di Piero Giorgio Camaioni
In questi giorni – ci si mettono anche le mareggiate – si riparla di scogliere.
Fino a quarant’anni fa chi le conosceva, gli unici massi-scogli erano quelli del molo. La spiaggia coi suoi bravi chalettini ben distanziati, il fresco lungomare all’italiana con le luci a giraffa, i primordiali ombrelloni di pezza, le sdraio di legno…non dovevano temere alcunché.
Alle mareggiate – neanche tanto rare – ci si divertiva. L’”emergenza” si risolveva arretrando di qualche dieci metri la schiera dei mosconi, e si smetteva di giocare a tamburelli, per il vento.
Onde potenti e pulite. Schiuma bianca. Nessuno chiedeva lo stato di calamità.
D’inverno il mare lo temevano solo i pescatori. Per noi terragnoli il “mare cattivo” era da guardare come uno spettacolo, respirando a pieni polmoni. La sabbia dura e sgombra. Ci correvi in bici su e giù, una delizia giocarci a pallone.
Era lo stesso mare di oggi, solo più basso di una ventina di centimetri.
Poi ci siamo evoluti.
La mutazione genetica del lungomare: chalet ingrassati e fortificati come banche; ombrelloni barocchi; tecnologici lettini di contenzione; ristoranti, bar, pizzerie, salegiochi, campi di volley, bocce, piscine, discoteche di liscio, palestre, massaggi, spinning, mercatini d’antico napoletano, artigianato cinese, gazebo. E musica – musica – musica. Sulla sabbia pedane e cemento e muri e vetro e plexiglass e decori e recinti e barriere e insegne e pali e ringhiere e frigoriferi e condizionatori e motorini e cassonetti bianchi gialli blu e altoparlanti e divani e altalene e giochi per i bimbi. Pubblicità. Televisioni. Quanti soldi sono arrivati.
Disneyland estiva chiassosa disordinata inquinante invadente deturpante. Ma redditizia. Chilometrico ripostiglio d’inverno, orrore di reti, fili spinati, tavole, cancelli, catene, lamiere ondulate, sacchi-immondizia neri.
Il mare chi lo vede più [parola di Confesercenti e ITB, per l’occasione senza le fette di salame sugli occhi]. Per ri-vederlo, nel Nuovo Piano Spiaggia di San Benedetto pregustano delle fessure sulla muraglia di chalet, che per “premio” si espanderanno ancora verso riva e verso l’alto. Tanto ci sono le scogliere, anzi facciamone di più. Più lunghe, più alte, più robuste (in Olanda non hanno “inventato” le dighe?). Lavori perenni. Cifre da capogiro.
Tutto appena deciso all’unanimità, al Parco dei Principi, prima di scatenare la mareggiata.
Pare che il pollo-turista-di-mare questo oggi pretenda: strutture giganti luccicanti appariscenti ubriacanti. Orrendamente allettanti. E questo gli diamo.
Nessuno che rifletta che al mare gli abbiamo ormai rotto i coglioni. Che in 40 anni s’è dovuto alzare di 20 centimetri. Che non si fermerà solo perché gli tiriamo i massi… ‘Ste scogliere gli fanno un baffo. Come la costosissima e comica sabbia “da ripascimento”, che se la re-ingoia in uno gnam.
Possibile che - abbacinato da ghiotti finanziamenti - nessun amministratore, a qualsiasi livello, ragioni? Che non capisca che son soldi “buttati a mare”? Che fra un po’arriva anche da noi lo scemo di turno a proporci un MOSE ?
Si faccia piuttosto un passo indietro. Anzi tanti. Letteralmente.
Rinforzarle e risistemarle, le scogliere, ci tocca per forza. Per pararci il culo.
Ma i Nuovi Piani Spiaggia contemplino finalmente arretramenti, alleggerimenti, semplificazioni, delocalizzazioni. Dando bei “premi” a chi lo fa.
La bestemmia è finita andate in pace.
SAN BENEDETTO DEL TRONTO, 14.12.’08 PGC