CICLISMO/ A MENTE FREDDA, PROVIAMO A RILEGGERE IL GIRO D' ITALIA
SCOPRIAMO COSA CI HA LASCIATO IN EREDITÀ L'EDIZIONE DEL CENTENARIO DELLA CORSA ROSA,SOPRATTUTTO PER QUANTO RIGUARDA I CORRIDORI ITALIANI
di Sergio Conti
Di Luca è stato indubbiamente il migliore degli italiani, anche se altrettanto indubbiamente ha commesso qualche errore dal punto di vista tattico. In troppe occasioni ha corso come se avesse la maglia rosa sulle spalle, togliendo le castagne dal fuoco a quel Menchov che la maglia rosa la indossava veramente. Il Giro dell’ abruzzese resta comunque molto positivo: ha riconquistato l’ amore del pubblico, la fiducia in se stesso e ora guarda al Mondiale di Mendrisio con giustificate ambizioni. Sarà lui, probabilmente insieme a Cunego, la punta della nazionale azzurra per la rassegna iridata. Basso era il corridore più atteso, indicato da tutti nei pronostici come il favorito numero uno. Ha dovuto fare i conti con tre anni di assenza da un grande giro, con la tensione accumulata in questo lungo periodo di stop, con una preparazione che non poteva gioco forza essere perfetta. Il quinto posto finale gli lascia in eredità una lezione che certamente metterà a frutto già da domenica nel Delfinato - dove troverà Contador, Evans e Valverde - e soprattutto a settembre nella Vuelta di Spagna. Dove va per vincere, così come farà l’ anno prossimo al Giro d’ Italia. Pellizotti è salito su quel podio che lo scorso anno gli era sfuggito per due secondi, come un anno fa ha vinto una bellissima tappa, ma l’ impressione è che gli manchi qualcosa per puntare concretamente a lottare per la vittoria. Ora reclama i gradi di capitano unico, ma rischia di trovare sempre qualcuno che vada più forte di lui in salita e a cronometro. E ha qualche limite nella gestione delle tre settimane, anche se riesce a finire in crescendo. Decisivo, per capire il suo reale valore, potrebbe essere il Tour nel quale vuol provare per la prima volta a curare la classifica. Cunego rappresenta il più grande dilemma che il Giro ci ha lasciato in eredità: deve rassegnarsi a considerarsi corridore da classiche in linea? ha sbagliato la preparazione? non riesce a reggere la pressione a livello mentale? Probabilmente c’ è un pò di tutto questo nel fallimento clamoroso della sua campagna rosa. Urge una seria riflessione personale e con i tecnici della Lampre NGC per non sprecare un atleta che è patrimonio del nostro ciclismo. Garzelli, ovvero quando correre con la mente sgombra aiuta. Il suo obiettivo non era far classifica, ha patito l’ unica salita vera delle Dolomiti – l’ Alpe di Siusi - e poi finalmente si è sbloccato, riscoprendo la voglia di correre all’ attacco e di misurarsi con i migliori. Non ha vinto tappe, ma la maglia verde ed il settimo posto in classifica generale lo premiano per il grande Giro disputato. Adesso il suo obiettivo diventa una maglia azzurra per Mendrisio, per colmare almeno in parte la delusione patita a Varese 2008. Visconti deve ripassare la lezione e rileggere l’ eredità che gli ha lasciato Paolo Bettini: attacca sempre, attacca tanto ma raccoglie troppo poco. E rischia di far restare il suo talento impigliato tra i corridori di seconda fila. Deve compiere un salto di qualità, senza perdere ulteriori occasioni. Petacchi uno e trino. Si conferma velocista di taglia mondiale tornando a imporsi al Giro dopo due stagioni difficili e rivestendo la maglia rosa. Si scopre lottatore estremo accettando di battersi da solo contro la strapotenza giovanile di Mark Cavendish e del treno della Columbia High Road. Si dimostra splendido gregario mettendosi al servizio di Danilo di Luca e lavorando con impegno degno di un campione. È veramente un grande e, nonostante i 35 anni compiuti, ha ancora molto da dire. Masciarelli Francesco, terzogenito di Palmiro, secondo miglior giovane del Giro (alle spalle del belga Seeldraeyers) avrebbe potuto lottare per la maglia bianca se ne avesse fatto il suo obiettivo fin dal primo giorno. Invece si scopre strada facendo, mostrando di essere uno scalatore di sicuro interesse. L’ importante per lui sarà ora gestire al meglio la sua esuberanza giovanile e cercare di focalizzare qualche obiettivo importante. Bruseghin, come tutta la Lampre NGC, ha deluso le attese, non riuscendo mai ad esprimersi sui livelli del 2008. Non è un talento puro, non ha picchi di rendimento, ma stavolta anche la sua regolarità lo tradisce e lo porta a staccarsi regolarmente dai migliori. Certo, il percorso troppo facile non era dei più adatti a lui, ma è evidente che gli si addicono più i gradi di gregario di lusso che quelli di uomo di classifica. E l’ essere messo in discussione dai vertici del team dopo il mezzo sciopero di Milano certamente non lo ha aiutato. Scarponi il filottranese è un corridore ritrovato. E gran parte del merito va ascritto a Gianni Savio, l’ uomo che gli ha ridato fiducia e motivazioni. Non potrà lottare mai per la vittoria in un Giro, ma sarà sicuramente uno dei corridori che avranno sempre un ruolo da protagonisti e potranno scrivere pagine importanti. Simoni ha probabilmente scritto il suo atto d’ addio alla corsa rosa e al grande ciclismo. Il suo crollo ci è parso soprattutto mentale, più che fisico, quasi avesse deciso che non era più il caso di andare avanti. Ha fatto tanto, è stato il miglior italiano negli ultimi dieci anni di Giro, un applauso per lui, comunque, ci sarà sempre.
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