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“Woke On A Whaleheart” (Drag City, 2007)

Bill Callahan “Woke On A Whaleheart”

Etichetta: Drag City
Brani: From The Rivers To The Ocean / Footprints / Diamond Dancer / Sycamore / The Wheel / Honeymoon Child / Day / Night / A Man Needs A Woman Or A Man To Be A Man
Produttori: Bill Callahan & Neil Michael Hagerty

Solo apparentemente gli anni Novanta non hanno offerto grandi cantautori.
Chi in quel periodo non si è limitato ad ascolti scontati o superficiali, sa per certo che nel decennio del grunge non sarà venuto fuori nessun Neil Young ma un fottuto Will Oldham sì, non avremo trovato il nuovo Van Morrison ma Elliott Smith c’è stato eccome. E si potrebbe continuare riempiendo almeno un altro paio di righe con i nomi di cantautori Nineties di valore indiscutibile.
Tra tutti il più grande è probabilmente stato proprio il signor Callahan, uno proveniente dal Maryland, non esattamente il posto più cool d’America, uno che si è fatto avanti a suon di litanie scarne e in bassa fedeltà, uno così riservato da celare per anni il suo nome dietro la sigla Smog.
Ma, si sa, certe empatie sono inspiegabili e nascono in modo perfettamente naturale: l’empatia che unisce Bill Callahan al sottoscritto è accorata e non si serve di mediazioni, quindi c’è la possibilità che questa recensione non sia del tutto obiettiva.

Soltanto ora, dopo dodici album sotto pseudonimo, arriva il debutto col nome di battesimo, grazie ad un album di stupefacente colore sin dalla copertina dal deciso aroma psichedelico.
Chi conosce la precedente opera di Callahan, sappia che in “Woke On A Whaleheart” faticherà a trovare traccia dell’amarezza e dell’estetica dell’angoscia che caratterizzavano pezzi di amore straziante come All Your Women Things e Little Girl Shoes. Il Bill Callahan del 2007 è un artista in grado di gestire meglio i suoi umori, un autore nel pieno della maturità che ci delizia con quaranta minuti di musica da camera, riuscendo a trovare arrangiamenti sempre originali e variegati.
 

Un dolcissimo piano introduce all’ascolto dell’iniziale From The Rivers To The Ocean, canzone semplicemente meravigliosa, che alterna passaggi di impressionismo filosofico («when/when you are blind/you touch things for their shape/have faith in worldless knowledge») ad altri di strepitosa poesia d’amore («we are swimming in the rivers/of the rains of our days/before we knew»). Un pezzo che ricorda le ballate dell’ultimo “The Greatest” di Cat Power, ma solenne come uno standard, austero e imponente come un Leonard Cohen virato al soul.
Songwriter solenne Callahan lo è sempre stato, ma ora riesce ad esserlo anche con addosso un abito pop: Sycamore sta lì a dimostrarlo, sorretta da un arpeggio di chitarra arioso e di sapore estivo. Si ammicca a scenari assolati, si abbozza un’espressione serena, non si fa più elemosina di sfumature ma si dispensano colori pieni. I colori più vivaci della tavolozza, oltretutto.
Diamond Dancer
ha una sezione ritmica leggermente sincopata e lo splendido violino di Elizabeth Warren a sorreggere un sipario in cui Callahan canta di una ballerina dalla pelle blu come il cielo che ruota dentro le luci della ribalta in perfetta solitudine, «and the one thing on her mind was/it’s time I gave the world my life».
The Wheel è l’America che canta se stessa, è Johnny Cash che incontra gli Uncle Tupelo e si ferma col loro a farsi un bicchiere nel bar di Bruce Springsteen; Night tre minuti di pura magia («we do not know/the door that holds you/silent as glue»), in cui la partecipazione emotiva è incondizionata e l’abbandono è dettato da una devozione ai limiti del religioso.
 

“Woke On A Whaleheart” è uno di quei piccoli capolavori con i quali la vita di tutti i giorni sembra più accettabile, più conciliante e ricca di un’opportunità, una sola, ma decisiva. Uno di quei dischi che all’apparenza scorrono blandi e disinteressati, ma che subliminalmente mandano scariche continue al cervello di chi ascolta, stimoli che superano la dimensione verbale ed entrano direttamente nell’inconscio, cercando e ottenendo la trasparenza nello spirito empatico. Giallo limone, azzurro cielo, nero notte. E grande cuore di balena, gravido di emozioni impagabili. Rapimento garantito.

 Pierluigi Lucadei

Recensioni

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