di Lucio Garofalo
06/01/2008 - Leggendo le parole di profonda e (visto il suo nome battesimale) sincera amarezza pronunciate dalla senatrice Franca Rame, la quale minaccia di dimettersi dal suo incarico istituzionale per ri-affermare (un pò in ritardo, forse) la propria coerenza ed onestà morale, intellettuale e politica, sorge spontaneo un interrogativo: ma davvero queste anime candide e pie pensavano di cambiare l'apparato del potere vigente, operando al suo interno, come si suol dire? Ma bisogna coltivare un'ingenuità sconfinata per illudersi fino a tal punto! Infatti, oltre a Franca Rame altri parlamentari (ossia Salvatore Cannavò, Franco Turigliatto, Fernando Rossi, l'ex disobbediente Francesco Caruso, Willer Bordon, Mauro Bulgarelli) hanno ammesso di essere delusi dal governo e perciò negheranno il loro voto favorevole al premier. Comunque, ne è occorso di tempo per prendere finalmente atto di una verità talmente evidente da far impallidire lo stesso Monsieur De Lapalisse, almeno per chi già molto prima della vittoria elettorale dell’Unione aveva previsto quanto sarebbe accaduto. Non grazie a straordinarie virtù profetiche, ma semplicemente perchè tutti i segnali e le vicende antecedenti lasciavano presagire il delinearsi di una condizione di inevitabile debolezza e subalternità della "sinistra" rispetto ai settori più retrivi e moderati della compagine governativa, ossia agli interessi predominanti di un coacervo di poteri parassitari formati da settori industrialdecotti, bancarottieri e speculatori finanziari, coalizzati con le forze più avide, egoiste e pericolose del sistema politico-economico italiano. Tuttavia, ancorché rinsavite, tali anime "resipiscenti" (di "sinistri" piuttosto "tardoni") dovrebbero pur decidersi: o fanno i poeti o fanno i politici. Le due cose sono purtroppo incompatibili, almeno nell'attuale sistema politico in cui la passione e gli ideali (a maggior ragione la sensibilità poetica, se c'è) sono divorati dal cinismo più sfrenato, dall'opportunismo e dal carrierismo più spregiudicato. Persino dal punto di vista democratico-borghese, tale realtà è assunta come un assioma di un'evidenza inoppugnabile. E' ormai sempre più tangibile il processo di corruzione e degenerazione del concetto e dell'assetto della democrazia liberal-borghese nel nostro paese. La democrazia dovrebbe essere soprattutto partecipazione popolare ai processi decisionali, mediante l'esercizio del voto e il ricorso ad altri canali di controllo, di espressione e di opposizione (se ci sono e se funzionano!), ma è anche possibilità di un'alternativa e di una trasformazione concreta del potere e della società, che è il presupposto essenziale e indispensabile per costruire una società effettivamente libera e democratica, equa e progredita, cioé per superare i limiti e le contraddizioni reali, le iniquità e le sperequazioni materiali, che caratterizzano l'odierno assetto economico-politico e sociale borghese. Questo è sempre stato uno dei traguardi più ambiziosi della sinistra democratica e progressista, quindi anche delle forze comuniste e antagoniste inclini alla lotta di classe per la fuoriuscita dall'attuale quadro storico dominato dal peggiore capitalismo bancario e finanziario. Purtroppo, il principale problema della sinistra, intesa come sinistra di classe ed anticapitalista, è sempre stato costituito più dal nemico interno che da quello esterno, più dagli opportunisti e dai rinnegati che si annidano tra le sue fila, dai sedicenti "compagni" infiltrati tra i suoi quadri dirigenti, che si impongono e si riproducono in modo stalinista e verticista, diciamo pure fascista, censurando, reprimendo e perseguitando chi tenta di esporsi e di lottare per l'affermazione delle giuste cause dei proletari e delle masse popolari oppresse e sfruttate nel mondo. Il vero nemico sono i falsi compagni, coloro che si appigliano ad un cavillo burocratico per impedire e soffocare la crescita e l'avanzamento di un movimento schierato dalla parte degli operai e dei lavoratori. Il vero nemico è chi parla di regole ma le applica rigorosamente solo agli altri, che in nome di un presunto diritto, lo esercita e lo avoca solo per sé, negandolo agli altri.Inoltre, la sinistra odierna non deve adoperarsi esclusivamente per i privilegi riservati agli abitanti della sua nazione, ma deve adottare altre priorità, ossia le esigenze prioritarie legate alla sopravvivenza quotidiana degli esseri umani che popolano l'intero pianeta e alla sopravvivenza del pianeta stesso e delle principali specie viventi che lo abitano. La sinistra, e chi professa di appartenervi, non è onesta fino in fondo se si