Venticinque anni ormai ci separano dall’inizio di quel fenomeno così rivoluzionario nel mondo della musica, così fortemente influente nella spettacolarizzazione del mondo cantato. Venticinque anni lontani dall’America ancora una volta dirompente, dall’America che modella ed influenza nel bene e nel male ricomponendo di nuovi colori.
Il primo agosto 1981 nasce infatti negli Usa la tv musicale via cavo, Mtv, e come una svolta è il cambiamento, la costruzione di un nuovo immaginario visivo creato sul rapporto ormai solidificato tra video e musica.
Voluta dalla Warner e dall’American Express, con due sedi -New York e Londra-, Mtv è il salto proiettato verso la nuova era della videomusica. Italia, Francia, Spagna e pian piano l’espansione materiale e monetaria di un fenomeno che forse và ben al di là del business, ed aggiunge all’aspetto globalizzante di una rete, la più dirompente scossa nella storia della musica: il videoclip, il matrimonio proiettato tra musicista e regista. E’ il cambiamento e la naturalmente evoluzione di un fenomeno che oggi fa di Internet il suo habitat ideale, così come del mondo della telefonia e iPod dove, sbarcata negli ultimi anni, si prepara ad organizzare un futuro prossimo.
Leggevo pochi giorni fa, su un quotidiano nazionale, come ci si chiedesse senza risposta se l’avvento di tale fenomeno, portato sulla scena dalla rete americana, avesse determinato positivamente o meno il mondo della musica: “per qualcuno è stato l’inizio del declino della musica da immaginare, quella che solleticava un buio interiore da illuminare a piacimento come uno schermo dei sogni, della musica che da sola bastava, la musica dei colori iridescenti che associavamo con l’ebbrezza della libera soggettività. Ora quello che dobbiamo immaginare ci viene suggerito, a volte imposto, con tecniche visive da capogiro…(Gino Castaldo, La Repubblica)”.
Dal primo video trasmesso, quello dei Buggles per “Video killed the radio stars”, al capolavoro “Thriller” di Michael Jackson, dai Rolling Stone a Prince passando per Madonna, una sequenza interminabile di modelli musicali e non solo, che su quei videoclip proiettati nell’immaginario giovanile hanno avuto e continuamente hanno forte influenza, soprattutto per un popolo costantemente in cerca di personalità. Per non parlare dei grandi registi che spesso e volentieri vanno a dedicarsi ad un mondo ricco di possibili sperimentazioni e stimoli creativi: Brian De Palma, Roman Polanski, Tony Kaye e tanti altri che, considerando l’evoluzione tecnologica a cui continuamente assistiamo, sottolineano però la diversa esperienza visiva tra un clip in tv ed uno su cellulare, tra le tante altre alternative possibili.
E’ questo forse il punto chiave, quello che maggiormente spinge molti a pensare come in realtà la musica abbia trovato un contrasto nello sposalizio con lo schermo: il diverso modo di concepire l’utilizzo di un videoclip, il superamento della linea di confine tra arte (che di questo in fondo si tratta, una specie di arte pop) e massificazione di un fenomeno come esclusivo utilizzo d’immagine mediatica.
E allora, il videoclip come vantaggio o come danno per la musica?
E’ questo il punto: saper apprezzare un lavoro in sé per sé non inquinante (parliamo di video belli e degni di considerazione, d'altronde “ci sono video brutti ma anche film brutti” e tutto sta nel saperli distinguere), frutto di un’evoluzione, parte di quel gioco di inevitabile progresso tecnologico che abbraccia ogni aspetto ci circondi. Saperlo apprezzare nella sua essenza artistica: regia e musica che sperimentano e si sposano.
Al contrario non è forse artisticamente apprezzabile e sterile di emozioni un videoclip su iPod, su uno schermo grande come un palmo di mano dove certo l’energia visiva non traspare nella sua totalità, la musica da elemento più importante viene meno e quella che comunque è un’arte diviene commercializzazione di un prodotto e regalo gratuito al progresso.
Certamente è stato un grande evento quello di accompagnare un mondo cosi fertile di suggestioni e fantasie come quello della musica con un qualche appiglio che in un certo qual modo andasse ad intaccare la nostra arte individuale contaminandola di artificiali pennellate.
Un grande evento, per l’appunto nel campo, una rivoluzione.
Nel bene o nel male poi la rivoluzione prende i colori che decidiamo noi, come tutto del resto. IPod, cellulari o grandi schermi, sta a noi, alla nostra capacità di distinguere l’utilizzo di quest’arte, alla distinzione del bello dal brutto (è soggettivo, lo so, ma provate a vedere un qualsiasi “Thriller” di Michael Jackson o uno “Sledgehammer” di Peter Gabriel contro la molteplicità di filmati musicali che oggi ripetono stereotipate facce da protagonisti in primo piano senza alcuna minima traccia di impegno al lavoro artistico e bello).
…Ma fate come volete, chè poi in fondo, comunque si cerchi di contaminare, se la musica è vera resta vera e basta.