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Manifestazione contro la 133 a Firenze (foto di Nina Shiva Shirakbari)

Gli studenti, meno male!

di Pierluigi Lucadei

Meno male che ci sono gli studenti. Università e licei occupati per non far parte del silenzio imbarazzante di chi dovrebbe alzare la voce e invece non fiata nemmeno. E’ una cosa tristissima ma allo stesso tempo lampante: l’opposizione nel nostro Paese è diventato un corpo sfiduciato, sfibrato, nei fatti morto. Con un confronto dialettico ridotto a zero, chi ci governa – già di per sé non scevro da deliri di onnipotenza – crede che l’aver vinto le elezioni, l’aver messo insieme la preferenza della stragrande maggioranza delle persone andate a votare la scorsa primavera, l’aver stracciato alle urne l’avversario, faccia rima col poter fare quello che gli pare. Chi ci governa, palesemente ignorante sui cardini della democrazia, si domanda perché, una volta divenuto premier, porre limiti alla propria grandezza. Sarà una poco ortodossa visione del vivere civile ma funziona proprio in questo modo nella nostra Repubblica: c’è chi vince e ci sono i sudditi. E si giustificano così il doppiopetto da timoniere e la chioma posticcia da bambolotto di gomma, il continuo sfottere minacciare aggredire.
Che ieri chi ci governa abbia invocato la necessità di mandare la polizia nelle università occupate ha significato un rapido montare di preoccupazione nel Paese. Fondato o meno è ancora presto per dirlo. Di sicuro è ancora sanguinante la ferita del luglio 2001, di quel G8 a Genova prima del quale si erano sentiti proclami simili e invocazioni all’ordine simili. Che poi oggi chi ci governa abbia fatto retromarcia è parte dell’ormai consolidata tattica: affermazione-negazione-rettifica. Come uno schema per arrivare a rete di un qualsiasi trio brasiliano di una squadra di serie A a caso con le maglie rossonere. E’ la strategia terroristico-comunicativa che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. Perché ci ostiniamo a non voler pensare a chi ci governa come allo scemo del villaggio costretto puntualmente a rimangiarsi il giorno dopo quanto affermato il giorno prima. Funziona così: il giorno prima si afferma in modo deciso, si butta la pietra, intanto la si butta là e si vede quel che succede. Se nessuno si lamenta tanto meglio, se l’opposizione sbraita… l’opposizione non sbraita, se il popolo sbraita si nega, ché sono i giornali che come al solito travisano la realtà, poi si ritratta, si rimettono le cose a posto, si placano gli animi.
Nessun telegiornale ha rimandato oggi in onda le parole di ieri di chi ci governa, tanto per dimostrare che nessuno aveva frainteso, che le parole erano più che chiare, oltretutto pronunciate col busto tutto proteso in avanti, come ad intimidire già a partire dal proprio metro e cinquantacinque. Solo Santoro, nei primi minuti di Anno Zero, ha ritrasmesso i trenta secondi integrali. Perché anche molti giornalisti si comportano da sudditi.
E allora ben vengano gli studenti. Va benissimo che l’opposizione riparta da loro. Nessun incidente finora, solo la voglia di non essere sudditi già a vent’anni, di non negarsi la possibilità di studio, di non svilire le proprie giornate guardando la moglie di Costanzo che mostra storie di coglioni abbronzati che limonano per finta sciaquine da scarico. Gli studenti fanno sentire la propria voce. E nevvero non solo quelli di sinistra. E ci mancherebbe solo che chi governa mandi la polizia a fermarli. Gli studenti sono i soggetti quando si parla di scuola. Sono i protagonisti assoluti, ancora e più di ricercatori, assistenti, professori, presidi e rettori. Partire da loro per arrivare ai rettori, a quanti più rettori possibile per fare opposizione al posto di chi tace è quanto auspicano.
Avviso ai naviganti: nessun incidente, nessuno scontro, niente che giustifichi la piccata voglia di rappresaglia di chi ci governa. Non c’è proprio da aver paura della naturale spinta a volerlo pubblico, pubblico e per tutti il diritto all’istruzione.

 Pierluigi Lucadei

Editoriali

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