“Chiedi alla polvere”: speciale John Fante
di Pierluigi Lucadei
Tra i tanti meriti di Charles Bukowski c’è anche quello di aver dato un fondamentale contributo alla riscoperta di un autore di prima grandezza - caduto in disgrazia dopo alcuni anni di successo: John Fante. Era la fine degli anni Settanta quando Buk, nel suo romanzo Donne, parlava di Fante come del miglior scrittore che avesse mai letto. L’editore Black Sparrow colse l’occasione al volo e ristampò Chiedi alla polvere, il romanzo più noto di Fante, con una struggente prefazione di Bukowski. Per John Fante fu la scintilla di una nuova notorietà, in un periodo della sua vita non proprio felice. Il diabete di cui soffriva già dagli anni Cinquanta lo aveva portato all’immobilità (in seguito all’amputazione delle gambe) e alla cecità. Fante però aveva trovato il modo di tornare, dopo 25 anni, alla scrittura di un romanzo, La confraternita del Chianti, subito opzionato da Robert Towne con l’idea di farne un film firmato Francis Ford Coppola. Il progetto naufragò ma Towne promise a Fante di realizzare un film da Chiedi alla polvere e proprio quest’anno ha mantenuto fede al suo impegno. Il film, nelle sale in queste settimane, è diretto dallo stesso Towne, intepretato da Colin Farrell e Salma Hayek. Dopo La confraternita del Chianti Fante trovò il tempo di scrivere un ultimo romanzo, Sogni di Bunker Hill, dettato alla moglie nella loro casa di Malibu, prima di morire nel 1983. Ma chi è John Fante? Nato l’8 aprile 1909 a Denver (Colorado) da una famiglia di origine abruzzese, Fante è un narratore che sin dal suo esordio con Aspetta primavera Bandini si inserisce nel solco di grandi narratori americani come London o Hemingway. Straordinario cantore del meticciato losangelino, conosce il maggior successo in vita dopo la pubblicazione dei romanzi Chiedi alla polvere e Full Of Life, da cui viene anche tratto un fortunato film. Poi il declino, fino a che Bukowski non scopre i suoi romanzi in una biblioteca comunale e se ne innamora. Da allora e, in modo particolare dopo la morte di Fante, che aveva lasciato numerosi inediti, la grandezza dell’autore è stata finalmente riconosciuta. In Italia Fante è stato pubblicato per la prima volta, e non poteva essere altrimenti, da Elio Vittorini ma ha conosciuto il vero successo soltanto negli anni Novanta, quando è stato riportato in libreria dagli editori Marcos y Marcos e Fazi. E Bandini? Chi è Arturo Bandini? Quattro romanzi di Fante hanno per protagonista questo squattrinato scrittore in attesa di una notorietà e di un riconoscimento del proprio talento che faticano ad arrivare: Aspetta primavera Bandini, Chiedi alla polvere, La strada per Los Angeles, Sogni di Bunker Hill. Bandini è in tutto e per tutto l’alter ego di Fante, è il figlio di immigrati italiani destinato alla sconfitta sistematica. Animato dal furore di Nietzsche e Spengler, Bandini è diventato, insieme all’Eden di London, il simbolo dell’aspirante scrittore, delle sue frustrazioni, della bile costretta ad ingoiare davanti ai ripetuti rifiuti. I rifiuti non si limitano agli editori, ci sono di mezzo anche le donne, è chiaro. Chi ha letto Chiedi alla polvere avrà sicuramente ben impressa in mente la figura di Camilla Lopez, la cameriera di origini messicane di cui Bandini si innamora. La Camilla della fiction è in realtà un personaggio ispirato da una donna reale, Mary Baray, ragazza messicana che nella vita di Fante fu importante a tal punto che nei mesi scorsi, durante un incontro per il film su Chiedi alla polvere, Joyce Mart, la moglie dello scrittore, incontrando Salma Hayek che nel film interpreta Camilla, non le ha rivolto altra frase all’infuori di un categorico «Ti odio!».
