Campo di grano - 40 regioni europee si sono coalizzate nella rete Coex Net, per ribadire con decisione la posizione OGM free
Coesistenza in agricoltura: coltiveremo OGM?
Parlare oggi di Organismi Geneticamente Modificati significa affrontare inevitabilmente anche il tema della coesistenza fra colture biologiche, convenzionali, di qualità e appunto GM. Se il consumatore deve poter scegliere consapevolmente gli alimenti che trova nel negozio sotto casa o nel supermercato, allo stesso tempo è diritto dell’agricoltore decidere quale agricoltura praticare, presupposta l’esistenza di diverse agricolture sviluppabili in contesti eterogenei. Questo tema è stato al centro della due giorni appena conclusasi a Firenze, dove il 6 e 7 Novembre la Regione Toscana ha convogliato i risultati di esperienze e progetti dedicati a questo complesso e più che mai attuale argomento. Dopo la sentenza n. 116/2006 della Corte Costituzionale il nostro paese si trova in una fase di stallo, in attesa che la competenza regionale esclusiva in materia di agricoltura si concretizzi in norme e piani di coesistenza che definiscano le modalità di coltivazione più diversificate, dall’agricoltore biologico a quello che utilizza sementi geneticamente modificate. La contemporanea stesura dei piani di Sviluppo Rurale regionali rende ancora più complicata una materia che già di per sé rappresenta un terreno di divisione sia in campo scientifico che giuridico. Come soddisfare l’esortazione della Comunità europea a garantire la coesistenza fra le diverse colture? È possibile decidere a livello regionale ciò che nemmeno in ambito comunitario è ben chiaro? In attesa di risposte 40 regioni di 7 stati membri dell’Unione europea si sono coalizzate nella rete Coex Net, per ribadire con decisione la posizione OGM-free, ovvero la difesa e la salvaguardia delle agricolture e dei prodotti agroalimentari tipici regionali, con la consapevolezza che solo in questo modo sarà possibile garantire un forte fattore di competitività nel mercato agroalimentare globale. Infatti i sistemi agricoli e alimentari come quello italiano devono puntare sulla carta della valorizzazione economica attraverso il contenuto di tipicità del prodotto, scegliendo di confrontarsi non sul terreno delle grandi produzioni a basso costo ma sulla tradizione gastronomica locale coadiuvata dall’innovazione tecnologica. Ciò è possibile solo garantendo sementi pure e processi produttivi che escludano la presenza di OGM lungo tutta la filiera, dall’agricoltore al grossista, dal trasportatore alla grande distribuzione. Sono ancora troppo contraddittorie le voci della comunità scientifica in merito alla reale possibilità di coesistenza fra diverse tipologie di colture; la necessaria applicazione del più ferreo principio di precauzione in campo di tutela della salute è condizione che blocca la diffusione di coltivazioni GM, per le quali non si ha ancora piena certezza scientifica circa l’innocuità al consumo, soprattutto per quanto riguarda il medio e lungo periodo. Senza considerare che la soglia di tolleranza dello 0,9% (ammissibile in un prodotto alimentare) rappresenta di per sé un fattore di rischio, stante il fatto che il suo limite non risponde ad alcuna logica scientifica ma presumibilmente economica; inoltre le misure sperimentali di coesistenza (distanze fra colture, zone cuscinetto, gestione dei flussi genici d’impollinazione…) sono oggetto di acceso dibattito e le tecniche analitiche previste per le verifiche su sementi e alimenti sono troppe volte inefficaci. Visto il contesto e la complessità della materia sembra incauto permettere le coltivazioni GM se non a fini esclusivamente di ricerca, dirottando le tecniche biotecnologiche più avanzate su campi che non investono direttamente la tutela della salute umana, come quello bioenergetico.