Il bene e il male: “The Departed” di Martin Scorsese
di Pierluigi Lucadei
«Io non voglio essere un prodotto del mio ambiente, voglio che l’ambiente sia un mio prodotto» sono le parole del boss mafioso Frank Costello con le quali si apre il film. E’ il crimine che giustifica se stesso, per lo meno a prima vista, ma con Scorsese la lettura più ovvia non coincide necessariamente con quella esatta. Nella filosofia fuorilegge di Costello si nascondono neanche troppo celate aspirazioni alla scalata sociale e alla conquista di un rispetto e di una devozione che sono, più del denaro, veri sinonimi di potere. Di boss nel cinema ce ne sono stati tanti, ma stavolta, non solo per l’interpretazione magistrale di Jack Nicholson, siamo di fronte a qualcosa di diverso. Quello che manca è la famiglia, intesa sia in senso stretto (il nucleo famigliare) sia in senso lato (la comunità mafiosa). La figura di Costello creata da Scorsese e Nicholson è quella di un leader isolato, senza cosche amiche, senza boss fratelli: qui c’è un unico tirannico capo che si è conquistato il proprio territorio da solo, con invidiabile scaltrezza e spumeggiante violenza. Invidiabile e spumeggiante, aggettivi dal connotato positivo che non sono usati a caso. Nei lungometraggi di Scorsese si finisce, volenti o nolenti, a parteggiare per i cattivi. I buoni hanno le facce note di Martin Sheen, Alec Baldwin e Mark Wahlberg. Nel mezzo ci sono Matt Damon e Leonardo DiCaprio, più cattivo che buono il primo, più buono che cattivo il secondo, che rivaleggiano da lontano per tutto il film, riuscendo solo a sfiorarsi, prima dell’inevitabile faccia a faccia. Ma veniamo alla trama, riassumendola brevemente. Colin Sullivan (Damon) e Billy Costigan (DiCaprio) sono due giovani poliziotti che procedono su strade parallele ma in direzioni opposte. Il primo è una talpa del boss Costello all’interno della squadra investigativa che vuole mettere in manette lo stesso Costello. Il secondo si finge criminale e riesce ad infiltrarsi tra i fedeli del boss, che sta portando a termine una sontuosa vendita di microchip al governo cinese. The departed si rivela sin da subito uno scontro tra maestri del doppio gioco e dell’inganno, uno scontro tutto al maschile, in cui l’unica donna (la bella e brava Vera Farmiga), una psicologa che si invaghisce di Sullivan ma non disdegna il flirt con Costigan, non riesce ad emergere dal cono d’ombra riservatole e ad entrare realmente nel meccanismo narrativo. Il regista, e con lui lo sceneggiatore William Mohahan che ha praticamente riscritto l’hongkongiano Infernal Affairs del 2002, ha deciso di lasciare New York e di ambientare il nuovo film a Boston; ha abbandonato anche il mondo, conosciuto fin troppo bene, dei gangster italoamericani per descrivere quelli, non meno violenti, della mafia irlandese. Nell’analizzare una realtà che gli appartiene meno, Scorsese non perde in termini di credibilità, calcando sul sangue e, allo stesso tempo, non disdegnando un’apprezzabile analisi psicologica del dramma in cui si muovono i suoi personaggi. E’ tuttavia il lato spettacolare a prevalere in The Departed, film ad alto budget in cui Scorsese non rinuncia a fare arte, anzi, approfitta delle opportunità che gli Studios gli hanno messo a disposizione per realizzare una pellicola secca, tesa, rabbiosa, violenta, caustica, spietata. Forse la sua migliore dai tempi di Quei bravi ragazzi, il che vuol dire che quello di The Departed è il miglior Scorsese degli ultimi tre lustri. Cosa non da poco, perché nonostante molti avessero applaudito i film degli ultimi anni (L’età dell’innocenza e Casinò su tutti) alcuni avevano ipotizzato una parabola discendente nella pur sempre splendida carriera del regista di origine siciliana. Stavolta c’è poco da storcere il naso, siamo di fronte ad un grande film, sontuoso e shakespeariano, con un’interpretazione e un personaggio (Nicholson/Costello) destinati a fare epoca, alcune scene già cult (una su tutte: Nicholson che gioca con la mano di un cadavere mentre fa colazione), due protagonisti affascinanti che si oppongono senza risparmiarsi, un montaggio serrato e carico di suspance, e una lucidissima disanima dei sottili meccanismi che portano a rompere patti di fedeltà per bruciare nel peccato capitale della malavita, il tradimento. Ma, siccome anche i grandi film hanno i loro difetti, andiamo a cercare il pelo nell’uovo ammettendo che avremmo evitato di vedere i calzini bianchi di spugna di Matt Damon e il suo machiavellico personaggio coprirsi di ridicolo quando dimentica sulla scrivania una busta ‘segreta’ che permette a Billy di smascherarlo. Soluzione troppo facile in una sceneggiatura per il resto perfetta, senza falle narrative. E poi alcune domande sul finale: se The Departed fosse stato un film indipendente, ci sarebbe stato l’ultimo sparo? O il cattivo avrebbe trionfato, irridendo la morale comune? O non è forse quello sparo la via scelta da Scorsese per regalare al personaggio di Sullivan l’unica via di redenzione possibile?
Martin Scorsese – Filmografia: The Departed (2006) No Direction Home: Bob Dylan (2005), documentario The Aviator (2004) Gangs of New York (2003) Al di là della vita (2000) Il mio viaggio in Italia (2000), documentario Kundun (1997) Viaggio nel cinema americano con Martin Scorsese (1995), documentario Casinò (1995) L’età dell’innocenza (1993) Cape Fear – Il promontorio della paura (1991) Quei bravi ragazzi (1990) New York Stories (1989) L’ultima tentazione di Cristo (1988) Il colore dei soldi (1986) Fuori orario (1985) Re per una notte (1983) Toro scatenato (1980) L’ultimo walzer (1978) Ragazzo americano (1978), documentario New York, New York (1977) Taxi Driver (1976) Alice non abita più qui (1975) Mean Streets (1973) America 1929 – Sterminateli senza pietà (1972) Chi sta bussando alla mia porta? (1969)
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