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Vegetarianesimo: inno alla vita

di Barbara Poli

05/02/2009 - Sempre più spesso si sente parlare di regime alimentare vegetariano, e ancora più spesso medici e specialisti sostengono la validità di questa dieta contro gravi patologie (con le dovute cautele). Ma essere vegetariani non è solo questo. E’ una scelta di vita, è una filosofia, è il rispetto verso l’intelligenza animale e verso tutte le forme di vita come la nostra, è un piccolo aiuto contro l’effetto serra. Anche se l’uomo nasce biologicamente onnivoro. O lo diventa?

In tanti ritengono che la dieta vegetariana faccia dei miracoli: aiuterebbe, infatti, a mantenersi in forma, a vivere più a lungo e a condurre una vita intensa, dato che le proteine vegetali sono più facili da digerire di quelle animali e aiutano a sentirsi leggeri e non appesantiti. Per esempio, molti anziani che hanno fatto questa scelta vanno in bicicletta, praticano svariati sport, lavorano anche dieci ore al giorno e hanno notevolmente ridotto il rischio di ammalarsi di tumori e malattie cardiovascolari. Traendone beneficio anche nella vita di coppia.

Il precursore accertato dei vegetariani fu Gautama Buddha, anche se c’è chi giura che anche Gesù lo fosse. Dal 500 a.C. i nomi illustri che gli si sono affiancati sono moltissimi, fra cui Platone, Pitagora, Seneca, Leonardo da Vinci, Tolstoj, Gandhi, Einstein, Luther King, per poi arrivare a nomi contemporanei come Ringo Starr, Liv Tyler e Adriano Celentano. Questi e tanti altri hanno fatto la scelta etica del “no meat”: a una fetta di carne preferiscono verdure varie, perché mangiare è un modo per celebrare la vita, ed è immorale farlo negando quella di altri esseri viventi.                                                                 
Esistono quattro tipologie di vegetarianesimo: la prima è la “lacto-ovo-vegetariana” che permette di mangiare latte e derivati, uova e derivati, oltre a qualunque tipo di alimento vegetale, mentre esclude la carne e suoi derivati, il pesce, i molluschi e i crostacei; la seconda è la “lacto-vegetariana”, che esclude carne e derivati, pesce, molluschi e crostacei, uova e derivati, ma non si priva di latte e derivati, oltre a qualunque tipo di alimento vegetale, anche marino; infine vi è la ovo-vegetariana che esclude tutti i prodotti di derivazione animale tranne le uova e i suoi derivati. Tuttavia, oltre a questi regimi vegetariani ne esistono altri molto più radicali, spesso fatti per ragioni etiche, ambientali e salutistiche. Il più famoso è sicuramente il veganismo, che esclude tutti i prodotti di origine animale (carne e suoi derivati, pesce, molluschi e crostacei, uova e loro derivati, latte e suoi derivati), causando però la mancata assunzione di vitamina B12 (presente solamente nel regno animale), che quindi deve essere introdotta con appositi supplementi. Vi è poi la dieta crudista, composta da soli alimenti vegetali non sottoposti a trattamenti termici, e, infine, la dieta fruttariana, composta da soli frutti da semi.                                                    
Ma perché scomodarsi così tanto e fare tutte queste privazioni? Per quanto riguarda la carne, è considerata dannosa perché sarebbe la causa principale o il fattore scatenante di molte malattie, e questo fatto viene confermato anche da alcuni studi medici e scientifici. La rinuncia al pesce, alimento universalmente considerato più salutare della carne, viene invece giustificata con il crescente inquinamento delle acque, e in particolare con la presenza di mercurio. Per quanto riguarda il consumo di latte e di prodotti caseari, invece, le critiche si concentrano prevalentemente su due temi: in primo luogo alcuni nutrizionisti considerano il latte, ed in particolare quello vaccino, un alimento di difficile digeribilità, scarsamente adatto al consumo umano (tuttavia è da notare che la capacità di digerire il lattosio negli adulti è dovuta ad una mutazione genetica relativamente recente nella storia della razza umana, diffusasi grazie alla selezione naturale principalmente nelle popolazioni dedite alla pastorizia e all'allevamento); in secondo luogo le critiche si appuntano sulla filiera di produzione del latte, che è identica a quella della carne: acquistare del latte, soprattutto se non biologico, vuol dire contribuire allo sfruttamento intensivo degli animali. Inoltre, sono stati evidenziati legami tra consumo di latte e diabete giovanile, malattie cardio-vascolari (per l'elevata quantità di grassi saturi), e la presenza di tracce di antibiotici, ormoni e pesticidi. Seguendo i risultati di alcuni studi