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No Dal Molin!

United States of Love

di Federico Scarpa

TRIESTE, 2007-02-18 - Ieri Feltri titolava su Libero: “centomila matti in piazza”, a mio avviso centomila persone pensanti letteralmente stufe del modo con cui la politica, attraverso scelte incoerenti, prevarica gli interessi del cittadino e turba in maniera sempre più invasiva il suo quieto vivere.
L’intento dell’editoriale da lui pubblicato il giorno della protesta di Vicenza è ben chiaro: far credere che sarebbe stata una manifestazione di sinistra. Quando dice: “metà sinistra protesta contro se stessa”, confida nella superficialità e nell’ignoranza dei suoi lettori.
Feltri tace il fatto che sempre più persone sono nauseate da questa generazione di politici (destra o sinistra fa lo stesso, l’incompetenza e la malafede purtroppo sono trasversali).
Il nostro giornalista non vuole si sappia che il movimento presente a Vicenza se ne frega totalmente delle etichette politiche che strumentalmente gli vengono appioppate. Non solo: Feltri non vuole si sappia che la democrazia che tanto difende sta scricchiolando e che le bugie dei politici e dei suoi colleghi giornalisti stanno diventando troppo grosse.
Per Berlusconi sono un coglione perché ho provato a vedere se questa sinistra era in grado di cambiare le cose, per Feltri sono un delirante quando vado ad una conferenza in cui si sostiene che l’11 settembre potrebbe essere accaduto un qualcosa di molto preoccupante: non solo un clamoroso attentato terroristico pseudo-islamico. Da ieri devo sentirmi anche matto perché sono andato a Vicenza a manifestare.
In sostanza, per costoro sarei un coglione matto e delirante.
Se solo avessi la certezza di essere l’unico a ragionare in questo modo, giuro che mi farei internare; ma dal momento che col passare del tempo ho la percezione di essere sempre più in buona compagnia, comincio a pensare che quello più suonato tra i due sia lui.
A Vicenza, come è giusto che sia, ho visto un’infinità di affascinanti differenze, ho visto sigle, simboli e striscioni di ogni tipo. Ricordo i più belli tipo: “più orti, meno morti” o “l’uomo finisce dove comincia il soldato”. Molti banali, qualcuno provocatorio, ma la cosa più importante è che ho visto 100, 1.000, 100.000 persone, 100.000 universi accomunati da un unico sogno di pace. Altro che follia.
Follia è pensare che le cose non si possano cambiare, follia è cedere pezzi di terra a forze straniere in tempi di pace, farsi mettere i piedi in testa da chi è più potente e dire che è una cosa giusta. Folle è questo tipo di globalizzazione, folle è il cercare di screditare il movimento pacifista.
Una nazione responsabile deve ascoltare il cittadino prima di prendere certe decisioni. Una democrazia diventa tale solo se guidata da persone oneste ed integre.
La nostra, purtroppo, è una pseudo-democrazia e la cosa più grave è che i giornalisti stanno al gioco senza ribellarsi.
Hanno un vocabolario molto forbito, ricco di parole utili solo alla tensione sociale ed alla paura collettiva, parole che vogliono screditare idee nuove, genuine, intelligenti ed umane.
Non si può più sognare la pace perché la pace per loro si ottiene con la guerra; l’amore, l’armonia e la solidarietà, invece, sono quasi del tutto bandite dalle principali testate nazionali.
Accade così, che le persone che credono di essere informate perché leggono giornali prestigiosi tipo “Il Corriere”, “Repubblica” o “Il Giornale”, in realtà rischiano solo di avere il cervello inondato di idee e preconcetti cupi e torbidi, dove le parole terrore e terrorismo regnano sovrane e l’unico spiraglio di luce arriva dal benessere materiale occidentale o la crescita economica.
Solo per fare un esempio, ho raccolto una serie di frasi e vocaboli usati da Pierluigi Battista in un suo editoriale sul Corriere della Sera datato venerdì 16 febbraio; ecco a voi quello che io mi permetto di chiamare terrorismo psicologico:
