IL PERU' DI SERENA
L'organizzazione e lo svolgimento del corteo per difendere il memoriale delle vittime del conflitto armato interno/12
31/1/2007 Organizzando Come gruppo di capacitaciòn, parte della nostra “chamba” (“lavoro” in gergo peruviano, ci sono alcuni ragazzi a lavoro che mi sta insegnando a parlare come loro) è con i familiari delle vittime. In particolare li aiutiamo nelle loro attività, suggeriamo iniziative e diamo loro l’apporto logistico di cui hanno bisogno. Ovviamente ci siamo offerti di aiutarli nella preparazione del corteo per difendere il memoriale (vedi articolo percedente). Da subito si è formato un comitato organizzativo per dirigere i lavori, io ne facevo parte e così ho avuto modo di entrare nel vivo di alcune dinamiche che fino a prima ignoravo. Le assemblee La proposta del corteo è emersa già dalle prime riunioni. L’atmosfera che si respira in questi incontri mi ha colpito moltissimo. Tutti si presentano, si rivolgono agli altri con la parola “compañeros”(che mi suscita sempre un certo effetto) e poi esprimono la loro opinione. È interessante perché tutti vogliono parlare, vogliono cogliere l’opportunità per far sentire la propria voce: Sono dinamici, i familiari, e questo mi fa pensare molto. Penso alle riunioni a scuola, al disinteresse che io ed i miei coetanei abbiamo dimostrato in più occasioni e mentre qua ogni spazio, benché microscopico, viene sfruttato completamente. Coordinare le diverse opinioni non è facile, fortunatamente una ragazza del settore comunicazione dell’ONG “Paz y Esperanza” prende le redini dell’assemblea: distribuisce compiti e con una sensibilità unica, riesce a comunicare con i familiari più radicali e spiega loro quale sarebbe la migliore strategia, affinché l’evento riesca bene. La proposta finale in cui la maggior parte concorda è quella di organizzare una gran “marcha nacional” il giorno domenica 21 gennaio. L’idea è che il corteo, formato da diversi familiari e rappresentanti della società civile, si riunisca nella piazza San Josè, dove si svolgeranno diverse attività di sensibilizzazione. Si cercherà di coinvolgere le persone che escono dalla funzione domenicale che si tiene in una chiesa della piazza. Da lì si è stabilito un percorso, animato da canti e slogan, fino ad arrivare all’interno del parco che ospita il monumento, dove si celebrerà una liturgia ecumenica. Definito l’evento si passa a lavoro. Io sono incaricata di aiutare la signora D. ed il signor C.: insieme dobbiamo avvertire tutti i familiari, scrivere il testo per un volantino e diffondere la notizia del corteo tra il maggior numero di persone possibile. Al telefono i primi problemi, i nomi dei peruviani (ognuno qui ha come minimo due nomi e due cognomi) si rivelano dei veri scioglilingua e spesso la gente, dall’altra parte del filo, non mi capisce: molti mi scambiano per brasiliana, altri si fanno grasse risate ed io, senza perdermi d’animo, leggo i nomi della lista scandendo le parole lettera per lettera. La preparazione del volantino è più complicata del previsto, la signora C. vuole scrivere una serie di accuse politiche al governo aprista che ad altri sembrano eccessive, il signor R. si incaponisce su alcuni dettagli che a me sembrano inutili ed il lavoro non va avanti. Non credevo fosse così difficile, a volte mi rendo conto di non essere una brava mediatrice, sto imparando molto dai ragazzi del settore “comunicaciòn”. Loro non impongono mai il loro punto di vista, però alla fine riescono sempre a mitigare le posizioni più estremiste: spiegano quali potrebbero essere le reazioni della stampa a questa e a quella frase, le cattive interpretazioni di alcuni media faziosi e così riescono ad avere l’elaborazione del testo. Io nel frattempo ascolto ed osservo, sperando che nel prossimo evento possa essere di maggiore aiuto. Il corteo Dopo aver passato il sabato a volantinare (alcuni hanno appallattolato il volantino cercando di colpirmi) ed avere chiamato un “montòn de gente”, credevo che la manifestazione sarebbe stata affollatissima e coloratissima. La domenica mattina, arrivata nella piazza San José, sono rimasta delusa,. Alcuni, per convincermi che l’evento stava riuscendo, mi ripetevano che di solito a Lima la partecipazione a questo tipo di iniziative è più bassa. Io, abituata alle manifestazioni che si snodano nelle vie di Roma, non posso fare a meno di fare i confronti. Poi rifletto un po’ e mi rendo conto che a Lima ci sono problemi che impediscono la realizzazione di un corteo all’italiana. La storia peruviana, fatta di dittatori e repressioni, spiega in parte la bassa affluenza a manifestazioni di piazza: inoltre, si deve pensare che molti vivono in una situazione di povertà estrema che non gli permette di racimolare soldi sufficienti per arrivare a Lima. Per far venire alcuni familiari da Ayacucho, “Aprodeh” e “Paz y Esperanza” hanno dovuto pagare loro il biglietto e il cibo: si capisce, quindi, come alla fine l’affluenza sia così bassa. Tra i partecipanti c’erano diversi artisti locali che hanno animato la marcha con musica e canti: ma la mia sorpresa più grande è stata quella di vedere gli otto campesinos di cui parlavo in un articolo precedente. Dopo quasi un mese di carcere sono venuti a Lima a manifestare in difesa de “L’Ojo que llora”: tutti i discorsi sulla partecipazione si fermano per un attimo…(da provincia.ap.it) Serena D’Angelo
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