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Amor Fou

Aspettando il debutto: intervista agli Amor Fou

Amor Fou è un progetto musicale nato nel 2005 a Milano dall’incontro di quattro personalità del rock italiano come Cesare Malfatti, Alessandro Raina, Leziero Rescigno e Luca Saporiti, progetto che in autunno si concretizzerà con la pubblicazione di un album per l’etichetta bolognese Homesleep. Dopo aver ascoltato le canzoni che gli Amor Fou hanno reso disponibili sul loro MySpace (www.myspace.com/amorfou) siamo rimasti affascinati dalla proposta e abbiamo rivolto alcune domande alla voce Alessandro Raina.

Le canzoni che si possono ascoltare sul vostro MySpace fanno pronosticare un grande album. Quanto sentite l’attesa e come la state vivendo?
Ognuno la vive a modo suo, ma con la serenità di essere riusciti a dare forma ad una band con un’anima definita, fra le mille differenze di chi la compone, grazie anche all’aiuto di una casa discografica che ha creduto in noi mettendosi in gioco al 100%. Siamo tutti impazienti di scoprire come verrà accolto il disco, che ci soddisfa pienamente, e che ci ha lasciati abbastanza stremati ma anche pieni progetti… a tal punto che abbiamo già idee in cantiere per un nuovo disco.

Sul comunicato che annuncia l’uscita del disco nel prossimo autunno, si legge “folgorati dalla vicenda personale di una coppia di ex amanti, i quattro musicisti iniziano a scrivere un disco ispirato ad una storia vera di amore/odio”. Potete dir qualcosa di più su questi amanti? 
L’incontro è avvenuto in modo casuale, ma a volte certi incontri sono scritti nel nostro destino. Ciò che ci ha affascinato maggiormente è stato scoprire una storia d’amore scritta al contrario, che inizia dalla sua fine, da un giorno drammatico per la storia italiana, quello della strage di Piazza Fontana. La storia di queste due persone, che non si sono mai più riavvicinate se non in tempi recenti, come semplici amici, attraversa quella del nostro paese ma compie anche un percorso interiore. Esplora tutte le dimensioni di un amore, dall’adolescenza alla maturità, sfiorando l’idillio e a volte l’odio. Una storia che riguarda da vicino ognuno di noi, da cui è stato quasi naturale farsi influenzare.

Nel vostro immaginario il cinema sembra primeggiare su tutto. E’ così?
Il cinema è per definizione un veicolo di immagini e di storie, ne siamo dipendenti come milioni di persone. Divoriamo un film dopo l’altro, che a volte guardiamo insieme con il malcelato scopo di trarne nuove fonti di ispirazione. Nel cinema è scritta la nostra storia, ma anche le nostre inquietudini e i nostri sogni, le cose a cui non sapremmo dare forma.

Sembrano fascinazioni simili a quelle dei Baustelle. Che rapporto avete con i dischi della band di Francesco Bianconi, vi piacciono?
Personalmente ho seguito la storia di questa band dall’inizio e credo che l’ultimo lavoro ‘La Malavita’ consacri pienamente la grande ispirazione di Francesco. Gli ultimi Baustelle hanno saputo conciliare la cultura ‘alta’ con il pop, l’impegno letterario con la leggerezza e in questo senso rappresentano una ventata d’aria fresca per un movimento musicale in totale crisi di identità e contenuti.

Perché certe atmosfere, quelle della nouvelle vague, degli anni Sessanta, di Godard e Belmondo, di Fellini e Mastroianni, dei cantautori figli del dolore e dell’anarchia, non la smettono di esercitare il proprio fascino?
Non so se questo fascino sia destinato a durare ancora per molto. Francamente se guardo ai gusti delle nuove generazioni mi prende un grande sconforto. Non tanto per la bassa qualità dei prodotti di maggior successo, quanto per il generale qualunquismo che caratterizza i giovani al cospetto della cultura del ‘900. Nei nomi e nei modelli che indichi si conserva uno stile e una purezza di intenti che esalta l’arte nella sua accezione piu’ alta. Si tratta di grandi maestri la cui opera va conservata e celebrata con dedizione.

Che tipo di spettatori siete al cinema?
Ognuno ha i suoi gusti ma siamo tutti appassionati cultori del cinema di ogni epoca. Ovviamente c’è chi deve poi fare i conti con i gusti dei figli, delle mogli o delle fidanzate. Sotto questo aspetto la mia condizione di single mi aiuta non poco…

Un regista per il quale vi piacerebbe scrivere una colonna sonora?
Sicuramente Paolo Sorrentino, che consideriamo unanimemente il genio più cristallino del cinema italiano degli ultimi decenni. I suoi primi tre film sono capolavori di ispirazione, tecnica e maturità. Sarebbe davvero un sogno poter donare un nostro brano ad un suo film.

Siete un supergruppo?
No! Siamo persone che si stimano da anni e si sono conosciute con il tempo, non senza difficoltà, pienamente consapevoli del proprio passato musicale ma al contempo slegate da qualsiasi esperienza precedente. Il bello di Amor Fou, rispetto ai gruppi in cui abbiamo militato in precedenza, è la totale libertà e serenità espressiva, in cui le nostre differenze si possono esprimere e contagiare a vicenda, senza preclusioni. Un super gruppo sono The Good The Bad And The Queen, loro sì sono quattro super eroi.

Com’è nata la sintonia tra voi?
Da parte mia è nata innanzitutto apprezzando e conoscendo l’anima musicale di Cesare, Lagash e Leziero, di cui sono stato un fan per molti anni. Ciò mi ha permesso di capire cosa volessi assolutamente evitare nel dar vita a un progetto con tre musicisti già abituati a lavorare insieme. La sintonia si crea giorno per giorno, nelle esperienze condivise, come una registrazione, una cena o un viaggio, ma va alimentata mese dopo mese, altrimenti il rapporto rischia di spegnersi, come in amore.

Che tipo di live act sarà quello degli Amor Fou?
Avrà sicuramente un’intensità diversa rispetto al disco, sarebbe facile dire ‘più rock’, ma sicuramente, vista anche la presenza di una chitarra in più, metterà in risalto la dinamica dei brani, soprattutto quelli a cui sul disco abbiamo preferito dare un arrangiamento più morbido e sofisticato.

Dove può arrivare un disco indipendente oggi in Italia?
Un disco deve sempre arrivare al cuore e alla testa di chi lo ascolta. Il mercato non ha più punti di riferimento né certezze assolute. A fare fede è solo la serietà e l’onestà di chi produce musica. Nonostante tante prove a sfavore di questa tesi continuo a pensare che il tempo sia galantuomo. Indipendenti o meno, con un mix di fortuna, talento e costanza, si può arrivare ovunque. Purchè non si abbia l’ossessione di farlo in tre mesi.

 Pierluigi Lucadei

Cultura e Spettacoli

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