Il presidente della Regione Marche presente alla cerimonia
(ARCEVIA), 13/03/2008 - Torna nella sua città natale, dopo 197 anni. E’ la Pala di Arcevia di Luca Signorelli (Cortona 1445 – 16 ottobre 1523), capolavoro del Rinascimento, a cui è dedicata la mostra, inaugurata oggi, dal titolo: “Luca Signorelli, La Pala di Arcevia e i Capolavori di San Medardo”, nella Collegiata di San Medardo. Un’esposizione, promossa dal Comune e dalla Pro Loco di Arcevia e presentata dal critico Vittorio Sgarbi, che riporta, alla fruibilità della comunità e dei turisti, la meravigliosa opera nel cinquecentenario della sua creazione. Il presidente della Regione Marche ha partecipato all’inaugurazione. Ha espresso grande soddisfazione e sottolineando come la Regione abbia avviato un processo di valorizzazione del territorio, con il recupero del grande patrimonio storico, culturale, artistico e paesaggistico, così da rendere le Marche protagoniste. La nostra regione – detto - sta uscendo dall’ombra, per ricoprire, in Italia e nel mondo, il ruolo che le spetta in ogni settore: economico, sociale, artistico e culturale. L’evento odierno, che testimonia le grandi capacità della comunità di Arcevia, delle istituzioni politiche e finanziarie – secondo il presidente - si inserisce in questo processo avviato dalla Regione. Alla conferenza stampa, gremita di giornalisti, sono intervenuti oltre al presidente della Regione e al sindaco di Arcevia che ha fatto gli “onori di casa”, il presidente della Provincia di Ancona, il presidente Comunità Montana dell'Esino Frasassi, il direttore generale UBI Banca Popolare di Ancona e il presidente della Pro Loco. Sgarbi, in particolare, ha elogiato le Marche per essere fortemente attrattive, come nel caso della mostra sul De Magistris di Caldarola.
La mostra sul Signorelli verrà aperta al pubblico da domani, 14 marzo, fino al 28 settembre 2008, all’interno della Collegiata di San Medardo, dove si trovano permanentemente conservate altre mirabili opere d’arte del Signorelli, come il Polittico di San Medardo, eseguito nel 1507, e il Battesimo di Gesù, firmato e datato 1508, altro suo capolavoro arceviese. Ad impreziosire ulteriormente l’esposizione, opere come la Vergine dei miracoli, altare in maiolica invetriata di Andrea e Giovanni Della Robbia (1510–1513). La Pala di Arcevia si trova esposta in una speciale teca a clima controllato, per motivi conservativi e di sicurezza, mentre le altre opere presenti nella Collegiata sono allestite e illuminate con moderne tecniche, dopo essere state sottoposte a un processo di pulitura e riconsolidamento. Ripristinata, inoltre, l’Aula Capitolare con i suoi dipinti e attigue si trovano le sale del Museo Diocesano.
La mostra è stata realizzata con il sostegno della Regione Marche, della Provincia di Ancona e della Comunità Montana dell’Esino-Frasassi e con la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Soprintendenza per il Patrimonio Storico e Artistico delle Marche; Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Pavia, Sondrio, Varese, la Diocesi di Senigallia e la Parrocchia di San Medardo. Ha contribuito all’iniziativa, UBI-Banca Popolare di Ancona.
LA STORIA DELLA PALA DI ARCEVIA
Raffigurante la Madonna in Trono con i Santi detta Pala di Arcevia, l’opera venne commissionata al Signorelli da Giacomo di Simone Filippini, un maggiorente della allora Roccacontrada, per la cappella gentilizia della famiglia nella chiesa di San Francesco. La committenza arceviese è specificata nel gradino del trono dove si legge a lettere dorate: “JACOBI SIMONIS DE PHILIPPINIS AERE DEO ET DIVAE MARIAE DICATUM FRATRE BERNARDINO VIGNATO GUARDIANO PROCURANTE M°D°VIII”.
L’opera cambiò proprietari e luoghi nel corso dei secoli. Dopo il rifacimento in stile barocchetto della chiesa di San Francesco, nella prima metà del 1700, la Pala venne smembrata. La tavola centrale, spogliata della cornice originaria, della cimasa, della predella e dei piastrini laterali - che vennero restituiti alla famiglia Filippini - fu collocata sull’altare di San Bonaventura e dimensionato alla nuova decorazione a stucco.
Passati dagli eredi Filippini ad un antiquario romano verso il 1880, la cimasa, i quadretti della predella e i pilastri laterali emigrarono in modo diverso: la cimasa si trova ora al Museo di San Diego, la predella è al museo di Altenburg in Germania, un piastrino è in collezione privata inglese e l’altro disperso.
La tavola centrale fu invece requisita durante il periodo napoleonico (1811) per arricchire la Pinacoteca imperiale di Milano e a nulla valsero i tentativi di ricorso da parte di Pier Sante Filippini contro la requisizione del quadro. Solo le accurate ricerche dello studioso arceviese Anselmo Anselmi consentirono, nel 1891, di rintracciare il quadro, in deposito presso la chiesa parrocchiale di Figino con erronea attribuzione alla scuola bolognese, e di restituirlo al suo legittimo autore.
Con lettera del 15 dicembre 1891 il Ministero respinse la richiesta della cittadinanza arceviese con i suoi amministratori per riavere l’opera. Dal 1892, si provvide quindi a che la Pinacoteca di Brera potesse ritirare il quadro ed esporlo.
Annoverato ed apprezzato tra i maggiori capolavori di Brera, la Pala di Arcevia, che è fra le opere più schiette del pittore, per l’attenuarsi dei contrasti luminosi e cromatici in una tenue luce diffusa e addolcente il plasticismo delle forme, potrà essere dunque ammirata eccezionalmente per più di sei mesi nella città che l’ha vista nascere.