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Arlecchino musicista, 1924 (Olio su tela, 113,8 x 97,2 cm) © Succession Picasso 2008 |
Picasso, l'Arlecchino dell'arte 1917-1937
ROMA - Dall'11 Ottobre 2008 fino all'8 Febbraio 2009 il complesso del Vittoriano ospita la mostra "Picasso, l'Arlecchino dell'arte 1917-1937". Questa esposizione raccoglie le opere create dal grande artista nel periodo tra il 1917 e il 1937. Essa ripercorre il lungo percorso artistico e umano del pittore, intrapreso in questo ventennio, a cavallo tra le grandi guerre. La mostra è stata allestita grazie al lavoro di Yve-Alain Bois, docente ordinario di storia dell'arte nella "School of Historical studies" presso l' "Institute for advanced study of Princeton" e della collaborazione di molti studiosi dell'arte contemporanea. Il periodo che l'esposizione vuole illustrare ha inizio nel 1917, anno in cui Picasso si trasferì a Roma, dove inizierà un soggiorno prolifico sotto il profilo creativo e affettivo. Lavorò qui, alla scenografia di Parade per i Ballets Russes di Diaghilev,e conobbe la danzatrice russa Olga Koklova, che sposerà l'anno seguente. Ispirato dai capolavori antichi, creò un nuovo ciclo di dipinti, che sanciranno l'inizio di una pratica prima di allora mai intrapresa: la mescolanza delle varie tecniche conosciute, e la creazione di stili nuovi senza l'abbandono dei vecchi. In questo arco temporale, Picasso varierà i temi, alternando ritratti neoclassici a figure rilette in chiave cubiste, nature morte a disegni astratti. Tra le opere esposte, tra le rappresentanti di tale periodo si possono annoverare: "L'italiana", un olio su tela del 1917, in cui è dipinta una fanciulla popolare in una colorata scomposizione cubista, "Natura morta con busto antico" risalente al 1925, " Pesci, bottiglia e fruttiera" del 1922 e "Donna che legge" del 1920, tipica espressione del cosiddetto ritorno all'ordine (neoclassicismo). Egli non sostituirà più uno stile all'altro, ma agirà suggestionato da tutte le correnti,quali cubismo,neoclassicismo, surrealismo, espressionismo, rileggendo figure e immagini ogni volta in una chiave diversa. Emblematico è il personaggio dell'Arlecchino, capace di assumere ogni volta la sembianza da lui preferita: sarà eletto da Picasso quale simbolo della sua stessa volontà artistica di mutare ogni volta le sue maniere espressive. Non a caso sono proprio quattro le opere esposte in cui viene affrontata ogni volta diversamente la figura di questo personaggio della Commedia dell'Arte: "L'Arlecchino" riletto alla luce del neoclassicismo del 1917, "L'Arlecchino musicista" del 1924, rielaborato secondo i canoni del cubismo, "L'Arlecchino" astrattista del 1927 e la "Testa di Arlecchino" in chiave surrealista del 1927. Dal 1925 in poi, l'artista si avvicina ai surrealisti, ai poliformismi tipici di questa corrente, ma allo stesso tempo li supera. Infatti in alcuni dipinti di questa epoca possiamo trovare dei tratti che ricordano Mirò come nei "Bagnanti che giocano sulla spiaggia" del 1932. Tenta inoltre di affacciarsi sulle sponde dell'astrattismo, da lui precedentemente rifiutato. Testimonianza di questo sua riaggancio è il dipinto "Due donne davanti a una finestra" del 1927. Nella mostra sono inoltre contenute delle sculture dell'artista concepite proprio in questo suo periodo. Successivamente dal 1932 al 1935 in molte sue tele si ispirerà deliberatamente al corpo della sua giovane musa Marie-Therese Walter, favorendo il ritratto quale tipologia di dipinto. In questi anni però, la sua produzione si carica di una tensione drammatica, e le sue opere risentono del clima critico scaturito dall'ascesa di Hitler al potere e dalla guerra civile spagnola. Nella mostra, nevralgica è l'esposizione del ritratto della "Donna che piange con fazzoletto", del 1937 e dei dipinti che ritraevano la Corrida. Le situazioni violente e tragiche rappresentano il cammino dell'artista verso la composizione dell'opera più famosa, la "Guernica", situata al Reina Sofia di Madrid. Pezzo forte dell'esposizione è sicuramente la "Suite Vollard", raccolta di cento incisioni realizzate tra il 1930 e il 1937. Gli era stata commissionata da Ambroise Vollard, il quale morì prima della conclusione, ma a cui Picasso dedicò ben tre ritratti nella raccolta.Ad un primo sguardo, sembra prevalere una sensazione di disarmonia tra le immagini, ma analizzandole più a fondo si può afferrare un legame logico tra di esse. Ventisette di queste incisioni rappresentano temi diversi, le altre riprendono ogni volta temi specifici, tra cui spicca sicuramente quello del Minotauro, figura mitologica che prende il posto di Arlecchino e diviene il motivo dominante. Nella maestosità dell'opera ritroviamo richiami al neoclassicismo, che in definitiva il pittore non aveva mai abbandonato, in seguito a questa sua volontà di mischiare stili differenti e eterogenei. La mostra si propone di presentare le 180 opere dell'artista, quale biglietto da visita per sancire la sua assoluta genialità e capacità di amalgamare passato e presente attraverso l'estroso strumento dell'arte. Diventa così un maestro unico, impossibile da eguagliare.
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Gloria Lattanzi
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Cultura e Spettacoli |
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il 28 Jan 2009 alle 10:35 |
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