Contro le mafie: giornalisti, imprenditori e magistrati in prima linea
Nell'ambito del Festival Internazionale del Giornalismo, tra le numerose conferenze e convegni, Sabato 4 Aprile alle 18.00, presso il teatro Pavone, si è tenuta la tavola rotonda per discutere dell'informazione contro la mafia. Sono intervenuti Lirio Abbate corrispondente dell'Ansa a Palermo, Angelo Agostini, direttore di "Problemi dell'informazione", Peter Gomez de "L'espresso", David Lane corrispondente italiano dell'"Economist" e Ivanhoe Lo Bello presidente della Confindustria Sicilia; ha moderato invece Angelo Spampinato, il consigliere nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana. La mafia è una potenza criminale, invisibile e sommersa, che usa le strutture della società legale per portare avanti i suoi traffici. Questa la premessa dell'incontro. Ben 8 giornalisti in Sicilia e uno in Campania (Giancarlo Siani) sono stati uccisi dalla mafie negli ultimi quarant'anni. Questo il dato su cui riflettere e su cui focalizzare l'attenzione: il rapporto tra informazione e mafia, la lotta che il giornalismo da solo non può affrontare, l'appoggio delle istituzioni che manca. Qualcosa però sta cambiando, sebbene in un altro settore, quello dell'industria,e infatti a testimoniarlo è intervenuto proprio Lo Bello, rappresentante di Confidustria Sicilia, la quale sta portando avanti una campagna contro il pizzo. é crollato il muro dell'indifferenza e della tolleranza tanto da impedire la partecipazione alla Confindustria a tutti quegli imprenditori che lo pagano e che non denunciano. La mafia comprime la libertà d'impresa, impedisce la concorrenza e pertanto va caricato di disvalore un gesto come il pizzo, che prima era considerato la prassi. Il seguente intervento è stato di Angelo Agostini, che ha riportato inizialmente un dato significativo: negli ultimi anni sono stati minacciati dalla mafia 40 giornalisti, tra cui proprio Lirio Abbate. Da questo dato si è pertanto deciso di creare un osservatorio in cui riportare questi dati e aggiornarli poiché nei media queste notizie non trovano posto. In merito Roberto Natale, il segretario nazionale del FNSI, ha aggiunto che questo osservatorio nasce proprio per difendere i giornalisti,compito che spetta al sindacato nei confronti dei suoi appartenenti e per dare la giusta importanza alle notizie che meritano. Infatti il buon giornalista ha un metro in base al quale riportare le notizie: quello della rilevanza sociale. Purtroppo in Italia si è quasi del tutto perso; andare a caccia dei particolari più sordidi della storia di Perugia è uno degli esempi di come l'attenzione dei media sia spostata morbosamente su episodi che sono infinitamente meno importanti di altri, spesso ingiustamente inosservati. Passata la parola a Peter Gomez e Lirio Abbate, ne hanno approfittato per pubblicizzare il loro ultimo lavoro " I Complici": un libro definito silenziosamente dirompente. Le informazioni riportate in esso, sono prive di alcuna impostazione ideologica, e pertanto si riesce a parlare di un argomento delicato come i presunti complici di Bernardo Provenzano,i quali appunto gli hanno permesso di latitare così a lungo, con assoluta franchezza. Questo forse il motivo alla base del quale il libro non è stato pubblicizzato in televisione, per le notizie scomode, che riguardano noti esponenti del panorama politico e amministrativo italiano. Notizie che forse, se rese note ad un'utenza più ampia, influenzerebbero notevolmente gli esiti elettorali, non per accuse a esponenti di qualche partito, ma per la fitta rete di contatti che pare si evinca tra mafia e istituzioni. La ragione di tale scarsa attenzione rivolta al libro, è da ricercare secondo David Lane, nel fatto che il grande pubblico, apprende maggiormente notizie dalla televisione, che essendo controllata, chiaramente e logicamente non si farà certo promotrice di libri così sgraditi ai piani alti. All'intervento del giornalista inglese, è seguito quello di Lirio Abbate che ha aggiunto che il giornalista deve apprendere, conoscere e poi esporre i fatti da lui acquisiti sulla base di riscontri concreti, è quindi suo dovere raccontare ogni cosa, anche se mina la credibilità delle posizioni più autorevoli. Il problema è che tali fatti non arrivano nelle grandi testate, spesso i giornalisti vengono censurati dai dirigenti. I rapporti tra mafia e politica, in Italia, ad oggi riescono a trovare spazio solo nei libri, pubblicizzati spesso solo grazie al passa parola. C'è un errore nel sistema intero, nell'assetto delle priorità dell'importanza delle notizie. C'è una sorta di omertà e di considerazione malsana di certi personaggi, che anche se è stato attestato aventi rapporti con la mafia vengono tuttora considerati grandi statisti: in un paese anglosassone, ciò non accadrebbe mai, ha incalzato David Lane, tra il grande plauso degli astanti. La mafia è stata quasi legittimata, romanzata, è quasi diventato un dato presupposto nel mezzogiorno anche grazie alle fiction, ai film. Essa deve invece tornare ad essere il primo punto nell' agenda dello Stato, il primo problema da debellare. Solo allora tornerà ad avere un senso anche la battaglia dell'informazione, che non può però da sola, insidiata dalle censure e dalle minacce, portarla avanti. Queste le battute finali dell'incontro, che si è proposto di dare una panoramica della situazione odierna della stampa, dei media e della lotta contro le associazioni criminali, ma anche di appoggiare e sostenere tutti quei giornalisti in pericolo solo per aver adempiuto ai loro doveri professionali.
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