Iniezione letale in crisi. Negli USA fermato di nuovo il boia
Forse il sistema della pena di morte negli Stati Uniti non è mai stato così in crisi. La mano del boia è stata di nuovo fermata dalla Corte Suprema Federale di Washington, stavolta nel Mississipi, dove il condannato Earl Wesley Berry aveva già consumato quello che doveva essere il suo ultimo pasto. Dopo aver passato la giornata a piangere e dopo aver mangiato salsicce, braciole di maiale e torta di pecan, Berry stava per apprestarsi a fare la sua ultima camminata, la tristemente nota dead man walking. Nel 1987 Berry aveva rapito e picchiato a morte Mary Bounds e per questo era stato condannato alla pena capitale, da eseguire tramite iniezione letale.
La più alta istanza giudiziaria americana però ha ancora una volta preso decisione contraria. E questo ormai è l’ennesimo episodio del genere da quando, lo scorso 25 settembre, i giudici avevano esso in discussione il sistema dell’iniezione letale, giudicato crudele. Di fatto è da più di un mese che negli USA non viene ammazzato nessuno. L’ultima volta che il boia era stato fermato il condannato era un malato terminale, lo scorso 24 ottobre in Alabama.
L’iniezione letale, usata in 36 dei 37 Stati americani in cui è in vigore la pena di morte, consiste nel somministrare al condannato un cocktail letale di tre sostanze. Venne inizialmente introdotta dal Texas e dall’Oklahoma e fu eseguita per la prima volta nel 1982. La pratica è giudicata crudele da chi la contesta perché infliggerebbe sofferenze atroci ai condannati, per i quali viene spesso usata un’anestesia insufficiente. Ricercatori dell’Istituto di Medicina Miller dell’Università di Miami sostengono che il modo con cui le iniezioni vengono praticate non rispondono neppure agli standard utilizzati dai veterinari per la soppressione degli animali. Il dibattito è aperto, la speranza è che la più grande democrazia del mondo ne approfitti per riflettere su un’atrocità che non dovrebbe più permettersi.
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