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"Ivano Fossati. Il volatore" (Giunti, 2006) |
Andrea Scanzi “Ivano Fossati. Il volatore”
Non è facile raccontare i cinquantacinque anni di vita e i trentacinque di carriera di Ivano Fossati, ma assolutamente necessario. Lo sa bene Andrea Scanzi che, dopo tre anni di lavoro fatti di conversazioni, cene, concerti, ha scritto con tutta probabilità il testo definitivo sul Lindbergh della canzone d’autore italiana.
Il percorso artistico di Fossati è tutt’altro che lineare, piuttosto tortuoso, pieno di fughe, accelerazioni improvvise e sonori rallentamenti, duro come diamante, fatto di urti, spigoli, discanti, e tanti tantissimi voli. Il volatore ha coperto distanze impensabili con la sua arte. Le distanze che separano il musicista da balera delle prime esperienze dal cantautore grave degli anni Novanta; quelle che tengono agli opposti Canto di Osanna e Iubilaeum bolero. Molti di questi voli non sono stati indolori, hanno significato scelte coraggiose, hanno preteso che si abbandonasse la strada del successo non appena questo faceva capolino per perseguire un più alto destino artistico. Il volatore si è ritrovato così incatalogabile, niente di più lontano dai prodotti in serie della nostra discografia senza coraggio, solitario, commovente e bellissimo nel suo volo. In questo affine forse al maestro De Andrè, uno che era “sempre con le antenne dritte quando si trattava di scovare un collega che avesse idee musicali complementari” e che vide in Fossati la persona giusta con cui co-intestare quello che sarebbe stato il suo ultimo album. Tutti sanno come sono andate le cose. “Anime salve”, il disco della coppia De Andrè – Fossati, è uscito portando con sé un solo nome, quello di De Andrè, perché il volatore ha deciso, dopo aver composto a quattro mani testi e musiche dell’intero lavoro, di spiccare il salto e andare lontano, via da quella prospettiva etnica che De Andrè voleva per il disco e che lui riteneva superata. Per capire come Fossati avrebbe fatto “Anime salve” è utile l’ascolto di “Macramè” e “La disciplina della terra”, i suoi album più ermetici, rigorosi, con le liriche recitate; due album che forse hanno indotto a pensare cose non vere del loro autore, lasciando intravedere un Fossati intellettuale e cupo; due album importanti però perché il volatore potesse ritrovare la gioia del volo, appena qualche anno più tardi, nella quasi-spensieratezza di “Lampo viaggiatore” e “L’arcangelo”. Scanzi racconta il Fossati di ieri e di oggi con una scrittura mai didascalica, anzi elegante assai, a volte anche oltre le esigenze di una biografia musicale. Nel penultimo capitolo scatena la penna e spiega come anche il più grande ammiratore possa trovarsi in difficoltà se chiamato ad elencare i motivi per cui ama il volatore; poi naturalmente fa lui un tentativo e, in una grande pagina di giornalismo musicale, elenca uno dietro l’altro i suoi perché, “perché non sembra italiano… perché è un cercatore, perché è coerente, non integralista, perché non si è mai fermato, perché si mette in gioco… perché tra un bicchiere di neve e un caffè come si deve, la costruzione di un amore mescola il sangue col sudore, l’amore è tutto carte da decifrare, eccetera eccetera…”
Andrea Scanzi “Ivano Fossati. Il volatore” (Giunti, 2006) 290 pagine – 14,50 euro
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 29 Sep 2006 alle 17:41 |
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