. Perché, alla fine, quei barbari di cui si fa tanto un gran parlare non siamo altro che noi. Ebbene si, l’Uomo sta mutando e sta iniziando a respirare con le branchie. Ma cosa è rimasto del vecchio Uomo? Cosa vogliamo portare nel nuovo mondo in cui vivrà?
“Quel che diventeremo continua ad essere figlio di ciò che vorremo diventare. […]. Credo che si tratti di essere capaci a decidere cosa, del mondo vecchio, vogliamo portare fino al mondo nuovo. Cosa vogliamo che si mantenga intatto pur nell’incertezza di un viaggio oscuro. I legami che non vogliamo spezzare, le radici che non vogliamo perdere, le parole che vorremmo ancora sempre pronunciate, e le idee che non vogliamo smettere di pensare.[…]. Nella grande corrente, mettere in salvo ciò che ci è caro”.
Mario Mauro
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