Nuovo allarme sulla sicurezza alimentare: i cartoni delle pizze rilasciano sostanze tossiche
A chi di noi acquistando una pizza da portare a casa non è capitato, mettendosi a tavola e aprendo il cartone, di sentire un odore “strano” o di accorgersi che la pizza aveva uno sgradevole retrogusto? A causare quelle che in termini tecnici si chiamano “molestia olfattiva” e “molestia gustativa” sono delle sostanze usate illegalmente per trattare le confezioni per la pizza d’asporto. Secondo gli esperti le sostanze nocive derivano da collanti e sbiancanti usati per far assomigliare la carta riciclata a quella “vergine”. La legge italiana, infatti, impone che gli imballaggi per gli alimenti umidi debbano essere rigorosamente di cellulosa non riciclata. L’allarme è stato lanciato qualche mese fa dal laboratorio Lab Analysis di Pavia e poi confermato dai test del laboratorio di Ricerche analitiche alimenti e ambiente dell’Università di Milano. Il laboratorio di Pavia ha compiuto dei test su campioni di cartoni per pizze prodotti da quattro fabbriche diverse. Le analisi hanno dimostrato che i cartoni sottoposti ad una corrente di calore, simulando le condizioni in cui si trova la scatola quando viene a contatto con la pizza appena sfornata, rilasciano sull’alimento fenoli, benzene, ftalati e naftalene. Tutte sostanze il cui utilizzo è regolamentato da rigide leggi e che non devono venire mai a contatto con gli alimenti. Ma non basta. I test compiuti dall’Università di Milano hanno riscontrato sui contenitori anche la presenza di di-isobutilftalato in misura preponderante rispetto a tutti gli altri componenti della frazione volatile già a 60 gradi. Si tratta di un plasticizzante che l’Unione Europea vieta di usare su tutti gli oggetti di largo consumo, ultimi i cosmetici, per la sua possibile tossicità. Giuliano Bressa, docente di Tossicologia ambientale all’Università di Padova, intervistato sui rischi del plasticizzante sostiene che “ Gli studi hanno dimostrato che grandi quantitativi di di-isobutilftalato possono limitare l’accrescimento del feto nelle donne in gravidanza. In generale si tratta di una sostanza tossica, anche se la sua pericolosità dipende dal tempo di contatto tra la pizza e la scatola e dalla frequenza di consumo del prodotto”. Per verificare, dunque, se la presenza di queste sostanze che alterano l’odore e il sapore della pizza ma anche le sue qualità organolettiche, possa essere dannosa per la salute, bisogna studiare con attenzione le quantità rintracciate e confrontarle con i limiti fissati dall’Unione Europea. Colpisce come finora nessuno abbia ritenuto opportuno verificare l’innocuità dei contenitori anche se dal 22 febbraio la ricerca del laboratorio dell’Università di Milano è di dominio pubblico.
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