Parola d’ordine: troppo
Oramai nel nuovo millennio lo spreco, lo sfarzo e tutto ciò che è “iper” è diventato quotidianità, mentre nella gran parte del mondo ci sono persone che muoiono di fame e di freddo ogni 4 secondi. E pensare che basterebbe quello che noi italiani buttiamo nella spazzatura per sfamare 110 milioni di persone, ma non è possibile realizzarlo senza buonsenso e politiche internazionali adeguate. Uno studio condotto dall’Università di Tucson ce lo rivela. 04/01/2009 - Nel mondo che conosciamo noi, quello ricco, occidentale, industrializzato, l’obesità aumenta e la fame non fa più notizia. Negli anni ’50 la fame nel mondo era una delle principali notizie pubblicate sulle testate giornalistiche, in particolar modo quando milioni di esseri umani in India, nel Niger, in Etiopia e in altre regioni orientali colpite da carestie e siccità avevano raggiunto il limite di sopravvivenza. Oggigiorno quella stessa fame, quella stessa sopravvivenza, quegli stessi morti non fanno più notizia e ci si illude che sia un problema che non ci riguarda, una piaga che riguarda delle piccole minoranze. Eppure la minoranza siamo noi. Sì, perché soltanto un miliardo di uomini appartengono ai paesi ricchi, mentre 5 miliardi a quelli poveri. E sono 900 le persone che ogni ora muoiono di fame, una ogni 4 secondi, mentre l’eccesso di cibo a disposizione degli italiani potrebbe sfamare 110 milioni di persone. In merito a questo un giornale scientifico americano ha pubblicato recentemente un articolo dal titolo “Miliardi nella spazzatura”, in cui si rende nota un interessante studio fatto nella città americana di Tucson, in Arizona. Sessanta ragazzi della locale università, guidati dal loro professore, l’antropologo William Rathie, si sono messi il camice bianco, i guanti di gomma e la mascherina da chirurgo e per sei giorni alla settimana hanno deciso di vivere e lavorare presso l’immondezzaio pubblico della loro stessa città. Dalla mattina alla sera questi studenti svuotano i sacchi di rifiuti, separano la carta dalle bucce di banana, le bottiglie dai gusci d’uovo, classificano ogni genere di rifiuto e poi archiviano i dati in un computer, con lo scopo di ricostruire le abitudini di vita dei loro concittadini, suddivisi per reddito, ed esaminano i rifiuti che gettano nella pattumiera.La prima cosa che si è evidenziata qua questo singolare studio è che i cittadini di Tucson sono facilmente portati allo spreco: utilizzando un campione di 1200 famiglie, l’antropologo con i suoi studenti hanno accertato che in un anno i 400 mila abitanti di Tucson hanno gettato nella pattumiera più di diecimila tonnellate di generi alimentari, per un valore commerciale che varia tra gli otto e i dieci miliardi di lire (quasi 5 milioni di euro). In testa a questa classifica dello spreco c’è la verdura, tra l’altro uno degli alimenti più costosi, che ammonta a 800 milioni (oltre 400 mila euro), seguita dai dolci e dalla carne. In questo panorama di troppo spreco fa una grande impressione e suscita sdegno sapere che ogni giorno migliaia di persone muoiono di fame nella maggior parte del continente, mentre noi, nonostante la crisi economica, non ci facciamo mai mancare cibo a volontà, che oltre a creare un grosso problema come quello della spazzatura da smaltire, va a inficiare i casi di obesità occidentale che aumentano a dismisura, parallelamente ai morti in Africa. Andando a guardare più nello specifico del nostro Paese, ogni giorno in Italia sono disponibili pro capite 3500 calorie, ma in media ne utilizziamo 2200, disponibili per sfamare più di due persone sottoalimentate. Le restanti 1300 le buttiamo nella spazzatura. Gli stessi mercati, ad esempio quelli di Roma, gettano nelle discariche in un solo giorno 87 tonnellate di frutta e verdura e 25 tonnellate di carne e pesce: solo questo cibo potrebbe sfamare quotidianamente un milione di persone. Insomma, il troppo lo trasformiamo in due peccati capitali: gola, per cui ingrassiamo, lussuria, per cui tendiamo allo sfarzo, e inevitabilmente allo spreco. Per sconfiggere la fame occorre, pertanto, un’effettiva volontà politica internazionale che ancora stenta ad esserci, e una nuova Carta dei diritti umani che, sottoscritta da tutti i Paesi mondiali, stabilisca diritti e doveri inviolabili di ciascun individuo vivente, indipendentemente dalla religione, dalla razza e dalle condizioni economiche.
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