preoccupa e s'ingegna solo al servizio degli interessi dei lavoratori italiani o europei (benché attualmente non assolva nemmeno tale ruolo), ad esempio a vantaggio degli incrementi salariali destinati agli operai del nostro paese, dei diritti o delle franchigie degli impiegati statali, sul fronte delle liquidazioni, della previdenza sociale e della sanità pubblica, e via discorrendo, mentre nel mondo oltre 35.000 persone muoiono di fame ogni giorno, mentre oltre un miliardo di individui versa nello stato di povertà più estrema, mentre in vaste regioni dell'Africa si muore di malaria, di morbillo o altre malattie infettive (da noi totalmente debellate) che con pochi euro si possono guarire! Una vera forza di sinistra deve battersi per tali doveri prioritari e abbandonare gli interessi meschini ed egoistici di una società occidentale che in effetti è la causa principale dell'estrema povertà diffusa in tante parti del mondo. Il compito storico dei proletari e dei rivoluzionari che vivono nelle società occidentali, che ogni giorno hanno colazione pranzo e cena assicurati, è quello di schierarsi dalla parte dei veri poveri e costringere le società più opulente e consumiste a condividere e redistribuire equamente le risorse planetarie, a non depredare le ricchezze altrui, per impostare una giustizia sociale globale. Le sinistre del terzo millennio devono prodigarsi e lottare per un mondo più equo e "pulito", in senso sia ecologico che morale, per attuare progetti di solidarietà e di giustizia sociale su scala mondiale. Se non si risolve a realizzare tali obiettivi indubbiamente rivoluzionari e destabilizzanti dal punto di vista delle ricche società occidentali, se non dimostra simili intenti e requisiti, la sinistra vale nulla, rinnega semplicemente se stessa, limitandosi a difendere e conservare solo le meschinità e le vanità personali inseguite da politicanti arrivisti e traffichini, da falsi proletari che in effetti invidiano i ricchi e si disinteressano altamente di coloro che, a poche ore di distanza con un semplice viaggio aereo, non sanno se giungeranno vivi al tramonto. Pertanto, l'ispirazione della sinistra deve aggiornarsi e rinnovarsi esattamente nella direzione finora auspicata. Ma anche su tale versante, purtroppo, l'attuale "sinistra", quella con ambizioni (anzi, sarebbe più appropriato dire "velleità") di governo, ha fallito rovinosamente, avendo tradito le speranze e le aspettative di migliaia di veri ed onesti pacifisti, di attivisti impegnati in numerose vertenze in funzione antimperialista. Inoltre, rammento che la sinistra, quella autentica, la sinistra realmente rivoluzionaria, nacque con una vocazione storica profondamente internazionalista. Il celebre slogan formulato da Marx ed Engels "Proletari di tutto il mondo, unitevi" presuppone e reclama esattamente il principio prima enunciato. Una vocazione terzomondista che occorre riscoprire e rilanciare se non si vuole affossare l'idea stessa, i valori peculiari e le prerogative storiche della Sinistra militante con la S maiuscola.Infine, la sinistra dovrebbe riscoprire e riaffermare con forza un altro argomento di grande attualità in tempi bui e tristi come quelli che viviamo, in cui si continua a morire tragicamente in fabbrica. Mi riferisco all'analisi marxiana che rivela come il filo conduttore, l'elemento costante e ricorrente nella storia, dall'antichità sino ad oggi, debba essere rinvenuto nell'asservimento e nello sfruttamento del lavoratore sociale: lo schiavo nel mondo antico, il servo della gleba nella società medievale e l'operaio salariato dell'età moderna risultano tre differenti versioni della medesima figura del lavoratore asservito, ugualmente costretto - benché in forme diverse - a travagliare a beneficio di una ristretta minoranza composta da avidi e voraci sfruttatori del genere umano. Rileggendo e riscoprendo l'opera di Marx, sgombra da ogni incrostazione dogmatica, è possibile appurare come anche nella società moderna sopravviva una determinata forma di schiavitù, dai contorni quasi impercettibili: la "schiavitù salariata" degli operai che, essendo privi di ogni mezzo di produzione, sono costretti ad alienare la propria forza-lavoro e a (s)vendersi quotidianamente. Solo con l'abolizione dell'asservimento salariale e il superamento del modo di produzione capitalistico, sospeso in una sorta di "limbo" storico soggiogato dallo sfruttamento, l'intera umanità sarà in grado di proiettarsi verso un orizzonte di autentica libertà, riscatto e progresso generale.
Lucio Garofalo
Se durassimo in eterno
Tutto cambierebbe
Dato che siamo mortali
Molto rimane come prima.
(Bertold Brecht)