Il Papa in Terrasanta
Osservando l'espressione del Papa durante la cerimonia al Memoriale dell'Olocausto in Israele, ad un occhio attento non può essere sfuggita una nota di tristezza del Sommo Pontefice. Tristezza e, anche, vergogna di Benedetto XVI, tedesco e, durante la guerra, soldato nazista nella contraerea. Certamente il Papa non ha responsabilità dirette nella Shoa, ma, come milioni di cattolici tedeschi, ha servito Hitler e si è reso, in qualche modo, complice dei suoi orrori. È sempre viva l’annosa polemica sulle responsabilità di Pio XII, a maggior ragione nei confronti di un Papa, l'attuale, che, per origini ed età, è ancora più coinvolto dello stesso Papa Pacelli. Diceva Don Abbondio che chi non ha coraggio non può farselo venire, così non si può pretendere che Papa Ratzinger, in gioventù, si opponesse apertamente al nazismo, mettendo in pericolo se stesso e dei propri cari. Ma proprio questa velata vergogna, sotto lo sguardo severo dei politici rabbini israeliani, può essere lo stimolo a che la Santa Sede faccia di più per una giusta pace in Medio Oriente. Il Dio di Ebrei, Cristiani ed Islamici è, sostanzialmente, lo stesso (siamo tutti figli di Abramo), anche se – ed è qui l'originalità e la superiorità del Cristianesimo – il “nostro Dio” è un Dio di Amore, laddove il Dio ebraico e quello islamico sono divinità guerriere, che predicano la legge del taglione. Proprio la mitezza costitutiva della nostra fede può far sì che il Vaticano – la cui diplomazia è la migliore del mondo – si impegni ancor di più a mediare tra gli agguerriti fratelli islamici ed ebrei. Ciò viene già fatto – discretamente - da anni dal Cardinale Martini, trasferitosi a tal scopo in Terrasanta. Se il Papa, oggi, avrà una minima parte del coraggio che gli è mancato in gioventù, potrà, efficacemente, contribuire a far rimarginare la sempre aperta ferita della faida mediorientale tra Arabi (o, meglio Arabi islamici) ed Ebrei. Giuseppe Angellotti
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