Il film: “Chiedi alla polvere” di Robert Towne – con Colin Farrell, Salma Hayek, Donald Sutherland, Idina Menzel; montaggio di Robert K. Lambert; musiche di Heitor Pereira e Ramin Djawadi; fotografia di Caleb Deschanel; sceneggiatura di Robert Towne; regia di Robert Towne
Un film tratto da Chiedi alla polvere? Se mi mettessi a cercare non troverei un solo lettore fantiano che non abbia storto il naso alla notizia delle riprese del film di Robert Towne. Perché Chiedi alla polvere è qualcosa di sacro per il lettore fantiano, dentro c’è il Bandini più vivido, quello che si è fissato nell’immaginario collettivo in maniera indelebile, il più frustrato, reietto, il Bandini per antonomasia. Eppure, eppure. Il discorso non vale solo per Fante, qualsiasi grande romanzo non gradisce (non merita?) di essere adattato al grande schermo. Per lo meno non letteralmente. E, a conti fatti, a Chiedi alla polvere non è andata male. Innanzitutto perché il progetto è stato fortemente voluto e realizzato da Robert Towne – e non da uno di quei registi rampanti che Hollywood ama, lì sì sarebbero stati guai. Towne è stato sceneggiatore per Polanski nel capolavoro Chinatown (di recente inserito al terzo posto in una speciale classifica per i cento migliori script di tutti i tempi) e ha conosciuto personalmente Fante. Forse nessuno meglio di lui poteva prendere in mano Chiedi alla polvere e costruire un lungometraggio dal sapore classico, con una cura maniacale per la scenografia, le luci e la fotografia, che colorano una California torrida e piena di contraddizioni, una terra promessa che, negli anni Trenta, aveva già mostrato le sue crepe. Towne ha avuto modestia e rispetto sufficienti per non operare una trasposizione letterale, ha lavorato pensando a quello che un film di due ore era in grado di contenere. Non un romanzo intero, di sicuro, ma una parte di esso sì. Così ecco che l’attenzione della macchina da presa fa fuoco sui corpi degli antieroi Arturo e Camilla, vero e proprio fulcro attorno al quale ruota lo script, cosa che non succede nel romanzo, dove la storia d’amore viene resa marginale dall’ego di Arturo, che si pone al centro della scena dall’inizio alla fine senza intenzione alcuna di farsi da parte. In tal senso, il film di Towne impoverisce soprattutto il personaggio Bandini. Se Salma Hayek è brava e intensa e la sua Camilla prende corpo sin da subito con pose altere ed orgogliose degne del personaggio letterario, la pur pregevole interpretazione di Colin Farrell non rende giustizia all’animo frustrato e desideroso di fama del Bandini fantiano. L’Arturo Bandini che avevamo sempre immaginato aveva un più tenero sguardo segreto sulle cose e una lingua, se possibile, ancora più biforcuta. Farrell fa suo il personaggio privandolo di un’unicità subito riconoscibile, donandogli una fisicità smaccata che finisce per renderlo simile ad altri personaggi del grande schermo. Ciononostante è apprezzabile la passione che Farrell dispensa per la causa, che è anche la sua causa, visto che lui è un fantiano doc e Chiedi alla polvere è un romanzo che ha letto decine di volte. Ma dicevamo delle scelte di regia. Privilegiando il burrascoso rapporto tra Arturo e Camilla, il regista lascia consapevolmente in secondo piano aspetti del romanzo che avrebbero appesantito il tutto. E anche alcune immagini tratteggiate magnificamente da Fante restano qui in sospeso o, più semplicemente, mancano del tutto: ci riferiamo all’episodio drammatico del terremoto di Long Beach, che occupa non più di tre minuti di pellicola, e alla scena di Sammy e dei suoi amici drogati nel deserto, che Towne evita così come evita ogni ostentazione di facile maledettismo. Ci sono invece – Towne non le ha edulcorate, anzi – le invidie razziali che si interpongono tra i cuori di Arturo, mangiaspaghetti di famiglia italiana, e di Camilla, umile cameriera messicana, e tra loro e la città di Los Angeles, immensa, bellissima, ma anche lontana, ostile ed inafferrabile.
Bibliografia di John Fante: Wait Until Spring Bandini, 1938 (“Aspetta primavera Bandini”) Ask The Dust, 1939 (“Chiedi alla polvere”) Dago Red, 1940 (“Dago Red”) Full Of Life, 1952 (“Full Of Life”) The Brotherwood Of The Grape, 1977 (“La confraternita del Chianti”) Dreams Of Bunker Hill, 1982 (“Sogni di Bunker Hill”) 1933 Was A Bad Year, 1985 (“Un anno terribile”) The Wine Of Youth: Selected Stories, 1985 (“Il Dio di mio padre”) West Of Rome, 1986 (“A ovest di Roma”) The Big Hunter: Stories 1932-1959, 2000 (“La grande fame”)
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