epidemiologici, infatti, gli alimenti di derivazione animale risultano all'origine di larga parte delle cosiddette malattie del benessere, come le patologie cardiovascolari, il diabete, l'obesità, alcuni tipi di cancro, etc. Inoltre, altre motivazioni alla base di questo regime alimentarepossono essere la bioaccumulazione negli animali, al vertice della catena alimentare delle sostanze tossiche e inquinanti presenti nell'ambiente, la presenza nei prodotti animali dei farmaci antibiotici e delle sostanze anabolizzanti dei mangimi, lo studio comparativo del sistema digerente umano rispetto a quello onnivoro o frugivoro.                                                                                            
Pertanto, per queste e molti altre ragioni, le diete vegetariane escludono alcuni o tutti gli alimenti di origine animale, e talvolta anche alcuni prodotti ottenuti in altra maniera dal mondo animale come il miele, prediligendo regimi che puntano a un'alimentazione nel rispetto dell'ambiente e della salute, come cibi biologici e biodinamici, prodotti ricavati dalla soia (come tofu e tempeh), alimenti particolari e di uso non comune come shoyu, soba, seitan, tè bancha, natto, alghe alimentari, daikon, gomasio, umeboshi, shiitake, arrow-root, kuzu, miso, azuki, mochi, patate taro, molto uso di semi di girasole, semi di sesamo, semi di lino, tahin, germogli e di cereali antichi come kamut e farro, uso di dolcificanti naturali come lo sciroppo d'acero, il malto, il succo d'agave, l'amasake, e tutti prodotti che si rifanno allo stile dell'alimentazione macrobiotica, cercando se possibile di rispettare anche gli andamenti della natura consumando prevalentemente prodotti di stagione. Non solo. La qualità del cibo va associata al tipo e al tempo di cottura, all'uso della fiamma, della pressione e del sale, come del caffè, dell'alcol per massimizzare l'assimibilità dei micronutrienti quando necessario.
Insomma, a seconda delle varie tipologie, il vegetarianesimo non è una dieta, ma una scelta e una filosofia di vita profonda e sentita, quasi mai dettata da mode, capricci o spirito di eclettismo, un modo per esprimere una rivendicazione ecologica e politica, e, di questi tempi, anche un antidoto salutare alla crisi economica. Quando ci si siede a tavola, prima di decidere tra pasta con i ceci e una bistecca, bisogna rendersi conto che si sta facendo una scelta non solo etica e nutrizionale, ma anche ambientale. Dati alla mano, mangiare carne significa consumare molte più risorse naturali rispetto ad un’ alimentazione vegetariana. Infatti, occorrono 10 kg di cereali e foraggio per ogni kg di carne consumata, quindi, per ottenere 1000 kcal di carne, occorrono ben 8 m² di terreno agricolo, rispetto agli 0,26 - 0,80 m² per avere 1000 cal di cereali. Ma non solo. Mangiare carne significa anche aumentare le emissioni di gas serra. Un kg di carne bovina edibile necessita, infatti, di circa 2,3 kg di mais nel foraggio, per la cui produzione sono stati emessi circa 3.7 kg di CO2 e di CO2 equivalente (considerando un vitellone si parla di circa 109 grammi per ogni kg di carne edibile e, in termini di CO2 equivalente, di circa 2.3 kg). Tenendo conto solo di questi due contributi, senza contare quindi le altre emissioni per i trasporti degli animali e della carne, la macellazione, la refrigerazione e la cottura, abbiamo comunque circa 6 kg di CO2 per ogni kg di carne consumata. In più, l'uso dei cereali e leguminose per i mangimi animali anziché per il diretto consumo umano è la causa della denutrizione in Africa e di altre regioni del mondo: per produrre un kg di carne bovina, per esempio, servono mediamente 15 kg di vegetali.
Certo, questo discorso, nella patria del prosciutto e del parmigiano, va decisamente controcorrente. Sarebbe però democraticamente opportuno che sia sempre offerta un’alternativa a chi decide di essere vegetariano, o a chi, ogni tanto, decide di non mangiare carne. E invece, molto spesso, al ristorante, vengono dimenticati i tradizionali piatti poveri, spesso vegetariani, per una cucina più ricca e decisamente carnivora, senza tenere in nessun conto chi ha deciso di alimentarsi in maniera consapevole. Si parla sempre più spesso di evoluzione, ma spesso ci evolviamo soltanto in quello che fa comodo a noi. Evolvere significa progredire, cambiare, migliorarsi, perdere antiche, grezze e violente abitudini primordiali, coltivare la compassione verso ogni essere vivente. Allora perchè uccidere animali quando si ha a disposizione tanto buon cibo vegetariano?


 Barbara Poli

Benessere e Salute

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