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Diana Tejera: è nata a Roma il 30 settembre 1978

Una voce per Ofelia: intervista alla cantautrice Diana Tejera

Lo scorso 15 giugno ha vinto il Concorso per cantautrici “Sette voci per Ofelia”, inserito all’interno della seconda edizione del Festival di Ofelia ad Agliana (PT). Diana Tejera è una musicista romana che da anni si muove nell’ambito della canzone d’autore, proponendo brani originali che strizzano l’occhio sia al rock sia al folk, come dimostrano le influenze musicali che lei stessa ci rivela nel corso dell’intervista.

Visto che hai vinto un concorso per cantautrici all’interno di un Festival dedicato al personaggio shakespeariano di Ofelia, puoi illustrare il tuo pensiero sulla condizione femminile oggi? L’emancipazione femminile, dal secolo di Shakespeare a oggi, ha portato la donna ad un ruolo nei vari ambiti sociali, compreso quello musicale, che ti soddisfa?
La condizione femminile oggi? Sicuramente sono stati fatti dei passi avanti, ma siamo ancora lontani dal raggiungere una vera parità tra i sessi. Si parla tanto di quote rosa, di donne che rivestono ruoli dirigenziali normalmente appannaggio degli uomini. Fintanto che le donne chiederanno di avere una rappresentanza anche minima “d’ufficio” vorrà dire che la mentalità non è cambiata. Nella musica una donna ha bisogno, per essere considerata, di lavorare il doppio per superare pregiudizi di fondo. Si tende ancora a pensare che una donna possa essere solo o un interprete o destinata a strumenti classicamente legati ad una “sensibilità” femminile. Nonostante questo sono felice di vedere sempre più ragazze con la chitarra, e di sentire una solidarietà femminile musicale sempre più presente. Ad esempio lavoro spesso con Barbara Eramo con la quale faccio molti concerti e allo stesso modo è successo con altre cantautrici romane, Awa Ly e Natalie, con le quali a volte ci riuniamo per fare un concerto tutto al femminile. 
Al Festival di Ofelia hai suonato una canzone, “Black out”, sulla Sindrome di Stoccolma. Come mai un tema del genere?
“Black out” è nata per gioco. L’ho scritta appunto con Barbara Eramo in un momento in cui stavamo “delirando” su argomenti un po’ spinti o “perversi”. Lei proponeva di scrivere un “thriller”, tipo un omicidio in un albergo… Io invece ho pensato a un rapimento… Che potesse essere erotico… E così abbiamo iniziato a scrivere con gusto e divertimento dando sfogo ai sogni più oscuri e proibiti. Credo che inconsciamente io sia stata ispirata anche dai vari racconti e studi di psicologia che mi hanno trasmesso i miei genitori, entrambi psicologi.
“Mondo sommerso”, invece, è un pezzo molto introspettivo. Cosa c’è dietro quelle parole così intimiste?
Questo brano in effetti è una ricerca interiore. L’ho scritto pensando a un’amica molto ricca interiormente, timida e timorosa del giudizio esterno. In qualche modo credo che in lei io abbia trovato la scusa per dare coraggio anche a me stessa e a tutte le persone che a volte vengono investite dalla paura e rinunciano per questo a lasciarsi andare, ad esprimersi liberamente superando i condizionamenti sociali e certe macchinose sovrastrutture. 
Questi pezzi sono contenuti in un album?
Si, fanno entrambi parte del mio album “Distanze” per il quale è prevista l’uscita a settembre.
Vivi di musica? Vivi suonando?
Diciamo di si, anche se a fatica. Più che altro cerco di estendere il lavoro musicale in più ambiti, realizzo arrangiamenti per altri artisti, scrivo e realizzo musiche per film o cortometraggi, collaboro come autrice per altri progetti, e poi concerti, concerti, concerti. Insomma ci sono periodi in cui non ci sono assolutamente problemi ed altri in cui arrivo a fine mese pelo pelo. Poi arrotondo con lezioni di spagnolo.
Qual è il posto più strano dove hai suonato?
Nel negozio di una parrucchiera qui a Roma. E’ stata una bella serata, ho suonato in duo con Barbara Eramo quasi in vetrina!
E la serata ‘live’ più bella?
Forse una fatta di recente al Blu Note di Roma. Ho suonato in acustico i brani di questo mio nuovo album con un violinista eccellente, Andrea di Cesare. E’ stata una serata particolarmente emozionante perché il locale era pieno di gente e per tutta la durata del concerto c’è stata un attenzione commovente, un silenzio toccante. Non so, si è creata davvero un atmosfera intensa e bella.
Leggo nella tua biografia che hai partecipato a Sanremo.
Si, nel 2002 con i Plastico. Avevo scritto un brano “Fruscio” che incredibilmente siamo riusciti a portare sul palco dell’Ariston. E’ stata un’esperienza interessante con i suoi pregi e difetti… Ma comunque un’esperienza che mi ha dato delle grandi emozioni.
Sempre più numerose sono le cantautrici, anche italiane, in cui sembra di sentire come principale influenza la musica di Ani DiFranco. Anche tu subisci il fascino dell’artista americana?
Beh, certo! Adoro Ani DiFranco da tempo. A 17 anni l’ho scoperta in America e da allora l’ho seguita sempre. Sicuramente lei è un grande esempio per le cantautrici che cercano di portare avanti un progetto originale di qualità. Di lei ammiro proprio la sua indipendenza, la grande forza con cui è riuscita a farsi sentire in tanti Paesi senza cedere a compromessi con le varie Major. Si è creata la sua etichetta ed è riuscita a fare sempre la musica che desiderava fare. E’ un artista vera, che porta avanti degli ideali e scrive per necessità, per il bisogno di dare voce alle ingiustizie alle quali spesso siamo abituati; credo fermamente nel potere della musica anche grazie a lei. E poi il suo modo unico di suonare la chitarra mi ha sempre colpito.
Quali sono i dischi che ti hanno cambiato la vita?
“Una giornata uggiosa” di Battisti, “Shooting rubberbands at the stars” di Edie Brickell, “Debut” di Bjork, “Talking about the revolution” di Tracy Chapman, “The bends” dei Radiohead, “Dilate” di Ani DiFranco.
La scena romana è ancora viva come qualche anno fa?
Si, è in continua evoluzione, ma sempre viva… Come dicevo prima poi c’è anche un bel fermento femminile… Ci ritroviamo a collaborare e suonare spesso tutti insieme.
Francesco De Gregari o Daniele Silvestri?
Daniele Silvestri.
Antonello Venditti o Niccolò Fabi?
Niccolò Fabi.
Tra i cantautori più giovani, ce n’è qualcuno che ammiri più degli altri?
Mi viene subito in mente un nome già conosciuto ma che meriterebbe molta più attenzione: Riccardo Sinigallia; la sua ricerca e le sue parole mi colpiscono sempre profondamente.
Fin dove può spingersi la musica?
La musica è un grande motore, che si nutre di emozioni, e queste credo che siano il centro di forza nella nostra vita. Quindi in questo senso penso che la musica sia capace di qualsiasi cosa… Di cambiare le persone, di farle innamorare, di farle reagire in momenti difficili, di farle avvicinare, di farle allontanare, di farle sperare…

 Pierluigi Lucadei

Interviste

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