I nostri ineffabili governanti/dipendenti, come giustamente li definisce Beppe Grillo nel suo blog, non solo ci mancano continuamente di rispetto offendendo la nostra intelligenza, ma violano il mandato elettorale che gli abbiamo assegnato (ma quando ci toglieremo il brutto vizio di andare a votare?) contravvenendo ad un patto siglato con chi li ha deputati in Parlamento.
Ormai è fin troppo chiaro che questi nuovi democristiani ci hanno elegantemente raggirato, sfruttando il nostro voto solo per scalare il potere, facendoci credere di salvare l'Italia e la povera democrazia italica dall'insidia costituita dal "cavaliere nero", che non è Zorro, il giustiziere dei poveri, bensì un bandito mascherato che vive ad Arcore e fa il giustiziere dei ricchi, ma soprattutto tutela e persegue i propri interessi di arcimiliardario.
Non certo in funzione antiberlusconiana, ma in chiave antioperaia ed anticomunista va interpretata e spiegata la caduta e la (finta) crisi del governo Prodi, avvenuta il giorno delle Ceneri, data di inizio della Quaresima. Ebbene, in questo dettaglio temporale, non casuale, io ravviso un segnale e un messaggio ben preciso proveniente dalla curia vaticana, alleatasi con i vertici confindustriali e l'establishment militare filoamericano.
Ho usato l'espressione "finta crisi" non per caso, né per errore, bensì perché si è trattato di un'imboscata tesa dai poteri forti (Vaticano, Confindustria, NATO) ai danni della cosiddetta "Sinistra radicale" presente nella coalizione filogovernativa, per indebolirla e marginalizzarla ulteriormente, così come puntualmente è accaduto. Infatti, i voti che hanno effettivamente determinato la messa in minoranza del governo nella seduta parlamentare del 21 febbraio scorso, non sono stati quelli dei due "dissidenti" che da tempo dichiaravano il proprio dissenso, e lo hanno formalmente ribadito nelle rituali dichiarazioni di voto rilasciate durante il dibattito in corso nell'aula di Palazzo Madama.
Invece, il tradimento decisivo è giunto inaspettatamente (?) da coloro, tra i senatori a vita, che avevano espresso la piena, incondizionata fedeltà e devozione al governo, ossia Andreotti, Cossiga e Pininfarina, tre noti esponenti della vecchia Democrazia cristiana e dei cosiddetti "poteri forti".
Ma i vecchi Dc hanno finalmente trovato i loro degni eredi in Parlamento. E che eredi! Si direbbe che gli allievi abbiano superato i maestri.
Non appena hanno preso le redini del governo, soprattutto grazie al nostro voto, i nuovi demo(ni)cristiani ci hanno ingannato e beffato, contraddicendo le promesse e gli accordi concessi in campagna elettorale. Fin qui nessuna novità rispetto al passato, si potrebbe osservare.
Per avere totalmente mano libera si sono inventati una ridicola e grottesca crisi governativa, servita in realtà a camuffare e propiziare un golpe istituzionale (una sorta di dolce e piccolo Termidoro italico), individuando e additando l'ennesimo, facile e comodo capro espiatorio nei due poveri "dissidenti" (rientrati nei ranghi molto presto) che sono stati moralmente linciati nel modo più ignobile, in pieno stile veterostalinista.
Ma gli artefici/protagonisti di tale "golpe morbido", sono stati tre democristiani D.O.C., vale a dire i succitati senatori a vita: "il cardinale" Giulio Andreotti, storico baluardo del potere vaticano, "il gladiatore" (non nel senso del celebre film hollywoodiano) Francesco Cossiga, referente storico degli apparati militari filostatunitensi in Italia, e l'industriale Sergio Pininfarina, sponsor ufficiale degli interessi della Confindustria, con la partecipazione straordinaria dell' "attore" più stalinista di tutti, del più democristiano e machiavellico tra gli ex comunisti, vale a dire il "baffetto perfetto" Massimo D'Alema (Ricordate? E' quello del bluff "Se non passo, tutti a casa!", ma sono ancora tutti lì, altro che a casa!), già sabotat(t)ore/affossat(t)ore del primo governo Prodi, nel 1998, complice di Clinton nello sterminio dei Serbi nel 1999, vero criminale di guerra nei Balcani, ecc.
Ed ecco pronto e confezionato un "soffice" regalo che amareggerà i lavoratori salariati italiani: il decalogo neodemocristiano che causerà altri lutti e altre sciagure, altri scippi e altri espropri di massa legalizzati, altre "missioni di pace", altre nefandezze e altre infamie, altre imboscate e altri raggiri contro la classe operaia it-aliena, in barba alla tanto amata/bistrattata Carta costituzionale. Diamo definitivamente addio agli articoli 1, 2, 3, 4, 7, 11, e via discorrendo. Basta leggerli con un minimo di attenzione per capire quanto sia inapplicata e disattesa (da sempre, cioè da quando fu promulgata) la Costituzione repubblicana del 1948.
Si pensi soltanto agli ultimi due punti del suddetto decalogo, esattamente il punto 11 e il punto 12, nei quali viene sancita di fatto l'istituzione di un premierato assoluto che attribuisce pieni poteri al capo del governo, alias Fracchia/Prodi.
Si tratta dunque di un piccolo golpe istituzionale, compiuto seguendo procedure surrettizie ed anticostituzionali, nella misura in cui introduce la figura di un super-premier (alias superFantozzi) che soltanto in apparenza si presenta in forme morbide e indolori, ma le conseguenze concrete, e dolorose, non tarderanno a manifestarsi. Purtroppo per noi e per la fragile, monca, incompiuta democrazia formale e costituzionale italiota.
Nemeno il bandito di Arcore era riuscito nell'impresa di creare e istituire, d'autorità, un sistema governativo retto sul premierato assoluto, per cui avremmo avuto un super-cavaliere-nero, ma ci voleva un esecutivo sedicente di "centro-sinistra" per realizzare una simile porcata anticostituzionale. Come si può tacere di fronte a simili avvenimenti?
Eppure, in tanti continuano a tacere e a nascondere il capo sotto la sabbia per non vedere il pericolo, alla stregua degli struzzi.
Non penso che scrivere un articolo contro il governo Prodi sia una trasgressione tanto grave, né credo che rappresenti una forma di blasfemia, e ancor meno un reato. Se, invece, ci trovassimo già a questo punto, ne sarei profondamente turbato e sconcertato, resterei davvero perplesso e mi preoccuperei seriamente per le libertà democratiche sancite formalmente dalla Carta costituzionale di questo Paese.
Criticare personalità politiche pubbliche che, per vocazione, per scelta, per la loro stessa funzione e natura istituzionale, decidono di esporsi alle critiche, agli umori, al controllo dei cittadini, non dovrebbe provocare scandali o problemi, né suscitare imbarazzi o fastidi, in un paese normalmente libero e democratico. Eppure...
... Eppure, la censura sembra essere in agguato dietro l'angolo, in seguito alla svolta autoritaria e conservatrice impressa dal governo.