L’Italia del lavoro nero e dei caporali
Lavorare per tre euro, senza contratti, senza formazione, senza sicurezza, senza tutele di alcun tipo. È possibile anche da noi, nelle nostre piazze, nei nostri cantieri. Lo raccontano le inchieste e un libro di Paolo Berizzi che questa realtà ha scelto di viverla per poi raccontarla dall’interno.
«A un certo punto mi assale l’angoscia dell’infortunio: non mi mollerà più. La paura di finire schiacciato sotto un blocco di tavole di ferro, quelle imbracate da una corda consunta che dal cortile vedo piombare giù dal sesto piano del ponteggio, e se perdi l’attimo, o ti distrai, o se una di quelle lastre si ribella alla morsa del moschettone, rimani sotto. Il terrore di venire travolto da una betoniera. Stritolato da un cavo d’acciaio. Che le braccia cedano, o semplicemente di scivolare dall’impalcatura dove mi fanno arrampicare anche se sono nuovo del mestiere.» «Ti reclutano all’alba e ti scaricano nei cantieri dove rischi la vita per pochi euro, e se ti fai male o muori ti lasciano lì in strada. Mai visto, mai conosciuto. Nemmeno al pronto soccorso puoi andare. Altrimenti metti nei guai il tuo padrone. E perdi il posto.»
LA VIDEOINTERVISTA
1. Paolo Berizzi presenta Morte a 3 euro
2. Perché Morte a 3 euro, Paolo Berizzi
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4. Perché il lavoro nero