Heavy Trash @ Flog, Firenze 15 dicembre 2006
Per una sera la Flog si trasforma nel CBGB’S di New York. Merito di Jon Spencer, sì, he got the power. Come sempre, he got the power. Atmosfera insalubre, stono generale, il più sporco e geniale apostolo del rock’n’roll mai apparso sul pianeta che col suo show cavalca la furia di una depravazione travolgente. Il nome è nuovo, Heavy Trash, diviso a metà col vecchio amico Matt Verta-Ray, il demone è lo stesso. Jon, da sempre impegnato a decostruire il rock, sin da quando, con i Pussy Galore, ha spogliato a tal punto il verbo di Elvis da farne intravedere le ossa, ruggisce stavolta un impasto rockabilly da lasciare esterrefatti. Violenza, sesso, morte, omidici, la musica che arriva dal palco è così buia che potrebbe far da colonna sonora ad un romanzo di Jim Thompson. Jon ulula e si contorce, strapazza la sua chitarrina folk, fa del male all’udito, giura che nessuno come le figure sudicie dei suoi blues è capace di portarsi sulle spalle tutto il marcio del mondo. Si finge morto, si butta a terra e fortuna vuole che il contrabbassista della band accorra a gettargli il suo strumento in testa, perché iniziava a serpeggiare un po’ di paura, l’interpretazione è magistrale. Un animale selvatico, Jon Spencer, capace di far impallidire gran parte degli imbonitori del circolo underground. Un riciclatore di riff e di storie, un frullato di primitività. Riceve urla di approvazione anche quando si avventa su un ragazzo della seconda fila e gli porta via la videocamera. Tra il pubblico c’è un Piero Pelù agghindato come ai bei tempi, i capelli sparati alla giovane new wave e un cappottone dark d’annata. Lo vedo stropicciarsi gli occhi quando Jon si butta in mezzo agli spettatori e si lascia portare sulle spalle come un messia mentre perora la causa dell’evangelizzazione rock’n’roll. Risalito sul palco, non si trova a suo agio e dopo un’altra canzone si ributta nella mischia, barcolla fino al mixer, dove cerca di attaccare una tastierina e di farci uscire dei suoni stridenti. Ladies and gentlemen, he got the blues, the blues is number one. I bis durano quasi più del concerto, Jon sembra non voler più smettere stasera, suona fino alle 2 di notte, he got the power. Dal pubblico continuano ad arrivare bombe kingsize, lui aspira e ringrazia: «good joint!» La cosa assurda è che il club non è neanche sold out, eppure Jon ha proprio ragione, che te ne fai della videocamera? Semplicemente, è una serata in cui l’importante è esserci, ed esserci è tutto. Chi si ricorderà dell’ultima moda dopo aver visto distrutto e rimesso in piedi nella forma più storta possibile il mito del rock’n’roll? Pussy Galore Þ Heavy Trash: sono passati venti anni e Jon Spencer è ancora il Re di New York.
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