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“Il caimano” di Nanni Moretti

Il ritorno di Moretti racconta la storia di un produttore sull’orlo di una crisi di nervi che decide di rischiare tutto e investire su un soggetto che prende di mira il nostro presidente del consiglio.

Il film più discusso del momento analizzato dal Mascalzone con una duplice recensione:



La scena surreale della cassa piena di banconote che cade in testa a Berlusconi pochi minuti dopo che il film è iniziato e il tormentone Da dove vengono i soldi? non saranno geniali e non rimarranno nell’immaginario collettivo come il Moretti col cannone in bocca e il D’Alema dì qualcosa di sinistra di “Aprile”, ma rendono bene la cifra stilistica de “Il caimano”. Dopo aver abbandonato la dimensione pubblica nel precedente “La stanza del figlio”, Nanni Moretti rimette insieme pubblico e privato nel nuovo film, dove il messaggio politico torna a farsi forte ma mai a discapito della travagliata vicenda privata dei protagonisti Silvio Orlando e Margherita Buy, coppia in crisi con due figli piccoli e un mare di problemi, rancori, gelosie sul punto di esplodere. Quando il protagonista del film nel film si chiama Berlusconi, però, è quasi normale che per l’opinione pubblica il resto passi in secondo piano. Oltre che marito in crisi, Orlando è infatti un produttore che si imbatte in uno script che narra l’ascesa al potere di un imprenditore milanese del tutto sovrapponibile al nostro premier, dalla costruzione di Milano 2 ai successi nel pallone, dal lancio delle tivù commerciali agli incarichi di governo. Un ritorno al cinema alla Francesco Rosi? E’ presto per dirlo. Quello che sappiamo, dopo aver visto “Il caimano”, è che anche in Italia è possibile girare un film sul presidente del consiglio, Moretti ha dato l’esempio, offrendoci il meglio del suo fare cinema, scegliendo un percorso metacinematografico in grado, allo stesso tempo, di illustrare gli anni cupi della nostra storia recente in cui l’anomalia italiana si è instaurata prima e autoalimentata poi e di mettere in rilievo le difficoltà che si incontrano quando si è spinti a fare film dalla passione civile, rivendicando la supremazia della verità sull’opportunismo. In una continua stratificazione pluritestuale, Moretti inserisce nel film anche i filmati della figuraccia del premier a Strasburgo con gli insulti al socialista tedesco Schulz e del racconto dei regali di natale alle mogli degli amici, filmati che sarebbero esilaranti non poco se non fossero reali. Ma attenzione, sarebbe facile, frettoloso e soprattutto sbagliato liquidare “Il caimano” come una pellicola di propaganda. Non solo perché credere che possa bastare un film per cambiare l’orientamento dell’elettorato vorrebbe dire credere alle fiabe. Moretti è stato fin troppo morbido. Non si è intestardito nei rapporti di Berlusconi con la massoneria e la mafia, non ha pigiato troppo il tasto della corruzione e delle tangenti versate ai giudici, queste cose – ci fa capire il regista – le sanno tutti. Più interessante allora l’analisi apocalittica dell’imminente realtà italiana che appare sotto forma di un futuro prossimo in cui Berlusconi e la sua becera filosofia di liberismo esasperato e del profitto perseguito a scapito di qualsivoglia valore si sono a tal punto infiltrati nella società che, nel momento in cui il leader viene condannato – la condanna inflitta dalla magistratura è per Moretti metafora della sconfitta elettorale – si scatena la rivolta di piazza. Il caimano, colpito, attacca tutti, gli avversari che finalmente hanno ottenuto quello che volevano e gli alleati che l’hanno abbandonato, e la gente è con lui. E’ l’inquietante finale con cui Moretti lascia lo spettatore spiazzato e infettato dall’onda lunga del dubbio. Comunque vadano le cose, il caimano ha vinto, perché ha cambiato per sempre le nostre teste. E il caimano esiste davvero, è questa l’inquietudine più grande. Pierluigi Lucadei


