Che sia chiaro, Caparezza può starvi sulle palle quanto vi pare, e la sua voce metallica e coi coglioni strizzati può darvi antipatia quanto volete, ma nessuno può toccargli il merito di aver dato qualcosa alla musica italiana.
A Ripatransone sale sul palco pieno di vita. Salta si rotola diverte e si diverte. Tra una cazzata e l’altra canta. Tra una lezione e l’altra canta, ma questa è la cosa minore che fa. Perchè dice, nella speranza che sotto qualcuno ascolti.
L’ultimo album prende la meglio sulla scaletta, pezzi secchi, una bastonata di ironia e drammaticità. Vite di eroi, vite del nostro tempo, che se non ci ridi come fa lui ti becchi l’ulcera e ti ritrovi con le mani nei capelli a bestemmiare. Il mondo di Capa è il nostro mondo ed è un mondo di merda come lo metti metti, ma il suo flow è incontrollabile e non ha tempo per piangere sulle disgrazie della nostra retorica: canta che non ti passa, ma almeno canta.
Parla. Caparezza è un comunicatore impressionante. Dice delle cose, e le dice con la testa, alla maniera di un cantastorie stupido ed ingenuo ma con gli occhi lucidi. E chi vuole capire lo capisce.
Trent'anni, caustico, incazzato, terrone. Consapevole, perché figlio in un paese allo sbando. Consapevole della necessità di ridere, e di come queste tremila persone sotto il palco non lo ascolterebbero mai se decidesse di fare un discorso serio, perché siamo in Italia, e se non hai un pretesto per ridere non hai nemmeno voglia di stare attento a martoriarti sui giochi balordi dell’autocommiserazione.
Così scherza. E rappa a modo suo, in un modo forse a volte pesante ma suo, giusto, perché quello che dice è giusto. Rappare le cose che rappa lui è giusto. Lui dice quello che dicono tutti, ma lo dice meglio. Da Ilaria raffreddata e condizionata da tutto, a Luigi Delle Bicocche, storia di un eroe dei giorni nostri, che per quanta retorica possa avere addosso fa alzare la pelle d’oca per la semplicità e la forza tragica (perché vera) delle argomentazioni.
Musicalmente il pubblico si dopa. Ripatransone si accorge pure di sapere ascoltare buona musica. Il caos sproporzionato dei suoi testi e del suo mondo si riflette su spartiti altrettanto caotici, notevolmente maturi: non solo pop, non solo rap: dal metal al rock alla pizzica all’elettronica. Se ci sai fare si vede, se stai sul palco e le cose le sai dire tutto quadra. Musica parole e cazzi amari, metafore indigeste e lezioni drammatiche sulla nostra società, che paradossalmente, per quanto lui metta buonumore, ti fà quasiquasi venir voglia di volergli bene, a questo mondo di merda, che domani mattina quando mi sarò svegliato dalla birra sarà tutto più puzzolento, ma almeno stasera vivo.
Caparezza dice tutto, lo dice bene. Trovatemene un altro che lo dica come lui, che sia capace di far riflettere anche le generazioni più stupide. Caparezza è bravo. I suoi lavori hanno spessore. E anche se ha la voce metallica e coi coglioni strizzati, e anche se ha un nome che non ha evidentemente nulla a che vedere con quelli dei grandi cantautori impegnati della nostra tradizione, non sottovalutatelo, sarebbe un calcio nelle palle alla nostra cultura.
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http://www.youtube.com/watch?v=58pJvSWQ5bA