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“Sgt. Pepper – La vera storia” (Giunti 2007, pag. 192 - € 14,50) |
R. Bertoncelli & F. Zanetti “Sgt. Pepper – La vera storia”
Nel biennio 66/67 due dei più grandi geni mai capitati alla musica popolare raggiunsero la vetta della loro grazia creativa. Eleonor Rigby, Strawberry Fields Forever, Penny Lane sono vertici irrangiungibili per chiunque. “Sgt. Pepper” aggiunse un pugno di capolavori e un altro di quei vertici, A Day In The Life, oltre ad aggregare le coscienze giovanili in un manifesto di straordinaria efficacia.
In questo agevole e al tempo stesso completo volume Riccardo Bertoncelli e Franco Zanetti raccontano la storia del più grande album rock di tutti i tempi, il mitico “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles. Dalla registrazione di Strawberry Fields Forever, primo brano destinato all’album poi finito in un singolo, alla festa di presentazione a casa del manager Brian Epstein, ogni momento della genesi del capolavoro è sottoposto alla lente di ingrandimento degli autori, che non rinunciano ad una buona dose di aneddotica, ad un’ammirevole attenzione per le date e la successione delle singole takes e ad una passione sincera che lascia leggere il libro tutto d’un fiato. Le canzoni del “Sgt. Pepper” vengono analizzate una per una, si ripropongono e si smascherano i vecchi equivoci legati a certe allusioni forzate alle droghe (il titolo lisergico di Lucy In The Sky With Diamonds o il ‘bucarsi’ che si celava nel McCartney di Fixing A Hole), si ricorda il sapiente lavoro del produttore George Martin, vero regista del “Sgt. Pepper”, impagabile nel capitalizzare e nel soddisfare le idee ma anche i capricci di Lennon e McCartney, e si mostra il metodo di lavoro Beatles, che a quel punto della carriera si svolgeva già completamente all’interno dello studio di registrazione, divenuto autentico laboratorio sonoro dopo l’addio all’attività live del 1966. Il lettore si troverà proiettato in un’epoca unica. Un’epoca nella quale un disco poteva diventare simbolo di una società. Chi, se non i Beatles, poteva fare un disco del genere? “Sgt. Pepper” racchiudeva i pruriti di cambiamento di una generazione, le ansie di rivoluzione, i voli psichedelici, gli alberi di mandarino e i cieli di marmellata. L’estate dell’amore stava per esplodere, Jimi Hendrix e Jim Morrison facevano prove da star prossime a venire, abbandonarsi alle utopie era una legge morale. “Sgt. Pepper” ha significato tutto questo, ma non solo: ha permesso alla musica pop di diventare adulta e al long playing di elevarsi da semplice raccolta di singoli o pezzi per lo più già editi a vero oggetto di espressione artistica. Due dati numerici valgono più di tante parole. Innanzittto, le 700 ore occorse per registrare “Sgt. Pepper” contro i 600 minuti di “Please Please Me”. Poi, le 2800 sterline spese per realizzare la celebre copertina, in anni in cui la EMI ne spendeva mediamente 50 per le copertine dei suoi dischi.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 12 Apr 2007 alle 15:36 |
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