“Domani Vicenza potrebbe uscire indenne dalla manifestazione contro l’allargamento della base Usa”, “previsioni pessimistiche”, “numerosi e convergenti indizi”, “annunci di guerra”, “esito non traumatico”, “evento che suscita tante apprensioni”, “spiraglio di speranza”, “un sabato italiano molto, ma molto difficile”, “potremmo tirare tutti un respiro di sollievo se i ripetuti allarmi di Giuliano Amato non verranno liquidati alla stregua di una inutile provocazione, bensì attentamente vagliati come la traccia di un concretissimo pericolo da sventare”, “violenti a caccia di incidenti”, “se le forze dell’ordine verranno percepite come amiche”, “stregoni della guerriglia urbana”, “proclami tonituranti dei portavoce del fanatismo più settario”, “chiacchiericcio estremista che assorda la piazza mediatica”, “risorgenza terroristica”, “zona vulnerabile e di frontiera della sinistra, che sconvolge codici e criteri di giudizio in un’area ideologica refrattaria agli imperativi dell’etica non violenta”, “tentazioni violente di una frangia del movimento”, “battaglia culturale autoindulgente con i segmenti <<movimentisti>> più esposti al richiamo della violenza”, “antagonismo”, “lugubri profezie di sventura”.
Io mi chiedo, una persona comune ed intellettualmente onesta, magari con famiglia, che pensa: “secondo me non è giusto che nel 2007 il governo italiano faccia delle simili concessioni ad un governo straniero, anche se amico, senza nemmeno interpellare i diretti interessati (cioè i cittadini) abusando del proprio potere e dimostrando di essere incoerente con gli impegni presi con gli elettori”, una persona che pensa “io quasi quasi a Vicenza ci vado perché se fanno una cosa del genere c’è poco da fidarsi…”, che idea può farsi della manifestazione e del movimento pacifista leggendo le parole di Battista?
Questo è giornalismo o terrorismo mediatico?
Io sono andato a Vicenza poco sereno solo perché mi sono “informato” leggendo il Corriere della Sera. Ad un certo punto ho anche pensato di non andarci, ma alla fine ci sono andato lo stesso ed ho scherzato con i miei amici dicendo che andavo a “prendere sassi in testa”.
Ho ritenuto giusto, quasi necessario esserci per manifestare il mio dissenso, il mio disagio nei confronti di questi politici e di questo sistema. Volevo vedere, respirare l’aria che tirava, testimoniare se ci sarebbero stati problemi o tensioni, se è veramente pericoloso protestare e lottare per l’affermazione dei diritti universali in questo paese e nel mondo.
Hanno probabilmente ragione coloro che dicono che la manifestazione “No Dal Molin” alla fine risulterà inutile, ma era necessaria ed è necessario resistere e stigmatizzare le incoerenze di coloro che ci governano. Ciò che sta accadendo a Vicenza è solo una piccola dimostrazione del livello di “prevaricazione totale dei diritti” a cui è arrivata la politica tutta.
Cercano di addurre giustificazioni di tipo economico? La giustizia, la trasparenza e la correttezza non dovrebbero avere prezzo.
Siamo un branco di ingrati anti-americani?
Come sostengono anche molti cittadini statunitensi, non è una questione di anti-americanismo ideologico, è una questione che ha radici ben più profonde, è un malessere generale che nasce dal ripudio sincero per ogni forma di violenza ed ingiustizia.
I pacifisti non sono né matti né ingenui e lo dimostreranno, voglio crederci, dobbiamo crederci.
A coloro che non sono andati a Vicenza perché avevano paura di incidenti o cose del genere, mi sento di dir loro di non cascarci più, di superare le paure e le inquietudini; le cose raramente sono come dicono i “media ufficiali”.
Solo liberandoci dalla paura saremo in grado di costruire la pace e realizzare il Sogno.
La pace non ha confini né barriere ideologiche, non è di destra né di sinistra, è un diritto-dovere di ogni cittadino del pianeta, Feltri compreso.


  

Editoriali

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