L’articolo apparso su di un quotidiano inerente il tema dell’ergastolo dal titolo “Regime carcerario e mafia lo Stato non deve arretrare - pubblicato il 16 gennaio 2009 a Palermo, ha toccato per noi un nervo scoperto.
Troppo spesso abbiamo paventato e paventiamo ancora oggi l’abolizione dell’ergastolo per i reati gravi di mafia come le stragi.
La mafia non si combatte, se nelle Commissioni Giustizia quando ci si appresta a modificare il Codice Penale, o il Codice di Procedura Penale, in virtù di un garantismo che non tiene conto di tragiche realtà avvenute nel nostro Paese come le stragi del 1993, si pensa di trasformare l’ergastolo in trent’anni di carcere anche per i mafiosi del calibro di Riina ,Provenzano , i fratelli Graviano e Matteo Messina Denaro.
Così come la mafia non si combatte se si pensa che siano recuperabili soggetti che hanno usato migliaia di chili di tritolo per sovvertire l’ordine costituzionale dello Stato , perché a questo miravano Riina e compagni in via dei Georgofili, a minare lo Stato nelle sue fondamenta imponendo con la forza più brutale l’abolizioni di leggi sacrosante.
Ribadiamo quindi con forza che i mafiosi rei di strage, possono anche loro essere recuperati alla società, ma solo attraverso la loro collaborazione con la giustizia.
Siamo convinti che sul fronte della mafia deve essere sempre emergenza, perché se la mafia non spara come una volta o non fa saltare in aria palazzi, non per questo è meno pericolosa.
Chi mai avrebbe immaginato che il 27 Maggio 1993 “cosa nostra” potesse osare arrivare fino in via dei Georgofili a Firenze ? Eppure lo ha fatto e nessuno ha potuto fermarla.
Il solo pensare di abolire l’ergastolo ai mafiosi rei di strage lo riteniamo pertanto o un atto di pura incoscienza, oppure veramente un non voler combattere seriamente la mafia come da troppo tempo ormai avviene in Italia.
Cordiali saluti
*Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili
Roma, 16 gen. (Adnkronos) - ''Siamo sereni e sicuri di essere nel giusto, mentre replichiamo alle parole della parlamentare del Pd Rita Bernardini. Auspichiamo davvero che i boss mafiosi rei di strage, grazie alla nuova norma sul '41 bis' usciranno dal carcere speciale solo quando collaboreranno con la giustizia''. Lo sottolinea l'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.
''Il regime detentivo di '41 bis' per reati di mafia gravi come le stragi e' un carcere 'severo ma necessario', queste sono state la parole pronunciate da Gabriele Chelazzi, Magistrato libero da condizionamenti, nel corso della requisitoria al processo per le stragi del 1993 e ancora a distanza di anni non possiamo non essere d'accordo con lui. I soci di Salvatore Riina -prosegue Giovanna Maggiani Chelli, dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili- non devono avere contatti con l'esterno e questo non significa che il sistema di detenzione sia inumano''.
''Le azioni dei corleonesi sono state ignobili. Quei signori hanno massacrato i nostri parenti per dare un messaggio di grande forza allo Stato e hanno ucciso i nostri figli affinche' il ''41 bis'' fosse abolito. Percio' noi ribattiamo con forza alle parole della parlamentare: i mafiosi rei di strage devono avere una sola possibilita' di uscire da ''41 bis'', collaborare con la giustizia e fare i nomi dei mandanti esterni alla strage di Via dei Georgofili del 27 Maggio 1993. Dal nostro punto di vista -rileva Giovanna Maggiani Chelli- l'abolizione del regime carcerario''41 bis'', ci porta inevitabilmente a pensare che si cerchi proprio di coprire la verita' sulle stragi terroristiche eversive del 1993. La rappresentante del Pd Rita Bernardini si legga gli atti del processo per le stragi del 1993, documenti importanti per la democrazia di questo Paese, e impari a conoscere nel loro essere i mafiosi rei di strage e poi -conclude- solo dopo che avra' fatto cio' potra' parlare con cognizione''.