Baustelle @ Flog, Firenze 1 aprile 2006
I Baustelle chiudono a Firenze il loro tour invernale, baciato ovunque da prevedibile fortuna. All’Auditorium Flog c’è il pubblico delle grandi occasioni, numeroso e in fremente attesa. Pochi mesi fa anche Paolo Benvegnù aveva chiuso qui il suo tour – organizzando un evento unico tra performance, improvvisazione e maschere – che, per ironia della sorte o imperdonabile svista dei promoter, era coinciso proprio con il concerto fiorentino, in un locale fuori città, dei Baustelle, il cui album era ancora in fase di decollo. Ovvio che i più abbiano preferito allora non perdersi lo spettacolo dell’ex Scisma e ovvio anche che stasera siano tutti tornati per ascoltare dal vivo le canzoni de “La malavita”, che nel frattempo è stato da più parti segnalato tra i migliori dischi del 2005, giovandosi nel migliore dei modi della macchina promozionale messa in moto dalla Warner, major presso la quale Francesco Bianconi e soci si sono accasati dopo due album indie.
Appena i Baustelle salgono sul palco si capisce che quello di stasera non sarà un evento ma un normale concerto, forse addirittura sottotono. Diversi brani perdono appeal rispetto alla versione su disco, appaiono più spogli, a volte manca la seconda voce, altre la seconda chitarra, e Francesco intona I provinciali e Sergio senza beccare una nota. Fortunatamente le canzoni sono così belle che possiamo permetterci di non farne una questione di tecnica e il ritornello de I provinciali («morire la domenica/chiesa cattolica/estetica anestetica/provincia cronica»), uno dei più geniali esempi di poesia decadente applicata alla forma canzone degli ultimi tempi, fa scattare subito il coro. I Baustelle sembrano gettare acqua sul fuoco, come se avessero scelto di smorzare l’entusiasmo con un atteggiamento low profile che tocca il culmine quando Francesco dice «è la nostra ultima data e siamo molto stanchi». Poi arrivano A vita bassa, Love affair, Revolver, Il corvo Joe e Un romantico a Milano, e le cose sembrano andare un po’ meglio, specie nei pezzi interpretati da Rachele. Il corvo Joe sbanca l’applausometro, canzone intensa e commovente come poche altre. Non convince, invece, La guerra è finita, singolo ruffiano che gira attorno alla storia di un suicidio adolescenziale sentita e risentita. Meglio allora La canzone del riformatorio, altro brano capace di far sgorgare le lacrime, e una ragazza di fianco a me piange sul serio. Dopo un’ora e venti minuti, Francesco presenta Le vacanze dell’83, che chiude il concerto in un’atmosfera di festa, creata più dal calore del pubblico che dalla band sul palco. Restano tante belle canzoni, alcune bellissime, in grado di stritolare il cuore in una morsa di nostalgia assassina. E resta una miscela affascinante quanto unica dentro la quale vanno a braccetto Beatles e Smiths, Pulp e Gainsbourg. La resa live dei Baustelle, però, è tutta da dimostrare.
Leggi l’intervista ai Baustelle: http://www.ilmascalzone.it/articolo.php?id=3989
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