di Piero Giorgio Camaioni
“In qualche modo” / “Assolutamente sì” / “Assolutamente no”
Aiuto, stanno esondando. In ogni dialogo, intervista, trasmissione radio-televisiva, conferenza, presentazione di libri e mostre, telecronaca sportiva, cicaleccio politico.
Nella scuola. Nei filmetti. Forse ne sono invasi anche i confessionali.
In tutti gli ambienti sociali queste espressioni sono democratico intercalare, pensoso e penoso, vacuamente intellettualoide, disperante cliché di conversazione.
Molto più di un tic. Virus senza antivirus.
Ne restano immuni mamma, le badanti polacche, i muti, certi anziani in bicicletta, bambini d’asilo e vucumprà. Per ora.
Espressioni che ballonzolano in testa finchè non le “spari”, poi si riproducono infestando ogni argomentazione. Non classificabili tra i “luoghi comuni”, allo stesso Flaubert [Dictionnaire des Idées Reçues] sarebbe tornato difficile catalogare queste rampanti conformiste stupidità linguistiche. Tentacolari, come polipi. Fanno tenerezza, al confronto, i vecchi “cioè”, con cui goffamente imbastivamo affettuosi tormentoni…
Pure io, che per fissazione sto attento a non dirle - resisto anche mezza giornata – talvolta ci casco. E m’acciacco la lingua. E m’infliggo punizioni, penitenze, multe.
Di fronte a chi, senza preoccuparsene anzi enfatizzandole ne fa man bassa, mi zittisco platealmente per protesta, batto nervoso i piedi, m’ alzo, vado via, urlo. Oppure tengo il conto. Ecco, quello, in sei minuti ha inanellato…13 “ in qualche modo”…6 “assolutamente sì”…4 “assolutamente no”. In sei minuti! Ma c’è chi in 10 minuti batte ogni record, recitando ‘sto rosario con una velocità che perdi il conto.
Insomma: vero che possono far da collante nella zavorra dei pensieri; che in qualche modo ti salvano quando t’arrampichi tra concetti vaghi e il poco da dire; che creano affinità tra sconosciuti… ma proprio non se ne può più.
Tre espressioni da giustiziare? Assolutamente sì!
13.02.’09 PGC