“Mamma mia!” di Phyllida Lloyd
Palesemente ispirato e basato sulle hit musicali degli Abba, gruppo svedese che imperversò a cavallo fra gli anni ’70 e ’80 mietendo plurimi successi e tormentoni, “Mamma mia!” è un film che si colloca perfettamente a metà fra la commedia romantica ed il musical, prodotto cinematografico tanto in voga di recente ad Hollywood dopo un lungo periodo di appannamento, basti pensare agli acclamati capolavori “Moulin Rouge” e “Chicago”. “Mamma mia!”, avvalendosi di un cast strepitoso e ben amalgamato sul grande schermo (fra gli altri Pierce Brosnan,Colin Firth, Stellan Skarsgaard, Amanda Seyfried e Dominic Cooper), capitanato dalla eccezionale e sempre più poliedrica Meryl Streep, vera ed incontrastata libertina dancing queen della pellicola, racconta l’animata vigilia del matrimonio della giovane Sophie (Amanda Seyfried) con Sky, che all’insaputa della madre Donna (Meryl Streep), fa pervenire sull’incantevole isola greca di Kalokairi i tre protagonisti maschili, ossessionata dalla voglia di scoprire la vera identità di un padre mai conosciuto e da ricercare in questi tre amori giovanili della madre, una Meryl Streep molto convincente (non a caso considerata la vera favorita nella corsa all’oscar 2009 con il film “Doubt”) che praticava il sesso e l’amore libero ieri (in pieno stile figli dei fiori) e che si ritrova ad essere oggi una donna indipendente e piena di energie ma fondamentalmente sola alla prese con la gestione di un piccolo hotel. In un tripudio di colori ed atmosfere che richiamano con maestria gli anni ’60, trattando con simpatia il tema della rivoluzione sessuale, “Mamma mia!” risulta sicuramente un film corale e divertente che però, nonostante il clamore e l’attesa per l’uscita mondiale non è stato assolutamente risparmiato dalla critica, che lo ha reputato un film esclusivamente per un pubblico ristretto di appassionati del genere (dimenticando forse l’effetto nostalgia che il film può generare…), andando anche incontro ad un parziale insuccesso al box office statunitense che in pochi avrebbero pronosticato. Anche se la colonna sonora è davvero trascinante e la cornice del film è incantevole ed amena, il film ci lascia in effetti un senso di incompiuto, evidente per la semplicità narrativa che lo caratterizza, generando la viva sensazione che un progetto tanto inseguito negli anni avrebbe potuto regalare qualcosa in più, creando magari una trama più complessa e non solamente una storiella da rivista patinata, assegnandone magari la regia ad un nome più prestigioso e di richiamo invece della seppur brava regista teatrale Phyllida Lloyd, e non incanalando le proprie forze esclusivamente nella comunicazione e nel marketing, capaci di decretare in maniera decisiva i successi (e gli insuccessi) del cinema contemporaneo, ma non sufficienti a fare tutto ciò se sprovvisti di un valido prodotto da proporre.
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