La Palestina di Enrico / 16
I serrati interrogatori a cui viene sottoposto chi vuole uscire da Istraele fanno emergere le contraddizioni in cui vivono gli ebrei
Il sionismo è quel movimento politico sorto nell`Europa di fine Ottocento che teorizzava la necessità di creare uno stato per il popolo ebraico nella Terra Promessa (Israele o Palestina), come risposta all`antisemitismo crescente. Nasce e si sviluppa come movimento nazionalista e colonialista, che mira all`immigrazione di massa dei coloni ebrei ed alla sostituzione degli abitanti autoctoni, i palestinesi.
Il sionismo ha realizzato il suo progetto: oggi Israele è uno "stato ebraico" (esistono cittadini di serie A, quelli di nazionalità ebraica, e cittadini di serie B, gli arabi-israeliani) ed i palestinesi sono il popolo con il più alto numero di rifugiati al mondo (pensate: i due terzi).
Abdel Hadi Hantash è un palestinese che lavora nel Comitato di Difesa della Terra dalle espropriazioni per la costruzione delle colonie israeliane in Cisgiordania. In un dibattito sulla politica israeliana di colonizzazione, pronunciò una frase che colpì l`uditorio: "Il sionismo ha creato una grande bugia, ed il mondo ci ha creduto". Di quale bugia si tratta? "La bugia della sicurezza, del fatto che la scusa dei motivi di sicurezza ha coperto le politiche di occupazione, colonizzazione ed Apartheid portate avanti nei confronti dei palestinesi, anche quando era evidente che nulla avevano a che fare con la protezione dei cittadini israeliani". Dietro questa "grande bugia" la classe dirigente israeliana ha commesso i crimini più odiosi, dall`espulsione in massa dei palestinesi dalle loro case nelle guerre del 1947-49 e del 1967, alle forme di punizione collettiva attuali (arresti e detenzioni amministrative, espropriazione terre e risorse, demolizione case, sradicamento alberi, impedimento libertà di movimento, ecc).
Quando ho lasciato Israele per tornare in Italia, qualche giorno fa, ho fatto anche io i conti con la "grande bugia". Son passato attraverso tre tipi di controlli: appena arrivi in aeroporto una pioggia di domande su cosa ho fatto in Israele, dove sono stato, chi ho conosciuto, quali sono i motivi della mia visita. Poi l`ossessiva perquisizione dei bagagli,e infine un ulteriore interrogatorio, più serrato. La "grande bugia" vuole che io menta spudoratamente, anche quando può sembrare assurdo.
Un ufficiale israeliano aggressivo incalza: "Perché sei venuto in Israele?". Al che devo dire che sono un pellegrino, un turista, uno di passaggio che non si interessa minimamente alla situazione politica locale. "Dove sei stato? Sei stato nei Territori? Con chi hai parlato? Hai conosciuto arabi?". Rispondo che non sono mai stato nei Territori palestinesi, eccetto una breve visita a Betlemme, sapete, c`è la Chiesa della natività, no, non ho conosciuto né parlato con nessun palestinese, certo, lo so, è pericoloso in mezzo agli "arabi". Naturalmente non ho portato con me niente che potesse essere ricondotto alle mie attività con l`”Alternative Information Center” o qualsiasi altra cosa collegata alla "Palestina", parola impronunciabile dalla sicurezza dell`aeroporto.
Ad un certo punto trovano il mio quaderno di arabo e si insospettiscono. Ricomincia la trafila di domande. Tre ufficiali si succedono nell`interrogatorio. "Studi arabo? Perché? Sai, noi abbiamo dei problemi con gli arabi…". E giù da capo un controllo più sofisticato dei miei bagagli. Sembra assurdo dover giustificare persino lo studio della lingua, dover far finta di non essere stato nei Territori palestinesi, di non aver conosciuto palestinesi. Tutto ciò è indicativo dello stato di isteria collettiva da sicurezza in cui vivono perennemente gli israeliani.
Chissà da dove mi torna in mente una frase scritta su un quadro di Renato Guttuso: "Una pace fondata sulla paura se la mangia la paura". Da piccino ero assillato da questa sentenza, non riuscivo ad afferrarne il significato, a collegarlo all’immagine del quadro.
"Il sionismo ha creato una grande bugia e il mondo ci ha creduto". Ora ci sono, ho dovuto aspettare quindici anni per capire. Israele oggi è sicuramente il posto meno sicuro al mondo per un ebreo. Quando la "sicurezza" e la "prosperità" di un gruppo significano il terrore e l`oppressione di un altro, allora cominciano a puzzare, a mostrare l`altra faccia della medaglia, a consumarsi piano piano. Lo stato israeliano è stata l`unica soluzione contro il razzismo nei confronti degli ebrei, si dice, ma poi è stato edificato e si è sviluppato sulla stessa aberrazione. Enrico Bartolomei
Pubblicato il 11/6/2009 alle ore 12:04
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