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“Michael Clayton” (USA, 2007) |
“Michael Clayton” di Tony Gilroy
Un legal thriller “alla John Grisham” che non vive di effetti speciali, né di azione come è stato definito nella locandina. Ma ha un grande pregio: la sceneggiatura. E vive di questo per generare il movimento, la suspence e l’intreccio narrativo. Appena entrati in sala, commuove il fatto che una signora anziana sugli 80 anni per sedersi in prima fila arrivi davanti allo schermo con un George Clooney, che si presenta con le borse sotto agli occhi e lo sguardo dimesso. Del resto è obiettivamente logico, che sia per il divo hollywoodiano “a dimensione umana” (mancato per un soffio a vincere la Coppa Volpi a Venezia) sia per l’anziana signora e sia per le”femme” nelle file dietro, questo film non sarebbe mai stato destinato ad essere un vero film d’azione. E a parte le ultra-paraboliche tracce narrative e le colonne sonore che ormai nessuno considera più importanti, tutto il film piace. E lo scopo dev’essere quello. Attirare la “femme”, il duro, l’amorevole, il furbo, e l’onesto. Tutti aspetti che si fondono in questo film senza storie d’amore e senza troppi intoppi stilistici da colpi di scena “esterni”. Un legal thriller con un gran montaggio, frasi veloci da Hollywood, e un lungo flash back di 4 giorni, che sono l’ossatura del film. Michael Clayton (George Clooney) è un avvocato che lavora presso uno dei più importanti studi legali di New York , lo studio Kenner, Bach & Ledeen e prende ordini da un bravissimo Marty Bach (Sydney Pollack). Ha preferito abbandonare la carriera di pubblico ministero dopo una prestigiosa carriera in tribunale, per dedicarsi alla professione più sottobanco da “pulizie interne”; una sorta di “aggiusta faccende sporche” per conto di potenti uomini d’affari che in situazioni spiacevoli non possono compromettere l’intera carriera finanziaria se per caso ad esempio, “devono” corrompere qualche politico, se amano una donna sbagliata nella sera libera, o se capita di fare un’omissione di soccorso dopo una bevuta di troppo. In realtà questo capita anche alla persona sbagliata, ad Arthur, socio di Clooney alla Kenner, Bach & Ledeen (Tom Wilkinson), che subisce un crollo psicologico. E qui parte l’analisi del Clooney “umano”, deluso, stanco di una vita frenetica che tuttavia non può abbandonare perché è pieno di debiti. Di contro la bravissima Karen, si sta giocando tutto per l’esito di una scalata finanziaria, che è difesa dallo studio di Clooney. Gli intrecci senza troppo essere protagonisti assoluti, “virano” sul figlio di Clooney di appena 10 anni, che lo fa vivere di sogni a mezz’aria tra cavalli e guerrieri mitologici. Non si prevede l’esito e la soluzione finale fino all’ultimo minuto di pellicola. Ed è qui il gran montaggio di Tony Gilroy che è molto più eccellente della sua stessa regia. Si nota il monocolore: regia, sceneggiatura e montaggio sono tutti suoi. Infine, che dire del “naturalissimo” Sidney Pollack: dopo la regia del film The Interpreter, potrebbe meritare un premio come attore non protagonista.
Chiara Poletti
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Redazione
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il 15 Oct 2007 alle 13:41 |
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