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“Storia d’amore all’East Village” (Neri Pozza, 2008 - pagine 338; euro 17,00) |
Richard Perez “Storia d’amore all’East Village”
Il ritratto comico e affezionato di una generazione che non ha soldi né certezze, ma è pronta a tutto per un sogno di romantica perdizione.
Martin è uno sfigato. Le donne gli servono sistematicamente il due di picche. Lui prova con gli annunci, cerca di organizzare incontri al buio con la speranza che dall’ombra esca la donna della sua vita. Gli editori non lo considerano. I suoi manoscritti tornano impietosamente indietro e si accumulano sulla scrivania del suo desolato monolocale. Tutto sommato, Martin ispira simpatia.
Vive a Jackson Heights, nel Queens, non esattamente il posto più figo di New York, si guadagna da vivere prestando uno svogliato servizio per una ditta di trasporti in mano a giapponesi, non proprio ciò che sognava da bambino. E allora la sera fugge nell’East Village, tra locali scrausi e gente di ogni specie, sbandati e artisti in perenne fuga dalla normalità. Si mimetizza tra i punk, beve white russian, idolatra Bukowski e bighellona tra St Mark’s Place ed Avenue A in attesa che arrivi un nuovo giorno.
E’ un solitario non per scelta. Sembra un appestato. La ruota della fortuna per lui si rifiuta di girare. Quando si imbatte in una ragazza madre pronta a concedergli una nottata di sesso, si ritrova legato al letto, cavalcato in modo violento e insultato e punito per la sua presunta misoginia.
Intanto la donna di cui è segretamente innamorato, la deliziosa Nikki, conosciuta anche lei tramite un annuncio, cerca di superare la delusione per la rottura con la sua ragazza. Indecisa sull’identità sessuale da dare a se stessa, sbaciucchia Martin quando lo incontra e contribuisce al di lui spasimo d’amore.
Si va avanti cavalcando la leggerezza che Perez è bravo ad infondere in ogni pagina. E si ride anche di gusto nell’accompagnare con gli occhi i gesti maldestri e impacciati di Martin. Finché non si viene travolti dalla tristezza, almeno. Accade nelle ultime dieci pagine. La leggerezza c’è ancora, pur nell’esplodere dell’inevitabile fallimento esistenziale, ma non si ride più. Martin lo riacciuffiamo per un pelo all’ultimissima pagina, che respira per branchie ma sembra farlo a pieni polmoni.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 27 May 2008 alle 15:51 |
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