 

Così scriveva, tempo fa, Franco Cordero in un articolo comparso su La Repubblica: “il bello dello studiare B. è che le ipotesi analiticamente giuste risultano sempre confermate a opera sua: salta sulla preda, la inghiotte e digerisce, indi ripete l'operazione; fenomeni naturali, come le cacce del coccodrillo o la digestione del pitone… Persi i protettori salta in politica e non perché gliene sia venuto l'estro: impadronendosi dello Stato vuol salvare una terrificante ricchezza in crescita continua; siccome ha la cultura dei caimani, non gli passa nella testa che esistano poteri separati…”. E’ ipotizzabile che Nanni Moretti abbia preso spunto proprio da questa riflessione per ritornare al cinema con il suo nuovo film “Il Caimano”. Lavoro che è stato proceduto da polemiche e dissertazioni varie che, visti gli ottimi risultati al botteghino nel primo weekend di programmazione, non hanno potuto che far bene. Polemiche riconducibili per lo più alla decisione di far uscire il film in prossimità delle elezioni politiche, nonché di trattare un tema scottante e, soprattutto, le vicende di un personaggio che da trent’anni a questa parte sta caratterizzando la scena italiana: Silvio Berlusconi. “Il Caimano”, però, non è un film su Berlusconi, ma un film che parla anche di Berlusconi. Piccolo ma importante particolare questo. La dimensione politica infatti viene per gran parte sovrastata da quella privata: il caimano della ormai putrida palude italiana rimane sullo sfondo di un riquadro che pone in primo piano l’analisi lucida e realistica di una Italietta sospesa tra orrore e folklore che ha già toccato il fondo e che pure continua a scavare. Come in una sorta di autolesionismo senza fine. Degradazione morale e sociale, arrivismo e corruzione, disgregazione della famiglia come cellula fondante la società, figli a metà, indifferenza e volgarità. Un paese insomma alla deriva che non sa più che pesci pigliare e che per questo si offre al potente alligatore e predatore. In cerca di protezione e non sapendo, o fingendo di non sapere, quali sono le sue pericolose capacità predatorie. E quindi la vicenda che occupa gran parte del lavoro: la parabola discendente di un produttore cinematografico, Bruno Bonomo (Silvio Orlando), che da anni non riesce più a produrre i suoi film e alle prese con una moglie, Olga (Margherita Buy), che vuole lasciarlo e vecchi amici che già lo hanno fatto. E così in preda alla disperazione accetta di produrre un copione scritto da una giovane cineasta (Jasmine Trinca), dal titolo “Il Caimano”. Ma gli imprevisti si riveleranno essere parecchi e proprio quando egli sembra toccare il fondo (emblematica la scena delle ruspe che tirano giù il suo teatro di posa), Bonomo decide di vendere la metà della casa coniugale ed investire i soldi in un unico giorno di riprese. Tanto basta per mettere in scena l’ultimo atto: la fase finale del processo a B. interpretato ora non più da Elio de Capitani ma dallo stesso Moretti. E’ un finale un po’ a sorpresa ma alla fin fine prevedibile. Il caimano cambia pelle ma non perde la sua voracità, come a dire che perde il pelo ma non il vizio. E lascia dietro di sé vampe di fuoco destinate a colpire tutti ma certo non lui. E’ un film asciutto, in pieno stile morettiano, anche se viene come l’impressione che il regista abbia voluto buttarci dentro troppa roba creando sottili lacune in quello che è il fondamentale equilibrio tra le parti. Ma va bene così perché la fotografia che Moretti propone del nostro paese è nuda e cruda e per questo piace ancor di più: altro non è che un invito a cambiar rotta e a far sì che tale diploma in fallimento possa divenire una laurea per reagire. Simone Grasso

      
 

  

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