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“Risorse umane” (Neri Pozza Bloom, 2008 - 166 pagine; 14 €) |
Antonio Ortuño “Risorse umane”
Ecco un autore talentuoso e spregiudicato, una storia velenosa e attuale, ecco un romanzo fulminante. “Risorse umane” è narrato in prima persona da Gabriel Lynch, quasi-trentenne messicano impiegato in una ditta di grafica e stampa. Un impiegato modello in superficie, un ‘sovversivo su scala personale’ nel recondito della propria malvagità. ‘Questa è la storia del mio odio’ non si stanca di ripetere e non è una panzana: fiumi di odio sono lanciati a inondare e distruggere la vita di molti che gli sono attorno. Gabrielito vive la propria vita come un unico atto dolo(ro)so, dunque non c’è da meravigliarsi se, per riscattare le origini umili e la povertà che non gli permette abiti di sartoria e cene in ristoranti come si deve, dà fuoco alla macchina del proprio superiore, Sua Mediocrità Constantino, figlio di papà incapace di risolvere il minimo problema ma con il paracadute sempre pronto quando il capriccio si trasforma in danno. Gabrielito è meschino, vendicatore, pieno di fiele e di risentimento. Attacca subdolamente, non dà nell’occhio, nessuno si accorge delle sue trame, nessuno tranne Verónica, cognata di Constantino e amante di Gabrielito per un breve periodo, lei sì capace di mettere fuori uso parecchi nemici seguendo i consigli di un manuale del perfetto guerrigliero e preparando una devastante bomba ai chiodi. La compagnia in cui lavora nel migliore dei casi somiglia ad un far-west, nel peggiore ad un inferno dantesco. La compagnia sembra tenuta in piedi da uomini che stanno lì per essere buttati a terra e Gabrielito è pronto: spodestati prima Constantino poi il vice Paruro, la sua ascesa non è che appena iniziata. Ortuño ti attacca alla pagina e ti porta con Gabrielito verso la fine della scala. Un po’ Efraim Medina Reyes e un po’ Bret Easton Ellis, lo scrittore messicano (è nato a Guadalajara nel 1976) ha le carte in regole per diventare una star della nuova letteratura sudamericana, quella che sputa in faccia ai maestri, che abbiano nomi altisonanti come Garcia Marquez o Vargas Llosa non conta, e dal disprezzo traggono la forza per le loro irresistibili invettive. L’anno scorso con “Risorse umane” è stato finalista al XXV Premio Herralde de novela.
«Le conquiste mancate, la sfilza infinita di donne con cui avrei voluto fidanzarmi, lasciarmi andare a un lungo bacio o almeno a una bella nottata di sesso sporco, hanno ancora, ricordandole, il potere di mettermi in agitazione. Ho parlato di infanzia, rancori, ideologie e ho dimenticato che, tirate le somme, un uomo, nudo come un verme, è solo lo sputo lanciato dalle donne che non l’hanno voluto.»
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 15 Nov 2008 alle 17:50 |
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