Resoconto del 59mo Festival del cinema di Cannes: tra vincitori non annunciati e sciovinismo
Si è conclusa con gli immancabili colpi di scena la 59ma edizione del Festival del cinema di Cannes, in una serata presentata con classe dall’attore francese Vincent Cassell, marito della nostra Monica Bellucci presente nelle vesti di giurata: pur godendo dei favori del pronostico che lo davano come assoluto trionfatore, “Volver” di Pedro Almodovar (come spesso accade in queste manifestazioni) non è riuscito a portarsi a casa l’ambito riconoscimento pur aggiudicandosi il premio per la migliore sceneggiatura e quello assolutamente meritato per la migliore interpretazione femminile, attribuito all’intero cast. Anche il premio per la migliore interpretazione maschile ha avuto un simile e surreale epilogo: ad essere premiato è stato l’intero cast di “Indigènes” di Rachid Bouchareb. Il vero trionfatore della manifestazione è stato però Ken Loach, vincitore inaspettato della Palma d’Oro del miglior film col suo “The wind that shakes the Barley”, film ambientato nel 1919 che narra le vicende di due fratelli che si uniscono ad un gruppo di combattenti in lotta per l’indipendenza dell’Irlanda dall’occupazione della Gran Bretagna, che durante le proiezioni era stato accolto con relativa freddezza. Il Gran Prix è invece andato a “Flandres” di Bruno Dumont mentre l’ambito Premio della Giuria se lo è aggiudicato “Red road” di Andrea Arnold. L’altro vincitore annunciato, un altro spagnolo, Alejandro Gonzalez Inarritu, ha ottenuto il premio come miglior regista per “Babel”, opera corale e matura in cui il talentuoso regista ha saputo dirigere alla perfezione un cast di primissimo livello: un intenso Brad Pitt, un’algida ed eterea Cate Blanchett ed un definitivamente consacrato al grande cinema Gael Garcia Bernal. Fra gli sconfitti vanno sicuramente annoverati (a malincuore) i film ed i registi italiani, nuovamente snobbati dalla critica francese e con proiezioni spesso accompagnate da sonori fischi: “Il Caimano” vincitore assoluto ai David di Donatello è stato al centro di aspre polemiche da parte dei giornalisti della stampa francese che lo hanno giudicato un film assolutamente piatto ed incompleto. Un simile trattamento è stato riservato a “L’ amico di famiglia” di Paolo Sorrentino, regista peraltro molto amato a Cannes per “La meglio gioventù”: la sensazione è comunque che la stampa francese, vittima di un perenne sciovinismo, mal digerisca i grandi nomi italiani, soprattutto quando arrivano a Cannes preceduti da prestigiosi riconoscimenti (il caso de “Il caimano”) o da sentite aspettative (“L’amico di famiglia”). Non appare certo un caso che gli altri due film italiani presentati a Cannes “Il regista di matrimoni” di Marco Bellocchio (categoria “Un certain regard”) e l’opera prima da regista di Kim Rossi Stuart “Anche libero va bene” (categoria “Quinzaine des realisatuers”), che non concorrevano alla vittoria della Palma d’oro, siano stati accolti con più benevolenza ed addirittura insigniti di riconoscimenti in alcune premiazioni collaterali.
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