L'Etiopia di Francesca
L'impatto con la capitale Addis Abeba è caratterizzato da un servizio di trasporto imperniato su minibus privati che sfrecciano in modo caotico e casuale
06/06/2008 - Sono ad Addis Abeba, ho trovato casa e ho iniziato a prendere familiarità con il nuovo lavoro. Sia la periferia sia la capitale esprimono tratti di questo paese, quelli che raggiungono i canali d’informazione e passano il confine del continente ma anche quelli che, per volontà politica governativa o per pigrizia e prudenza mediatica internazionale, rimangono all’interno del Paese.
Per spostarsi nella capitale, territorialmente molto vasta (solo di recente è cominciata la costruzione di edifici a più piani anche per le abitazioni private), il mezzo più diffuso è il minibus: il mezzo avrebbe una capienza massima di 12 persone ma se ne vedono in giro trasportarne fino a 20! I minibus sono molto economici e quindi popolari e diffusi: si tratta di mezzi privati, non molto regolamentati, di solito presi in affitto da chi li guida. Sono piuttosto veloci, guidati a volte in modo un po’ spericolato pur di garantire un servizio rapido e raggiungere il numero più ampio di clienti. Non è un caso che alcuni degli incidenti che capitano in città coinvolgono solitamente proprio i minibus…
Ai minibus non è attribuito nessun numero, né riportano la destinazione finale, inoltre essi sono tutti uguali per grandezza e colori: blu e bianco. Lungo le strade non ci sono tabelle con linee e orari. All’inizio non si sa dove posizionarsi per aspettarne uno, lo si può intuire se si vede un gruppetto di persone e, soprattutto, lo si impara con l’esperienza, tanto più se si percorrono gli stessi tratti. Se si chiede agli abitanti di Addis Abeba a che ora passano gli autobus, loro rispondono “sempre”. Se si cerca di capire con quale frequenza, loro rispondono che “può essere ogni 10 o 30 minuti”. Ci sono però dei tratti molto frequentati e lì i minibus passano anche ogni 5 minuti o con una certa regolarità.
Se da noi figura centrale del servizio di trasporto pubblico è l’autista, talvolta il controllore, ad Addis Abeba invece è un ragazzino (quello che ho visto ieri sera avrà avuto non più di 8 anni), il cui compito è contemporaneamente urlare dal finestrino la destinazione del minibus, comunicare all’autista quando occorre fermarsi per far salire i passeggeri, aprire e chiudere il portellone laterale per far salire e scendere e, ovviamente, farsi pagare.
In un Paese governato da un partito che ha perso le ultime elezioni, e in cui molte informazioni vengono manipolate se non occultate, di recente è avvenuto un episodio che ha coinvolto un paio di minibus e le cui dinamiche rimangono ancora, e forse lo saranno per sempre, misteriose. Due settimane fa ad Addis Abeba sono scoppiate due bombe in due diversi minibus provocando 16 morti tra etiopi e stranieri. Non è la prima volta che succede e ovviamente esistono molte ipotesi sui probabili attentatori: c’è la versione governativa, quella dell’opposizione, e così via. Il punto è che non c’è alcuna volontà di capire cosa sia realmente successo ed è per questo che, andando in giro, è molto facile incontrare della gente che ha del tutto perso la voglia di leggere i giornali “perché tanto raccontano solo quello che interessa loro” o di sorbirsi la sera l’unico canale della televisione etiope “perché tanto non è vero nulla di quello che dicono”. (da provincia.ap.it) Francesca Bernabini
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