"Il ritorno del principe – la criminalità dei potenti in Italia" (Chiarelettere, 2008 - 347 pag; 15,60 euro)
Saverio Lodato, Roberto Scarpinato "Il ritorno del principe"
“Il demonio si nasconde nel dettaglio.” (Hegel)
“Il mondo si divide in oppressori ed oppressi. Tu da che parte stai?” (frase affissa da un vescovo sudamericano all’ingresso di una chiesa)
Dal lungo e coatto corpo a corpo con i mali del paese nasce questa cruda testimonianza di Roberto Scarpinato, magistrato presso la procura antimafia di Palermo. Un libro-intervista che è un macigno per gli equilibri sociali e politici, un atto d’accusa a una parte della classe dirigente del nostro paese e al cancro strisciante di un’Italia che è condannata a vedere da sempre la criminalità del potere intricata con la propria storia. Una storia attraversata ininterrottamente da tre forme criminali: la corruzione sistemica, la mafia e lo stragismo, patologie non transitorie ma che fanno parte della costituzione materiale del paese, secondo Scarpinato. Attraverso passaggi storico-letterari, come l’ordinarietà del metodo mafioso di Don Rodrigo ne “I promessi sposi”, e figure simboliche come Niccolò Machiavelli, consigliere di Cesare Borgia (pluriomicida e figlio di uno dei papi più corrotti della storia), il magistrato mette a fuoco il costume di un’Italia progressivamente regredita verso la modernità. Il tutto nella convinzione che chi non conosce la storia delineata nel libro non è in grado di capire i mutamenti istituzionali e la causa di molti provvedimenti di legge che sono stati presi negli ultimi decenni. La coltre grigia che incombe sui depistaggi accertati circa l’individuazione dei mandanti occulti di stragi e omicidi eccellenti, l’impossibilità di discutere a livello politico dei retroscena di molti di questi sono elementi chiave per comprendere come la criminalità delle classi dirigenti sia legata attraverso mille rivoli con la così detta bassa criminalità. Esempio lampante ne è la mafia siciliana: il medico Guttadauro (boss di Palermo) e l’avvocato Mandalà (boss di Enna) sono solo due esponenti di quella borghesia mafiosa che funge da trait d’union fra la “manovalanza” e il livello politico. Naturalmente al riguardo non mancano i riferimenti al processo Andreotti (di cui Scarpinato è stato uno dei PM), simbolo della connivenza mafia-politica che si fa sistema, fino a giungere alla “copertura mediatica” di un reato commesso (ma prescritto) per silenziare i comportamenti di uno dei politici più importanti della storia italiana. Affermare che il realismo politico non deve implicare la separazione fra politica e morale, e che l’establishment -inteso come elite liberale- non deve essere l’immagine dei cittadini ma deve modellarli significa, per Scarpinato, riaffermare che è nella Carta Costituzionale e nelle minoranze virtuose l’unica speranza di costruire un futuro migliore per questo nostro paese.