Ricette elettorali per la questione sicurezza: Falconara/G8, dalla caserma di Bolzaneto a candidato alle elezioni
Non bastava il caso Ciarrapico, il rigurgito di fenomeni razzisti e neonazisti, i revisionismi storici, l'espulsione dagli statuti dei “nuovi” partiti della sinistra dei valori repubblicani e antifascisti, ad aggiungersi alla palese demagogia di questa campagna elettorale anche la candidatura a Falconara M.ma di uno dei 45 accusati tra le forze di polizia per i fatti della caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001.
Si tratta di Ernesto Cimino, appartenente al corpo di polizia penitenziaria, candidato da una delle tante liste civiche alle elezioni amministrative cittadine.
Non bastava l'impunità promessa e le promozioni generalizzate per i protagonisti di quei fatti, ora c'è chi tenta anche la carriera politica...
Episodio gravissimo e provocatorio, nel più totale disprezzo di ogni forma di stato di diritto e sensibilità democratica.
Proprio ora che si attende entro pochi mesi una sentenza di primo grado per la quale i pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno richiesto nel complesso 76 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione (3 anni e 6 mesi al candidato Cimino...) per reati che vanno dalla violazione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, all'abuso di autorità nei confronti di persone arrestate o detenute, minacce, ingiurie, lesioni.
Tutti reati “minori” e in tal caso soggetti a veloce prescrizione, entro 9 o 10 anni, indi per cui, per quanto vicini a sicura condanna, gli imputati, seppur non innocenti, godranno dell'impunità. Questo perchè l'ordinamento italiano, causa la non approvazione di alcuni disegni di legge rimasti lettera morta in Parlamento, risulta colpevolmente inadempiente rispetto al diritto e alle convenzioni internazionali nel recepimento del reato di tortura, per sua natura non soggetto a prescrizione, che avrebbe comportato pene ben più severe per gli autori delle violenze di Bolzaneto. Secondo la requisitoria dei Pm, gli atti processuali, le testimonianze di oltre 206 persone (la maggior parte delle quali fermate e deportate a Bolzaneto nella più totale illegittimità), i fatti commessi si configurano come “trattamento inumano e degradante”, corrispondenti “ad almeno quattro delle cinque tecniche di interrogatorio che la Corte Europea dei diritti dell'uomo identifica come tortura”.
Amnesty International ha definito i fatti del G8 di Genova come "la più grande sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale". L'assalto alla scuola Diaz, le violenze indiscriminate e sproporzionate, le forme della detenzione attuate a Bolzaneto e altrove, l'accanimento processuale verso i manifestanti indagati, gli apparati mediatici di cancellazione della memoria e di travisamento dei fatti, la sostanziale impunità dei colpevoli, la non accettazione di una commissione d'inchiesta parlamentare, sono tutti tasselli che ricostruiscono il mosaico di una politica votata al terrorismo e alla guerra globale, disposta anche alla guerra civile, a quella cioè scatenata al proprio interno, contro i propri cittadini. Quanto si prefigurava a Genova ci preparava a quanto oggi siamo abituati o costretti a vedere in Iraq, in Afghanistan o in Palestina, oppure in Valsusa, a Napoli, in un CPT o nelle periferie delle nostre città.
Non siamo soliti giudicare le persone dalle proprie pendenze giudiziarie, né ci piace il giustizialismo semplicistico imperante, ma ci chiediamo se costui, qualora non avesse direttamente commesso atti, ascrivibili alla tortura, verso persone al momento detenute e indifese, non si senta complice; se non senta almeno il peso non solo di quanto ha fatto, ma di quanto avrebbe potuto e dovuto fare o impedire. Negli anni, altri appartenenti alle forze dell'ordine ed alla catena repressiva di quei giorni hanno trovato la forza di parlare e di interrompere il muro di gomma dell'omertà. Ma il coraggio non è la virtù di tutti, tantomeno a Falconara.
Le dichiarazioni di “serenità” di Cimino non cambiano granchè le cose: un conto è la responsabilità giudiziaria personale di fronte a reati specifici, ben altro la responsabilità morale e politica. Ci sembra di rileggere “la banalità del male”: non basta credersi innocente se si veste una divisa dentro quella che altri suoi colleghi (l'allora Vicequestore del Reparto mobile di Roma Michelangelo Fournier) hanno definito una “macelleria messicana”, per lavarsi la coscienza e candidarsi alle elezioni...dal punto di vista giurisprudenziale invece dubitiamo che qualsiasi richiesta da parte dell'imputato di rifiuto dei termini di prescrizione possa avere alcun valore effettivo durante il processo in corso, ma semmai solo se presentata a prescrizione avvenuta.
Anche a prescindere dall'opinione su quanto successo a Genova allora, fenomeno controverso e complesso, comunque spartiacque della nostra storia contemporanea, non sarà difficile avvertire l'assurdità, l'inopportunità e la pericolosità, di una simile candidatura: sia perchè offende le coscienze di quanti parteciparono al controvertice del G8 e di chi ingiustamente ha subito le violenze di quei giorni, sia perchè nulla centra con i problemi che attraversa Falconara, anzi peggiora avvelena e incancrenisce deliberatamente una situazione già disastrata.
Alla faccia di una presunta politica dalla parte dei cittadini, di un panorama di liste civiche locali sempre più ingrassato dal personale politico e partitico estromesso per i più vari motivi dal notabilato della casta. Sarebbe facile infatti notare come nella suddetta lista civica, il cui trasversalismo pende chiaramente verso destra, siano molti i fuoriusciti da Alleanza Nazionale, tra cui Ernesto Cimino stesso.
Ma proprio perchè non è nostra abitudine criminalizzare chicchessia, chiediamo, innanzitutto alla lista civica di appartenenza di Cimino, di riconsiderare la sua candidatura e di non presentarla. Chiediamo a tutti gli altri candidati della competizione elettorale cittadina una chiara e inequivocabile presa di posizione.
Come tra l'altro, ci sembra necessario rivolgere il più sentito appello a tutte quelle forze democratiche presenti nella società civile di Falconara e non solo, sia a quanti erano a Genova allora come a chi non c'era, o solo a quanti semplicemente hanno a cuore la difesa dei valori e della qualità della democrazia, di esprimersi su una simile vicenda e di isolare elementi così impresentabili che rievocano e strumentalizzano una delle pagine più buie e cariche di odio del nostro recente passato.
Siamo pronti e costituiremo i necessari spazi pubblici di discussione, anche attraverso l'esperienza di quel pool di avvocati che dal Genova Legal Forum del 2001 in poi hanno seguito le vicende giudiziarie del G8, per ristabilire la verità su quei fatti e controbattere, punto per punto, a queste e alle future dichiarazioni rilasciate in merito.
Nelle celle c’è chi viene tenuto in punta di piedi, chi con le braccia alzate anche per varie ore e spesso picchiato con "manganelli, schiaffi, pugni guantati, calci, colpo sulla nuca per far sbattere la fronte contro il muro, tanto è vero che parecchi testimoni hanno ricordato di avere visto macchie di sangue sui muri della cella più o meno all’altezza delle teste", ha detto il pm. Intanto i "colleghi" cantavano filastrocche a Pinochet, Hitler o Mussolini augurandosi i forni per i reclusi. Una donna ricorda che per costringerla a firmare un modulo le fu mostrata la foto dei suoi figli con la minaccia che se non firmava non li avrebbe visti tanto presto.
Se la campagna elettorale semina odio, “la memoria è un ingranaggio collettivo”
CSA Kontatto e Ambasciata dei Diritti Falconara,
Rete delle Comunità Resistenti delle Marche