Credo che ci dovremo abituare a considerare il nostro futuro energetico sempre più dipendente dalle centrali a biomasse.
Con questa frase non si vuole fare una condanna a priori, ma solo mettere in evidenza il fatto che tra le varie possibilità di produrre energia da fonti rinnovabili, la scelta è caduta su quella sicuramente più impattante per l’ambiente.
Spesso leggiamo sui nostri quotidiani, notizie riguardanti le grandi centrali, e parallelamente ad esse, ma in maniera quasi anonima, stanno nascendo a macchia d’olio piccole centrali a biomasse per la produzione di energia elettrica e termica.
Ne è un esempio la centrale a paglia da 1MW che si vuole costruire tra il Comune di Fermo e di Ponzano, o anche la centrale da 1 MW alimentata ad olio di palma (che in questo periodo è stata portata alla ribalta in campagna elettorale) che nascerà a Montegranaro.
Cerchiamo perciò di capirne di più.
In linea generale e molto semplificata possiamo dividere le centrali a biomasse principalmente in due tipi:
1. quelle che utilizzano dei motori alimentati ad olio vegetale e perciò biomassa liquida,
2. quelle che utilizzano turbine alimentate dal gas prodotto dalla lavorazione ad alte temperature di biomassa solida (legno, paglia o combustibile da rifiuti).
In entrambi i casi una prima problematica è l’approvvigionamento del materiale, in quanto queste centrali, per poter essere redditizie, necessitano di funzionare in maniera continuativa tutto l’anno.
Le centrali alimentate ad olio vegetale non sono altro che dei grossi motori diesel collegati ad un alternatore che produce corrente.
Quelle alimentate da biomasse solide invece hanno un procedimento particolare che in linea di massima si può sintetizzare in due fasi:
1. la prima fase prevede una specie di cottura ( non combustione ) della biomassa solida in un forno a temperature superiori agli 800°C.
Durante questa fase si creano un gas e dei residui solidi (catrame carbone o altro).
2. La seconda fase prevede la combustione del gas generato nelle turbine collegate agli alternatori che producono energia elettrica, e la successiva combustione dei residui solidi in appositi bruciatori. Il calore prodotto verrà convogliato all’esterno e fatto pervenire all’utilizzatore finale.
Comunque in tutti e due i casi il materiale che entra verrà prima o poi bruciato, o sotto forma solida, o liquida o gassosa.
Perciò una centrale che utilizza 33 tonnellate di paglia al giorno (come quella prospettata a Fermo) produrrà 1 MegaWatt di energia elettrica oltre all’energia termica e immetterà in aria 33 tonnellate al giorno di sostanze di vario tipo (anidride carbonica, anidride solforosa, ossidi di azoto, diossina, polveri sottili ed altro).
E questa è un'altra certezza, perché la materia in ingresso ovviamente non svanisce ma si trasforma in altre sostanze ( come recita il principio di Lavoisier ).
La composizione delle sostanze immesse nell’ambiente poi potrà variare di molto se nella centrale si utilizzeranno i C.D.R. e cioè i combustibili da rifiuti.
E’ ovvio che queste emissioni verranno limitate con dei filtri, ma non potranno essere mai azzerate, anche perché i filtri bloccano le polveri grossolane, ma difficilmente riescono a fermare quelle ultrasottili.
Un’altra costante di queste centrali è il reddito, forse non tutto sanno che una centrale da 1 MegaWatt lavorando tutto l’anno (circa 8000 ore annue considerando i fermi per manutenzione) può rendere anche 2.400.000 euro di contributi (cifra soggetta a variazione secondo nuovi decreti in fase di attuazione). Certo bisognerà detrarre le spese di manutenzione e di approvvigionamento del materiale, ma complessivamente si può considerare un buon investimento.
Altro aspetto da valutare è il lavoro che queste attività creano, in entrambi i casi la quantità di personale necessario, è davvero esigua come lo è anche l’eventuale indotto che si può creare.
Come detto in premessa non si vogliono condannare a priori queste centrali, ci sono sicuramente dei posti dove sicuramente una centrale a biomasse ha senso ( pensiamo ad esempio una piccola comunità isolata che necessita di energia e calore, probabilmente sarebbe conveniente e meno impattante per l’ambiente costruire una piccola centrale a biomasse piuttosto che portare energia con l’elettrodotto e il metano con un metanodotto).
Ma vicino alle nostre città dove già la qualità dell’aria è scadente, o nelle nostre campagne dove non ci sono distese immense disabitate, queste attività possono essere dannose per la popolazione e per l’ambiente, e diventare solamente una fonte di reddito e non di lavoro.
Purtroppo sembra che dovremo abituarci a questo futuro, le “piccole centrali cresceranno” ed insieme a loro i nostri figli.