Homepage >> Recensioni
“Nella valle di Elah” (USA, 2007) |
“Nella valle di Elah” di Paul Haggis
Paul Haggis, acclamato sceneggiatore di “Million dollar baby” di Clint Eastwood con la strepitosa Hilary Swank e regista del film “Crash – contatto fisico” trionfatore alla notte degli Oscar 2006, torna finalmente sul grande schermo con questa seconda regia (in tempo per la consegna degli Oscar 2008) nuovamente di denuncia sociale, riguardo quella società americana tanto vituperata e presa di mira anche nel suo primo lungometraggio.
“Nella valle di Elah” racconta la storia scandalo già narrata dallo scrittore Mark Boal in un sensazionale articolo apparso sulle patinate pagine di Playboy: un soldato americano, Mark Deerfield, torna dall’Iraq ma scompare improvvisamente nel nulla; Hank e Joan, i genitori del giovane, dopo aver inutilmente atteso notizie che non arrivano, cominciamo ad indagare personalmente. Il padre, recandosi nella base militare dove il ragazzo doveva essere di stanza, scoprirà che nessuno sa qualcosa di questa assurda scomparsa, almeno fino a quando il ritrovamento di un cadavere carbonizzato e smembrato ai confini della zona militare costringerà finalmente le autorità ad investigare, anche se le indagini proseguiranno in maniera spezzettata e contraddittoria. I moventi del traffico di droga o i presunti indicibili segreti di Stato da nascondere per motivazioni superiori si scontreranno ben presto con la tremenda semplicità della conclusione tragica, quell’agghiacciante semplicità vissuta dai medesimi protagonisti della storia.
Paul Haggis è regista sapiente in grado di indagare gli scontri fra le pieghe dell’animo umano e gli aspetti negativi della società americana, in quel labile confine che è così bravo a tratteggiare sul grande schermo, grazie all’apporto di attori del calibro e dell’esperienza di Tommy Lee Jones (uno degli attori più poliedrici ma sottovalutati nel panorama dello starsystem hollywoodiano), Susan Sarandon (mai così in forma dai tempi di “Romance & cigarettes”) e Charlize Theron (vera diva da Oscar che ormai non sbaglia più la scelta di un film) e l’ausilio degli astri nascenti Jonathan Tucker e James Franco.
Le tematiche della guerra in Iraq sembrano inoltre aver sostituito nei film statunitensi attuali le paure apocalittiche e terroristiche post 11 settembre (seppur per diversi anni tale argomento sia rimasto ovviamente tabù) o tornando ancora più indietro nel tempo quelle del Vietnam e del post–nam con i registi e gli sceneggiatori che avvertono la necessità intrinseca di andare a scavare in problematiche che i media e l’amministrazione Bush analizzano in maniera parziale e spesso inappropriata: proprio in tale campo si colloca il cinema di Haggis, un modo auspicabile di fare cinema che faccia pensare, ragionare, rappresentando una nicchia stimolante in un panorama cinematografico che va sempre più omologandosi verso la genesi di blockbuster, scelte certamente sicure rispetto al timore del fallimento al box office spesso implacabile ma che alla lunga rischiano di provocare un disarmante impoverimento di argomenti stimolanti nel cinema a stelle e strisce.
|
Alessandro Orecchio
|
Recensioni |
Articolo letto 449 volte. |
il 07 Dec 2007 alle 08:22 |
|
|
|
|
|
|